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Nostra vita (La) -

Regia:Daniele Luchetti
Vietato:No
Video:
DVD:Biblioteca Ospizio, Biblioteca S. Croce
Genere:Drammatico
Tipologia:Il lavoro, Padri e Figli
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Daniele Luchetti
Sceneggiatura:Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Daniele Luchetti
Fotografia:Claudio Collepiccolo
Musiche:Franco Piersanti
Montaggio:Mirco Garrone
Scenografia:Giancarlo Basili
Costumi:Maria Rita Barbera
Effetti:
Interpreti:Elio Germano (Claudio), Raoul Bova (Piero), Isabella Ragonese (Elena), Luca Zingaretti (Ari), Stefania Montorsi (Liliana), Giorgio Colangeli (Porcari), Alina Madalina Berzunteanu (Gabriela), Marius Ignat (Andrei), Awa Ly (Celeste), Emiliano Campagnola (Vittorio)
Produzione:Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz Ppr Cattleya-Babe Films, in collaborazione con Rai Cinema
Distribuzione:01 Distribution
Origine:Italia
Anno:2010
Durata:

100’

Trama:

Alla morte della moglie Elena, il trentenne operaio edile Claudio vede crollare il suo mondo perfetto. I due, infatti, avevano un rapporto fatto di grande complicità, vitalità e sensualità e lui non è preparato a vivere da solo, nonostante l'affetto dei due figli più grandi e l'arrivo del nuovo nato. Per rimuovere il dolore inizia così a sfidare il destino prendendo una serie di decisioni sbagliate. Saranno gli affetti più cari a fargli ritrovare il giusto senso della vita.

Critica 1:L'Italia di oggi? Un cantiere pieno di lavoratori in nero da una parte e di profittatori dall'altra. Un palazzo tirato su alla meglio, con i soffitti sottili e i muri non proprio a squadra. Un posto pericoloso, dove i morti sul lavoro spariscono e magari vengono usati per loschi fini. Ma anche, proseguendo la metafora edilizia, un grande condominio in cui nessuno paga le tasse, figurarsi, ma tutti si conoscono e se serve si danno una mano. Perché in fondo siamo tutti una famiglia e senza le famiglie, lo sappiamo, il paese non ce la farebbe. Scritto con Sandro Petraglia e Stefano Rulli, 'La nostra vita' di Daniele Luchetti cerca i segni del nostro divenire in quei luoghi ancora senza nome e senza storia che sono le nuove periferie. Quartieri dormitorio, ma brulicanti di vita e contraddizioni. Per chi ci vive e ancor più per chi li costruisce. (...) Da una storia così scopertamente esemplare, come molti film italiani di questi anni, ci si aspetterebbero due cose. O un'esattezza antropologica totale (usi, gesti, luoghi, linguaggi). O una serie di invenzioni di racconto e di stile che scompiglino e arricchiscano il quadro. Malgrado l'accuratezza generale e gli ottimi attori 'La nostra vita' invece segue una via media, in tutti i sensi, senza mai sorprendere né approfondire nulla. Ce n'è per la famiglia (Raoul Bova e Stefania Montorsi, pronti a tutto per salvare il fratello). Per i lavoratori clandestini. Per i 'ras' del lavoro nero che arrivano a salvare il cantiere in Mercedes (la scena migliore). Ma il film colorisce personaggi e sentimenti senza mai incidere a fondo. Senza. scavare nemmeno nel rapporto fra Claudio e Andrei, il romeno a cui il personaggio di Germano finisce per fare quasi da padre dopo aver nascosto il cadavere del padre vero. Era questa la storia da sviluppare. Invece resta tutto un po' a metà. Un bel totale senza primi piani. Ma per cogliere il presente non bastano le metafore, servono immagini forti, dense, disturbanti. C'è ancora qualcuno disposto a farle in questo paese?
Autore critica:Fabio Ferzetti
Fonte criticaIl Messaggero
Data critica:

21/5/2010

Critica 2:(...) La nostra vita di Daniele Luchetti (in competizione per la Palma d'oro, da domani in sala) certifica la transizione, anzi la transazione, dal vecchio ordine morale allo stivale piccino ma insaziabile. E lo fa con una macchina da presa periferica, piazzata tra i palazzoni in costruzione attorno a Roma. (...) Ma non aspettatevi di provare indignazione, disappunto, sorpresa, perché, sostiene Luchetti, 'le scorciatoie e le furbizie di Claudio sono quelle di un paese intero', che ha perso il modello matriarcale e insieme l'orizzonte etico. (...) E nemmeno ascoltarsi, perché la monetizzazione lo consegna alla bulimia del fare e all'anoressia della coscienza: nel nome del padrone che vuole essere, sacrifica vita privata, rapporti, tutto. Il grigiore è autentico, l'anello morale che non tiene una fede rimasta sull'anulare: non a ricordare quel che si era, ma a travisare quel che si è diventati, ovvero il mostro del cantiere accanto.
Autore critica:Federico Pontiggia
Fonte critica:Il Fatto Quotidiano
Data critica:

20/5/2010

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
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A cura di: Redazione Internet
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