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Discesa di Aclą a Floristella (La) -

Regia:Aurelio Grimaldi
Vietato:No
Video:Medusa Video (Pepite), Pentavideo
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Diritti dei minori, Il lavoro
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Aurelio Grimaldi
Sceneggiatura:Aurelio Grimaldi
Fotografia:Maurizio Calvesi
Musiche:Dario Lucantoni
Montaggio:Raimondo Crociani
Scenografia:Giantito Burchiellaro
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Rita Barbanera (Concetta Rizzuto), Luigi Maria Burruano (il padre di Aclą), Francesco Cusimano (Aclą Rizzuto), Giuseppe Cusimano (Maurizio Rizzuto), Marco La Mattina (Picconiere "Melino"), Lucia Sardo (la madre di Aclą), Salvatore Slianna (Calogero Rizzuto), Tony Sperandeo (Caramazza), Luciano Venturino (Pino Rizzuto)
Produzione:Cineuropa '92, Nova Films
Distribuzione:Istituto Luce
Origine:Italia
Anno:1992
Durata:

84'

Trama:

I coniugi Rizzuto, con molti figli da sfamare, unitamente alla piccola illegittima Santina, che la loro figlia Concetta ha avuto a diciotto anni dal picconiere Caramazza, vivono miseramente in una zona interna della Sicilia, dove si trova la miniera di zolfo di Floristella. Oltre al padre coi due fratelli maggiori, Calogero e Pino, minatori, anche l'undicenne e biondissimo Aclą andrą in miniera: č stato infatti venduto per otto anni come "caruso" - addetto al trasporto a spalla in superficie dello zolfo - al picconiere Caramazza, in cambio di cinquecento lire, cioč del "soccorso morto", che andrebbe restituito se il bambino scappasse. Salutato da uno schiaffo d'avvertimento del suo padrone, Aclą il lunedģ discende nella galleria, dove trova un ambiente infernale: lo zolfo rende l'aria irrespirabile e un caldo soffocante costringe i minatori a lavorare quasi nudi. La notte essi dormono in terra nelle gallerie, in una promiscuitą che favorisce i rapporti omosessuali fra i grandi e la sodomizzazione del bambino. La violenza pił terribile e crudele domina la miniera: il fratello di Aclą, Pino, č l'amante del picconiere "Melino", e il bambino viene subito adocchiato da qualche adulto, che vorrebbe approfittare di lui, ma si rifiuta sempre decisamente, e Pino, per quanto canzonato dai compagni, lo difende. Aclą, che deve trasportare canestri di zolfo da venticinque chili, quando una notte viene messo di guardia allo zolfo, e questo viene rubato perché si č addormentato, riceve da Caramazza molte cinghiate. Aclą, dopo le percosse di Caramazza, scappa e torna a casa per trovare aiuto dai suoi, ma il padre lo picchia pesantemente e lo riaccompagna in miniera. Qui Aclą č ancora circuito dal solito minatore e Pino, per difenderlo, si prende botte e ingiurie. Nuovamente Aclą scappa dalla miniera, deciso a raggiungere il mare per andare in Australia dalla sorella. Ma vaga inutilmente nella campagna quasi deserta, perché il mare č lontano, e infine viene riacciuffato dai carabinieri, in una grotta, nella quale dorme con un cane, che gli si č affezionato. Riportato a casa, il bambino viene picchiato selvaggiamente dal padre, mentre la famiglia e Caramazza assistono alla punizione. Tornato in miniera, e rimesso a far la guardia allo zolfo, Aclą immagina di fuggire ancora e di raggiungere finalmente il mare.

Critica 1:Malgrado alcune lungaggini narrative e qualche caduta di tono il film ha indubbiamente dei pregi nella scelta del tema, che, per quanto riferito a costumi degli anni '30, č molto toccante e vivo, e puņ essere paragonato alla inumana vita da schiavi che conducono anche oggi molti bambini in alcuni contesti sociali. La fotografia č molto curata nelle luci e nei colori, e la sceneggiatura, opera (come il soggetto) di Grimaldi ha delle qualitą notevoli soprattutto nella descrizione della discesa agli "inferi" di Aclą, fra violenze fisiche e psichiche di ogni genere.
Autore critica:
Fonte criticaSegnalazioni Cinematografiche
Data critica:



Critica 2:La zolfara di Floristella č un luogo dove vigono leggi e regole estranee a qualsiasi contesto civile. Č una cavitą infernale, č un anfratto alieno a qualsiasi moralitą, a qualsiasi senso etico. La discesa di Aclą a Floristella parte da questo presupposto: le condizioni dei lavoratori nel passato – in questo caso siamo nella Sicilia degli anni Trenta, ma l’ambientazione in definitiva conta poco – non hanno mai avuto nulla di umano, in modo particolare nelle miniere e nelle fabbriche, dove spesso e volentieri erano impiegati anche i bambini.
La cava in cui Aclą lavora, vive e muore (almeno dal punto di vista della perdita della propria dignitą) č allora lo spazio limite, il posto in cui si addensano tutte le negativitą che si potevano trovare in questi opifici: sfruttamento, violenza, sopruso, vessazione, assenza di ogni diritto. Proprio perché rappresenta un caso estremo – e la regia molto compiaciuta, il valore estetizzante delle immagini, la carica morbosa di alcune sequenze, stanno lģ a dimostrarlo – il film porta ai loro punti terminali tutti gli argomenti che di volta in volta affronta.
La discesa di Aclą a Floristella, ad esempio, non racconta un caso di lavoro minorile, bensģ di schiavitł “coloniale”. Il biondo ragazzino č venduto, proprio come nei mercimoni dei secoli passati, a un padrone che lo possiede in tutti i sensi e ne fa quello che vuole. Per certi versi, dunque Rocco Caramazza non č solo un padrone, ma diventa il demiurgo del piccolo Aclą, il suo sole nero. Non deve sorprendere dunque che Rocco, appena conosciuto il ragazzino, gli appioppi uno schiaffo come primo gesto di accoglienza, in modo che sappia che non si puņ ribellare a lui, o che gli faccia portare il primo giorno di lavoro venticinque chili di zolfo sulle spalle: Aclą č, infatti, un caruso, colui che raccoglie il minerale che il minatore rompe con la piccozza.
La storia non si accontenta neanche di descrivere una “semplice” situazione di abuso o di maltrattamento, ma va molto pił in lą. Nella zolfara, il bambino diventa ben presto oggetto di violenza sessuale e di attrazione omosessuale da parte dei minatori. Una regola cui Aclą non puņ ribellarsi, perché accettata e condivisa da tutti. Nella miniera, vero č proprio monstrum dell’infanzia, buco nero nel quale ogni spirito vitale č inghiottito e ogni caratteristica tipica della fanciullezza recisa, il piccolo protagonista non puņ che brancolare nel buio sia fisico che metaforico.
La fuga dalla realtą si manifesta, anch’essa, in tratti estremi. La corsa verso il mare acquista una molteplicitą di senso: č lo spazio aperto che si contrappone al chiuso della cava; č la ricerca della “naturalitą” della natura (il suo aspetto incontaminato) rispetto alla “innaturalitą” della miniera, simbolo di un ambiente ferito e infilzato dalla mano dell’uomo; č la speranza di avere una famiglia o di essere considerato come figlio (oltre il mare, in Australia, c’č la sorella di Aclą che egli vorrebbe raggiungere) di contro alla certezza di essere trattato come un oggetto; č infine un esplicito richiamo al cinema di Truffaut (la corsa verso la spiaggia č molto simile a quella di Antoine Doinel, protagonista de I quattrocento colpi) per ribaltare gli assunti del film francese e dare un senso ancora pił occludente alla storia. Se nella pellicola citata la corsa di Antoine sanciva, forse, la possibilitą di un momento di vera libertą e di un futuro riscatto, qui ratifica lo sguardo pessimista del regista: ad Aclą non restano altro che i sogni. Quelli fatti a occhi aperti sono destinati a essere per sempre soffocati.
Autore critica:Marcello Dalla Gassa
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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