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Lezioni di volo -

Regia:Francesca Archibugi
Vietato:No
Video:
DVD:01
Genere:Drammatico
Tipologia:Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Doriana Leondeff, Francesca Archibugi
Sceneggiatura:Doriana Leondeff, Francesca Archibugi
Fotografia:Pasquale Mari
Musiche:Battista Lena
Montaggio:Jacopo Quadri
Scenografia:Davide Bassan
Costumi:Alessandro Lai, Sonu Mishra
Effetti:Paolo Zeccara
Interpreti:Giovanna Mezzogiorno (Dott.ssa Chiara), Andrea Miglio Risi (Apollonio, detto Pollo), Angel Tom Karumathy (Marco, detto Curry), Anna Galiena (Lilly), Flavio Bucci (Leone), Roberto Citran (Stefano), Angela Finocchiaro (Annalisa), Mariano Rigillo (Rabbino Roma), Emanuela Spartà (Monica), Riccardo Zinna (grassoccio), Maria Paiato (grassoccia), Sabina Vannucchi (giovane mamma)
Produzione:Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz per Cattleya – Rai Cinema – Aquarius Film – Babe – Khussro Film – Cinemello
Distribuzione:01 Distribution
Origine:Francia – Gran Bretagna – India – Italia
Anno:2006
Durata:

106’

Trama:

Pollo e Curry, due diciottenni romani, dopo essere stati bocciati all'esame di maturità, decidono di partire per l'India alla ricerca di se stessi. Quella terra magica e l'incontro con Chiara, una dottoressa di 'Medici senza frontiere', segneranno per loro il momento dell'iniziazione nell'età adulta. Nel vivere anche le prime emozioni d'amore, impareranno come "spiccare il volo"...

Critica 1:Nei film di Francesca Archibugi c'è sempre qualcuno che arriva e qualcuno che parte, qualcuno che cresce e qualcuno che muore, veramente o simbolicamente. Da Mignon è partita a Domani, dal Grande cocomero a L'albero delle pere, il tema è sempre quello: la famiglia, l'eterna, scassata, indistruttibile famiglia italiana con i suoi ragazzi troppo chiusi o troppo sensibili, i genitori che non vogliono) (non sanno) invecchiare e i tentativi di capirsi che ottengono l'effetto contrario.
Se Lezioni di volo, con tutti i suoi vezzi, è insieme così toccante e così imperfetto, forse è proprio per questo. Perché muovendosi fra Italia e India, Scozia e Kerala, gira e rigira intorno a un nucleo preciso. Nascere, crescere. Partire, restare. Amare, rinunciare (e chissà che rinunciare non serva ad amare). Sono le scelte che affrontano tutti i personaggi, senza eccezione. Anche perché Lezioni di volo, in fondo, è fatto solo di coppie.
La prima naturalmente è la coppia "Pollo" e "Curry", i due amiconi bocciati alla maturità, che partono per l'India senza sapere neanche perché. Vogliono vedere il mondo (Curry, figlio adottivo, vuole anche scoprire il "suo" paese), di cui peraltro non sanno un accidenti; vogliono dimenticare Roma almeno per un po'; vogliono star lontani dai loro genitori soffocanti (la psicologa Angela Finocchiaro e l'infedele Roberto Citran per Curry) o incapaci (Flavio Bucci, arido e facoltoso antiquario ebreo che non capisce, dunque strapazza quel figlio a cui non piace nulla, "neanche Totti"; e Anna Galiena, finta bionda cui il marito riserva analogo disprezzo).
Così, mentre Pollo e Curry si perdono in un'India brulicante e incomprensibile, si ritrovano, finiscono a dare una mano a Giovanna Mezzogiorno, volontaria italiana in uno sperduto centro medico ai confini col Pakistan, seguiamo anche i loro genitori a Roma, confusi e destinati a cambiare non meno di loro, alla fine del viaggio. Anche se la crescita più spettacolare tocca al viziatissimo Pollo (Andrea Miglio Risi, perfetto come il suo partner, l'indo-romano Tom Karumathy), che in poche settimane scoprirà il sapore e il prezzo dell'amore accanto a quella dottoressa troppo più grande di lui (oltre che sposata...).
Ma la sua crescita non sarebbe così interessante se accanto alle traversie amorose non ci fossero le prove affrontate ogni giorno dai medici, la miseria, le malattie, i pericoli, la distanza abissale fra le culture (sintetizzata in un drammatico parto dal vero); mentre Curry ritroverà le sue radici in una scena non imprevedibile ma imprevedibilmente commovente.
Il tutto, certo, ingentilito da dialoghi brillanti e a tratti leziosi, dal romanesco smagato dei ragazzi, dalla sapienza degli attori, dal contrasto irresistibile fra l'esotismo dell'India e l'ignoranza, l'innocenza, la spontaneità di quei due ragazzini romani. Ma con una leggerezza che non è mai superficialità. E la capacità, rara, di orchestrare una trama insieme lieve e complessa.
Autore critica:Fabio Ferzetti
Fonte critica Il Messaggero
Data critica:

16/3/2007

Critica 2:Francesca Archibugi in India. Con due adolescenti romani che vi sono approdati come se avessero tentato di spiccare un volo. Da tutto, dalla scuola, che li ha visti bocciare entrambi all'esame di maturità, dalle famiglie in cui, pur amati e compresi, sembrano sentirsi a disagio. Sono molto amici fra loro anche perché li unisce l'ozio e la mancanza totale interessi. Uno, Apollonio detto Pollo, è figlio di un anziano antiquario ebreo, l'altro, Marco detto Curry forse per scherzare con il soprannome del primo, è di origini indiane ed è stato adottato da una coppia di bravi borghesi. Sono queste sue origini ad avere indirizzato in India i due amici ma qui, appena arrivati, atoni e distratti come sono, si fanno subito derubare di tutto quello che hanno e se la cavano (un po') solo perché si prende cura di loro Chiara una ginecologa italiana sui trent'anni associata ai Medici senza frontiere. Accade però che Pollo se ne innamori inducendola a cedergli anche se sposata con un medico scozzese e se è incinta. Solo una fiammata, comunque, che non appena Marco, andato a cercare la sua vera madre e trovata invece una sorella, non impedirà entrambi di tornarsene a casa avendo almeno imparato qualcosa con quel loro volo tanto lontano. Francesca Arghibugi, però, che si è scritta il testo con Doriana Leondeff, si è tenuta abilmente lontana sia dalle dimostrazioni retoriche sia da una didattica facile. Ha studiato, con l'esperienza che ha in argomento, i caratteri dei suoi due adolescenti, li ha affiancati a quello, egualmente approfondito, della ginecologa, dosandone con finezza quell'amore fugace anche se intenso e, senza tentare parallelismi scoperti, ha felicemente svolto contemporaneamente a questo studio, quello delle due coppie di genitori rimasti a Roma, ciascuno con il suo segno e il suo colore. Mentre, nella rappresentazione dell'India attorno alla vicenda, è riuscita sempre ad evitare non solo il folclore, ma anche il semplice color locale, sostituendoli con sapori di cronaca coloriti quel tanto che bastava per farli sentire quasi solo visti dai due giovani e sprovveduti viaggiatori. Con immagini asciutte, perciò, animate sempre da un realismo solo descrittivo e in genere tranquillo, anche nei passaggi più bruschi (un parto, ad esempio, senza veli, in primo piano). Tra i meriti, anche l'interpretazione. Non solo in Giovanna Mezzogiorno, nel personaggio turbato però sempre molto deciso di Chiara, ma anche nei due esordienti diciottenni: Andrea Risi, il figlio del regista Marco, nelle increspature intense di Pollo, Tom Angel Karumathy, l'indiano adottato. Spiccano, fra i genitori, Angela Finocchiaro, la mamma di Marco, e Flavio Bucci il padre di Pollo. Con l'autorità abituale.
Autore critica:Gian Luigi Rondi
Fonte critica:Il Tempo
Data critica:

16/3/2007

Critica 3:(…) Archibugi ha raccontato altre volte l'insipienza dei genitori, la pazienza dei nonni, in Verso sera e L'albero delle pere. Questa volta prende le distanze da Roma centro. Prende anche lei, si direbbe, lezioni di volo per guardare da lontano il punto dove si scivola dall'adolescenza verso la maturità, qualche volta facendosi male. È un viaggio onirico dove si incontrano generazioni ma anche popolazioni diverse, quanto può esserlo un film italiano in cui non si può non soccombere alla tentazione di fare un po' di commedia (sempre ben accetta dal pubblico), tanto forte è la presenza sulla scena della nuova ondata di adolescenti in preda a una apatia sonnolenta, come a rifiutarsi di vedere e sentire il mondo orrendo che ci circonda. Qui sono due ragazzi romani della ricca borghesia, Pollo e Curry (interpretati da Andrea Miglio Risi e Angel Tom Karumathy), il figlio di un antiquario e l'amico del cuore, adottato da piccolo, di origine indiana. Ci si immerge abbastanza presto nell'atmosfera del sogno e dell'immaginazione quando, bocciati alla maturità e mandati in India «a riscoprire le origini», salgono su due elefanti fiabeschi per una passeggiata e si fanno rubare dal tassista (difficile a credere che due ragazzi romani per quanto apatici si lascino fregare così) tutto il bagaglio, i documenti e i soldi. Restano senza nulla in un'India pullulante di povertà e devono cavarsela da soli. La differenza di origine («qui tutti mi scambiano per indiano, nun poi capì» racconta per telefono alla madre psicologa, una strepitosa Angela Finocchiaro) si fa sentire un po' alla volta e quando Curry penetra fino in fondo nel suo paese d'origine, apre gli occhi e cerca di imparare la lingua e di rintracciare in uno sperduto paesino del Kerala la sua madre naturale. In quanto al biondo Pollo, sembra che neanche l'impatto con l'India e la perdita delle carte di credito possano scalfirlo, perso nell'apatia e nella dissenteria finchè non trova quello che cerca, lontano dai libri, in un ospedale di volontari senza frontiere: la bella dottoressa italiana (Giovanna Mezzogiorno) per giocare ancora un po' a medico e paziente ma anche vivere la sua prima educazione sentimentale. Fanno parte della catena della vita la forte tradizione ebraica della famiglia di Pollo, le radici riscoperte nell'orfanotrofio del Kerala da Curry, gli eventi di nascite e morti che scandiscono la vicenda. Del romanesco rimane una parte abbastanza scremata e divertente, mentre emergono come punte insidiose alcune frasi apodittiche o citazioni (come potrebbe ad esempio chiamarsi il ragazzo con cui fare amicizia se non «Apu»? E che si continua a chiamare come a far risuonare a distesa la citazione da Satyajit Raj?), un certo tono moralistico (i ragazzi borghesi troppo viziati, i genitori borghesi troppo disperati, l'occidente travolto dal senso di morte) con qualche utile indicazione (il comandamento non uccidere è sempre valido, il viaggio è spesso educativo). Del resto anche Satyajit Raj non era tenero con l'inerzia dei bramini impoveriti. La parte più affascinante del film è quel liquido amniotico che sembra avvolgere tutto avvicinando generazioni diverse, luoghi lontani, destini opposti in un unico abbraccio.
Autore critica:Silvana Silvestri
Fonte critica:Il Manifesto
Data critica:

23/3/2007

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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