RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 


Eden - Eden

Regia:Amos Gitai
Vietato:No
Video:Eagle
DVD:Eagle
Genere:Drammatico
Tipologia:La guerra, La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo "Homey Girl" di Arthur Miller
Sceneggiatura:Amos Gitai, Maria José Sanselme, Nick Villiers
Fotografia:Renato Berta
Musiche:
Montaggio:Kobi Netanel, Monica Coleman
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Samantha Morton, Arthur Miller, Thomas Jane, Luke Holland, Danny Huston, Daphna Kastner
Produzione:Les Films Balenciaga - TF1 International - Civia Films - RFK - Agav Afakot - R&C Prod
Distribuzione:Istituto Luce
Origine:Francia - Italia - Israele
Anno:2001
Durata:

90'

Trama:

Dal romanzo "Homely Girl" di Arthur Miller. Palestina 1940-1946. Samantha e Dov, marito e moglie entrambi di origine americana e convinti sionisti si trasferiscono in Palestina. Dov è un architetto comunista che per il lavoro e la causa trascura la moglie, quando scoppia la guerra Dov entra a far parte della Brigata Ebraica e parte a combattere in Europa. Nel frattempo Samantha, rimasta sola, intreccia una relazione con Kalkofsky, un libraio ebreo tedesco che da tempo non ha più notizie della sua famiglia in Europa e che vive con Silvia, una donna che partecipa agli attentati antibritannici.

Critica 1:Amos Gitai tra il romanzo e la storia. L’ultima opera del regista israeliano Eden, tratto dal libro “Homey Girl” di Artur Miller è un film sospeso fra ideologia politica e il corso della storia. Gitai riflette nella pellicola la sua visione di come un gruppo di persone si possa trovare intrappolato in un paese, la Palestina, in una situazioni di conflitto all’interno di sistemi ideologici che li opprimono. I personaggi, ideologicamente dichiarati, rimango però spettatori degli eventi. (…) “Il romanzo di Miller si svolge a New York negli ambienti comunisti a cavallo tra gli anni ’30 e ’40 e mi sembrava un terreno già battuto quindi ho preferito rapire il romanzo per ambientarlo in un contesto diverso ma sempre vicino allo spirito del libro” spiega il regista. Il nodo della storia è comunque un pretesto per raccontare come gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e le guerre in Palestina hanno condizionato la vita delle persone. “Ogni giorno in Medio Oriente i popoli guardano scorrere la propria storia sugli schermi televisivi, una storia nella quale a loro spetta solo il ruolo di comparse. Ma cerco anche di capire il perché alcuni individui si lasciano intrappolare dalla storia con la S maiuscola.”, conclude il regista. Un film sulla guerra, sulle ideologie nazionaliste, sul corso della storia e sui personaggi intrappolati in questi meccanismi. All’orizzonte un Eden un po’ sfocato che rimane un’utopia difficile da raggiungere.
Autore critica:Leonardo Godano
Fonte criticaFilm.it
Data critica:



Critica 2:E' lunga e difficile la strada per il Paradiso. Amos Gitai, che dopo essersi fatto conoscere nei piccoli festival specialistici soprattutto con i suoi documentari era giunto alla notorietà critica con gli ultimi film, la trilogia israeliana Devarim, Yom Yom, Kadosh e il bellissimo Kippur, sembrava pronto per la consacrazione di un premio in un grande festival internazionale. E il suo Eden aveva certamente i titoli giusti: un soggetto molto vicino alle sue tematiche consuete ma tratto, prestigiosamente, da un racconto di Arthur Miller, che gli aveva anche regalato una sua partecipazione come attore; riferimenti all'attualità politica che non possono lasciare indifferenti; una produzione internazionale (con anche una quota italiana: Tilde Corsi e Gianni Romoli) che gli garantiva una buona base produttiva senza obbligarlo ai compromessi hollywoodiani. E il film parte infatti benissimo, con i suoi favoriti piani sequenza che prima accompagnano la costruzione di un muro bianchissimo nel bianco deserto della Palestina, ad opera di una comunità di immigrati che stanno edificando un kibbutz (siamo negli anni trenta, quando il territorio è ancora sotto il protettorato britannico ma viene raggiunto dai gruppi sionisti di ogni parte del mondo) e poi, in un paesaggio ricoperto di bianca neve, un lungo dialogo fra un padre e un figlio che ha deciso di lasciare gli Usa per andare nella Terra Promessa a fare business. Come ha già fatto ma per motivi più idealistici sua sorella, che ha sposato un giovane architetto socialista, sionista e razionalista, impegnato nella fabbricazione dell'Eden secondo gli insegnamenti di Gropius e del Bauhaus. E non si possono non ascoltare con piacere citazioni di scrittori e intellettuali ebrei dell'epoca che proclamano la coesistenza con la popolazione araba e il principio secondo cui fondare una nuova nazione non deve significare distruggerne un'altra. Ma ben presto i riferimenti culturali e soprattutto i personaggi esemplari (l'intellettuale, l'utopista, la giovane terrorista) prendono il sopravvento sulle immagini e il film si inaridisce in un didascalicismo che gli interpreti, tutti attori americani di medio livello, non riescono a rendere accettabile (il più bravo di tutti, nella parte del vecchio padre, è il non attore, Arthur Miller). E lo sviluppo della storia, fino alla guerra mondiale, alla costituzione della Brigata ebraica che si trasferisce in Europa a combattere con gli alleati, alle vicende private e anche di letto dei protagonisti (un bellissimo letto modernista in legno di pino, ma usato maluccio) non aiuta molto Gitai a uscire da un tipo di narrativa e drammaturgia in cui egli non è particolarmente versato. Così, dopo aver fatto scoprire che l'Utopia non è fatta solo di cemento e mattoni, e che per molti il suo fallimento è stato una tragica realtà che non hanno avuto la forza di affrontare, egli ricorre per il finale ad una sua bella ma vecchia invenzione, già utilizzata in Berlin Jerusalem: un piano sequenza che prende la protagonista nella Tel Aviv astratta degli anni quaranta e senza soluzione di continuità la accompagna nell'Israele di oggi, fra il traffico, il degrado e la confusione, a dirci che vale comunque la pena di continuare a vivere e a cercare di costruire qualcosa.
Autore critica:Alberto Farassino
Fonte critica:Kwcinema
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Homey Girl
Autore libro:Miller Arthur

A cura di: Redazione Internet
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 10/26/2005
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale