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Consiglio d'Egitto (Il) -

Regia:Emidio Greco
Vietato:No
Video:Multivision
DVD:
Genere:Storico
Tipologia:Letteratura italiana - 900
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia
Sceneggiatura:Emidio Greco, Lorenzo Greco
Fotografia:Marco Sperduti
Musiche:Luis Enriquez Bacalov
Montaggio:Bruno Sarandrea
Scenografia:Andrea Crisanti
Costumi:Agnes Gyarmathy
Effetti:
Interpreti:Silvio Orlando (Abate Vella), Tommaso Ragno (Avvocato Di Blasi), Renato Carpentieri (Monsignor Airoldi), Marine Delterme (Contessa di Regalpietra), Yann Collette (Grassellini), Antonio Catania (Don Saverio Zarbo), Leopoldo Trieste (Padre Salvatore), Enzo Vetrano (Abate Meli), Ubaldo Lo Presti (Principe di Travia), Guido Cerniglia (Marchese Geraci), Carlo Vitale (Monaco Camilleri), Ornella Giusto (Principessa Vassallo)
Produzione:Mariella Li Sacchi e Amedeo Letizia per Factory (Italia) - Focus Filmproduction and Distribution (Ungheria) - Sdp (Francia)
Distribuzione:Sharada
Origine:Francia - Italia - Ungheria
Anno:2001
Durata:

135’

Trama:

Nel dicembre del 1872 una violenta tempesta fa naufragare, sulle coste siciliane, la nave dell'ambasciatore del Marocco Abdallah Mohamed ben Olman. L'arrivo a Palermo dell'illustre ospite provoca trambusto. Dal momento che nessuno sa parlare bene l'arabo la priorità diventa quella di trovare un interprete. Per il ruolo si propone frate Giuseppe Vella, un maltese di umili origini che per arrotondare le entrate interpreta i sogni nei quartieri popolari. Nessuno sa, in realtà, che frà Giuseppe non conosce affatto l'arabo e che quello che parla è un misto di siciliano e maltese. Partito l'ambasciatore il frate decide di mettere a frutto la sua nuova fama di interprete facendo credere che un manoscritto arabo sulla vita di Maometto, conservato a Palermo, sia un fondamentale testo storico-politico: 'Il Consiglio di Sicilia'. Incaricato della traduzione, frà Giuseppe ne inventa una di sana pianta. Divenuto abate, Vella inventa la più sublime delle mistificazioni: 'Il Consiglio d'Egitto', un falso codice storico politico scritto ex-novo - vergato in caratteri che somigliano all'arabo ma riportano parole maltesi - il cui contenuto permetterebbe l'abolizione di tutti i privilegi feudali.

Critica 1:Traducendo in belle e assolate immagini Il consiglio d'Egitto scritto nel ' 63 da Leonardo Sciascia, Emidio Greco, undici anni dopo «Una storia semplice», torna alle sue qualità migliori di narratore dell'ambiguità, con un riuscito salto mortale (e morale) tra il fine ' 700 palermitano borbonico e l'Italia di oggi, dove regna l'«impostura» del virtuale, la cultura della superficialità e dell'indifferenza dettata dai media. Ma nella storia, ben scritta dallo stesso regista, nella dimensione del più intelligente cinema che confina con la migliore tv, un doppio imbroglio è gestito ex aequo dai poteri spirituali e materiali. Il bravissimo, morbido, mellifluo Silvio Orlando è l'umile, furbastro frate che, in cerca di successo e immagine, finge di conoscere l'arabo per tradurre a modo suo, facendo credere si tratti di un fondamentale testo storico politico, il manoscritto «Il consiglio di Sicilia». Alza così la sua posizione social-mondana, diventando l'agiato e blandito abate Vella, trasmettendo un falso storico politico che metterà a rischio il bon ton aristocratico. Parallelamente, tra questi salotti degli ultimi anni prima, durante e subito dopo la rivoluzione, mentre soffiano dalle terrazze di Palermo le profumate idee dell'Illuminismo (si cita Diderot), c'è un'altra sfida, uno scontro ideologico di alcuni riformisti che tentano invano di abolire i privilegi feudali, ma vengono temporaneamente rimandati indietro dalla Storia che protegge il potere costituito. Impostura contro congiura, ma le due storie sono esemplari, inesorabili e parallele anche nella sconfitta, tanto da far nascere simpatia tra i due protagonisti, entrambi truffati e accomunati dalla voglia di contrastare, con metodi opposti, l' aristocrazia siciliana che manderà uno dei due al patibolo, sotto lo sguardo complice dell'altro. Un film intelligente su segreti e bugie che si rincorrono nel tempo e nello spazio (la voce fuori campo è di Giannini), un ping pong dialogico in cui si glossano realtà e finzione, nella consapevolezza che la mistificazione regna sovrana sempre e ovunque e che la Storia fa le sue giravolte arbitrarie. E' girato con molto sfarzo, arredi, costumi, tonache, livree e damaschi, sorrisi e panorami d'epoca, e un ottimo cast: Renato Carpentieri, Antonio Catania, Leopoldo Trieste e Tommaso Ragno, il perfetto avvocato illuminista Di Blasi che fiuta l'imbroglio che poi verrà scoperto. Ma soprattutto gira nel film l'atmosfera del Tempo, e le sconfitte dell'Utopia che si ripresenteranno agli appuntamenti con la morale, mentre il Vero e il Falso rimbalzano come birilli oggi, in tempi in cui tutti smentiscono tutto.
Autore critica:Maurizio Porro
Fonte criticaCorriere della Sera
Data critica:

30/3/2002

Critica 2:Palermo, 1782. L'ambasciatore del Marocco è rimasto in città dopo un naufragio e il frate Giuseppe Vella, che mastica qualche parola di arabo, gli fa da interprete. Fra' Giuseppe viene da Malta ed é un poveraccio: per campare fa lo «smorfiatore» dà i numeri ai popolani interpretando i loro sogni. Un giorno Monsignor Airoldi, cappellano di corte, mostra all’ambasciatore un codice arabo che conserva da anni e del quale ignora il contenuto. L’ambasciatore lo esamina e afferma trattarsi di una qualsiasi vita Maometto, priva di valore; fra Giuseppe ha un’idea geniale e traduce lì per lì che il codice è un fondamentale testo storico intitolato Il consiglio di Sicilia. Fra’ Giuseppe ha «svoltato», diremmo oggi: l’ambasciatore riparte e a lui viene affidata l’epocale traduzione. E non si ferma lì: manipolando il codice, inventa un testo che non esiste, e poi un altro, Il consiglio d’Egitto, che scrive ex novo su carta artificialmente invecchiata. Nel frattempo é divenuto abate. E’ ricco e temuto. Anche perché i testi da lui «tradotti» riscrivono la storia dell'isola e fanno tremare dalle fondamenta il potere e i privilegi dei nobili (ed essendo passati gli anni siamo in piena era giacobina...). Questa la folgorante trama inventata da Leonardo Sciascia nel suo romanzo “Il consiglio d'Egitto, pubblicato nel 1963. Una ironica metafora sulla storia sempre riscritta dai vincitori. Emidio Greco non é nuovo a riletture di Sciscia: uno dei suoi film più belli rimane Una storia semplice (1991), con Gianmaria Volontè. Nei due film Greco è stato bravo a scavare sotto la crosta dello Sciascia «scrittore civile», per rintracciarne, la forte valenza simbolica, quasi metafisica: non a caso il suo primo film, L'invenzione di Morel (1974) si basava su un romanzo di Adolfo Bioy Casares, che é come dire Borges. Greco ha girato, prima del Consiglio, cinque film in 25 anni, quindi è un piacere ritrovarlo al lavoro solo tre anni dopo il precedente Milonga (1999). Ambientato nell'ultimo scorcio del’700, Il consiglio d’Egitto é un film di elegante impianto figurativo, forse di tanto in tanto un po' «seduto» sui dialoghi. É paradossale a dirsi, ma nonostante duri 135 minuti é troppo corto: si vorrebbe saperne di più sul salto di qualità nella vita di Vella, su come concepisce il secondo falso, il più sovversivo e geniale. Ma la storia deve concentrarsi anche sull'altro rivoluzionario, l'avvocato Di Blasi, che congiura contro la corte palermitana e finirà sotto la mannaia del boia. Viene da pensare che 4 ore per la tv, in due serate (il film per altro è coprodotto da Rai Cinema), sarebbero state la dimensione più giusta. Silvio 0rlando é l'abate Vella, un travet imbroglione in cui l’attore napoletano dà il meglio di sé. Tommaso Ragno (un prestigioso curriculum teatrale con Martone Ronconi, Cecchi, Strehler) é una rivelazione nei panni dell'avvocato giacobino. Renato Carpentieri é bravo come sempre. La voce off è di Giancarlo Gianinni.
Autore critica:Alberto Crespi
Fonte critica:l'Unità
Data critica:

29/3/2002

Critica 3:La mistificazione, l´alterazione del vero, i falsi del passato soverchiati dai falsi del presente, la menzogna come realtà e come Storia: ne Il Consiglio d´Egitto di Emidio Greco i temi sono quelli vicini al nostro tempo d´artificio, di trasformismi, di imposture, di bugie e smentite, di poteri senza qualità, e quelli più interessanti per il regista fin dal suo primo film L´invenzione di Morel (1974). Come nell´opera scritta da Leonardo Sciascia nel 1963 dalla quale il film è tratto, ci sono poi la cultura illuministica dello scrittore e il Settecento in Sicilia, c´è il percorso parallelo e speculare del povero prete maltese truffatore, creatore d´un monte di falsità (Silvio Orlando) e del giovane avvocato rivoluzionario, ideatore d´una congiura contro un potere considerato abusivo (Tommaso Ragno). C´è infine, ne Il Consiglio d´Egitto, uno stile di sobrietà elegante, impeccabile e splendente; un´ambientazione molto bella che ricorre all´intensità della luce, della musica e dei dettagli più che all´accumulazione di arredi, che delega ai personaggi i volti della Storia; e un´interpretazione eccellente soprattutto del protagonista Silvio Orlando e di Renato Carpentieri, mentre Giancarlo Giannini compie il miracolo di rendere una voce narrante fuori campo nobile, bella. Nel 1782 la Sicilia dipende dal Regno di Napoli sul cui trono siedono i Borbone; è governata dal vicerè Caracciolo, riformatore, freno al potere dell´aristocrazia feudale siciliana che definisce beffardamente le sue innovazioni «caracciolate». In un giorno di dicembre immerso in una luce quasi d´estate, l´ambasciatore del Marocco naufraga con la sua nave sulle coste siciliane. A Palermo nessuno conosce la lingua araba, e per servire da interprete al potente diplomatico si sceglie un piccolo ecclesiastico maltese: si è convinti che parli bene l´arabo. Non è così, ma il frate s´arrangia per afferrare al volo l´occasione. Al diplomatico marocchino viene sottoposto un testo arabo conservato a Palermo che sta molto a cuore a un monsignor Airoldi. «E´ una vita del Profeta come ce ne sono tante», giudica l´ambasciatore. Ma il frate riferisce invece che si tratta d´un essenziale testo storico-politico sulla Sicilia, se ne fa affidare la traduzione, ne altera il manoscritto, ne modifica il senso: alla fine il codice viene a risultare, con le sue notizie molto allarmanti per l´aristocrazia, capace di abolire privilegi, proprietà e rapporti di poteri in Sicilia. Il frate è divenuto intanto un abate famoso, benestante, influente: anche sospettato, processato, ma assolto grazie alla sua straordinaria prontezza ed astuzia. E´ tuttavia sul punto di venire smascherato, e contemporaneamente viene scoperta la congiura organizzata dal giovane avvocato Di Blasi. La loro sconfitta sarà parallela, esemplare dell´impostura siciliana del tempo, dell´impostura italiana di ogni tempo. La furbizia, sfrontatezza, la rapidità di reazione del frate sembrano un emblema italiano quando, essendo stati scoperti i suoi raggiri, dice tutto, confessa e porta con sé alla rovina i suoi potenti protettori. Il silenzio, il coraggio, la resistenza a morte del congiurato sembrano un altro, opposto, emblema italiano. Il Consiglio d´Egitto, ricco di trame e sottotrame, di Storia e di Presente, di significati e di supersignificati, è appassionante come un´avventura a tratti anche comica, buffonesca; è ammirevole anche per la bravura (fatta di conoscenza, non ostentazione, e senza sprechi) che lo fa apparire un kolossal d´eccezione.
Autore critica:Lietta Tornabuoni
Fonte critica:La Stampa
Data critica:

7/3/2002

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Consiglio d'Egitto (Il)
Autore libro:Sciascia Leonardo

A cura di: Redazione Internet
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