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Bellissima -

Regia:Luchino Visconti
Vietato:No
Video:Video Capitol,Elle U
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La condizione femminile, Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Suso Cecchi D'Amico, Francesco Rosi, Luchino Visconti, Cesare Zavattini
Sceneggiatura:Suso Cecchi D'Amico, Francesco Rosi, Luchino Visconti, Cesare Zavattini
Fotografia:Piero Portalupi, Paul Ronald
Musiche:Franco Mannino e da "L'elisir D'amore" di Gaetano Donizetti
Montaggio:Mario Serandrei
Scenografia:Gianni Polidori
Costumi:Piero Tosi
Effetti:
Interpreti:Anna Magnani Maddalena Cecconi, Walter Chiari Alberto Annovazzi, Tina Apicella Maria Cecconi, Gastone Renzelli Spartaco Cecconi, Tecla Scarano La maestra di recitazione, Lola Braccini Sua moglie, Arturo Bragaglia Il fotografo, Nora Ricci La stiratrice, Gisella Monaldi Portinaia, Teresa Battaggi La madre snob, Liliana Mancini Iris, Linda Sini Mimmetta, Alessandro Blasetti Se stesso, Mario Chiari Se stesso, Luciano Caruso, Michele Di Giulio, Pietro Fumelli, Lilly Marchi, Sonia Marinelli, Guido Martufi, Filippo Mercati, Vittorio Musy Glori, Anna Nighel, Lina Rossoni, Geo Taparelli
Produzione:Film Bellissima
Distribuzione:Cineteca Nazionale
Origine:Italia
Anno:1951
Durata:

115'

Trama:

Maddalena Cecconi, moglie d'un capomastro, ha un'unica figlia, Maria, una bimba di otto anni, che adora. Maria non è bella ma agli occhi della madre è bellissima e Maddalena vorrebbe per lei uno splendido avvenire. Quando la Stella Film bandisce a Cinecittà un concorso tra le bimbe di Roma per l'interpretazione di un nuovo film, Maddalena decide di far partecipare al concorso la sua Maria e sacrifica tempo e denaro per prepararla degnamente. A Cinecittà, mentre cerca affannosamente Maria che si è smarrita nel labirinto delle costruzioni e degli uffici, s'imbatte in un tale Annovazzi, un aiutante del regista, che in cambio del suo aiuto, riesce a cavarle le ultime cinquantamila lire. Finalmente arriva il momento del provino, ma quando nella sala viene proiettata l'immagine della piccola Maria, il regista e gli aiutanti, nel vederla così imbarazzata e goffa, scoppiano in una risata. Maddalena che vede tutto dalla cabina dell'operatore, arde di sdegno e, dopo aver fatto una violenta scenata, si porta via la bambina. Invano il regista, che ha scoperto nella bimba doti espressive non comuni, le sottopone un vantaggioso contratto. Le illusioni sono ormai cadute e Maddalena fa cacciare l'intruso. Terrà la sua bambina per sé e per suo marito.

Critica 1:Impietosamente satirico sul mondo del cinema come "fabbrica dei sogni", ma anche critico sui metodi del neorealismo, oggi appare soprattutto come un ritratto di donna, la Maddalena Cecconi di una splendida, veemente Magnani. La sua scena sul fiume con Chiari è da antologia. Partito da un soggetto di C. Zavattini, Visconti racconta la realtà popolare piena di contraddizioni con occhi sempre lucidi, talvolta impietosi senza sentimentalismi e idealizzazioni. Nella colonna musicale "L'elisir d'amore" di Donizetti.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Dopo Ossessione che segna la data di nascita della scuola neorealistica italiana, dopo La terra trema, film di eccessiva austerità e non privo di lentezze, in cui tuttavia dava la misura del suo talento insieme lirico e meticoloso e alieno da effetti e convenzioni spettacolari, Visconti si ripresenta oggi con Bellissima, protagonista l'attrice per eccellenza del neorealismo, Anna Magnani. Si tratta di un film che ha per argomento il cinema, ossia un film da farsi. Come spesso avviene, una ditta cinematografica bandisce un concorso per una parte di bambina. Tra le tante madri che si affollano negli immensi spazi di Cinecittà, si trova Maddalena Cecconi, moglie di un capomastro romano. La madre è ansiosa di far diventare “qualcuno” la figlia; la bambina, dal canto suo, ne farebbe forse a meno: tanto è vero che all'ultimo momento la madre se la perde tra la folla e non la trova che dopo lunga ricerca, intenta a giocare presso una vasca. Comunque, tra urli, spinte e batticuori, Maddalena riesce a portare la figlia davanti al regista che è Blasetti in persona. La piccola Maria viene prescelta insieme a poche altre per un provino. Raggiante, la madre se la riporta a casa. A questo punto, si può dire che cominci il suo calvario.
Per intendere la parola di calvario applicata ad una trafila semiburocratica qual è l'assunzione di un'attrice sia pure bambina, bisogna tenere a mente il carattere che Visconti ha voluto dare alla madre. S'è detto qualche volta che la civiltà italiana è materna e che la Madonna con il Bambino, tante mila volte rappresentata, è il simbolo di questa civiltà. Ebbene, nel personaggio di Maddalena Cecconi, Visconti ha voluto appunto impersonare la madre popolana italiana, con tuta la sua furiosa irrazionalità e la sua struggente e gelosa passione. La povera Maddalena, uscita dal suo casamento di San Giovanni, si trova per la prima volta in vita sua alle prese con le complicazioni disumane e spesso poco edificanti di una industria modernissima come quella cinematografica. Da principio la sua idea è che la bambina debba passare tale e quale dalle sue braccia allo schermo. Ma poi personaggi più o meno interessati e l'ambiente stesso, così poco naturale, del cinema, le suggeriscono che la bambina va educata, ammaestrata, ornata e, soprattutto, “raccomandata”. Fotografi, sarti, parrucchieri, maestre di recitazione e di ballo, aiuti registi, registi, ecco altrettante stazioni di questo che abbiamo chiamato calvario, ossia di un crescente smarrimento, sconforto e sdegno della povera madre. La quale per un ricatto di un tirapiedi ci rimette anche i soldi del suo libretto di risparmio: senza contare un congruo numero di botte da parte del marito incomprensivo. Viene il giorno dell'esame dei provini: sullo schermo appare la bambina truccata e travestita da ballerinetta. Ma a metà provino il piccolo viso si contrae in un pianto interminabile, disperato in cui sembra esprimersi non soltanto la timidezza della piccola Maria ma anche tutta l'amarezza della madre. Le risate che accolgono questo pianto puerile spezzano il cuore alla povera donna che si riprende la bambina e se ne va. Inutilmente Blasetti le sguinzaglia dietro i suoi accoliti con un contratto da firmare di due milioni. Troppo tardi. Maddalena ha sofferto troppo, ha ingoiato, soprattutto a causa del suo, diciamo così, analfabetismo sentimentale, troppi rospi. Così ella rifiuta il contratto e si getta tra le braccia del marito, decisa a non più uscire né fare uscire la figlia dal cerchio familiare. Film piuttosto amaro, come si vede, e, trattandosi di materia così patetica e delicata come l'amor materno e l'innocenza infantile, in più punti crudele; ma anche, occorre dirlo, film di un livello superiore quale da parecchio tempo non era dato vedere sui nostri schermi. La vicenda, come si sarà capito, è in fondo quasi un lungo monologo della protagonista: donde le qualità e anche i limiti del film. Visconti ci ha dato anzitutto un “ritratto in piedi” di madre veramente memorabile per forza, sobrietà, complessità e vivezza. In questo senso, rispetto alle psicologie spesso elementari dei due primi film, questa madre di Bellissima, così completa, è una novità importante. Inoltre, pur seguendo la protagonista e la sbatacchiata bambina per la loro via crucis, Visconti, con notevole capacità di caratterizzazione, ha saputo descrivere quel curioso miscuglio di sciatteria romanesca e di macchinismo moderno che è il mondo di Cinecittà. Il film ha una prima parte un po' lunga in cui forse si ripetono talvolta le stesse scene e gli stessi effetti; nella seconda, la meticolosa accumulazione lirica propria ai film di Visconti trova espressione nel delinearsi sempre più preciso della delusione materna. In questa seconda parte vorremmo ricordare la scena tra Maddalena e il giovinastro cinematografaro, in riva al Tevere: molto bella nella sua leggerezza di tocco e graduazione; nonché la scena del provino, degna di un Chaplin, con quel lungo pianto della bambina, sullo schermo, così naturale dopo tante fatiche e tante amarezze.
L'interpretazione di Anna Magnani è forse la migliore di tutta la carriera di questa attrice eccellente. Appassionata, mai sentimentale, perfettamente naturale, con asprezze, arguzie e sprezzature di umore improvvise. Anna Magnani ci ha dato in Bellissima una figura di madre popolana di grande efficacia. Walter Chiari fa assai bene la parte del disonesto e arruffato giovinastro. Gastone Renzelli è un marito rustico e generoso quanto basta. Tecla Scarani e Teresa Battaggi sono brave ambedue nelle parti di maestre di recitazione e di danza. Blasetti non potrebbe essere più “Blasetti” di così. Finalmente la piccola Apicella nella parte della bambina ci ha commossi senza sdolcinature per sola virtù di semplice verità.
Autore critica:Alberto Moravia
Fonte critica:L'Europeo
Data critica:

9/1/1952

Critica 3:Bellissima è il film che mette in scena le illusioni perdute di una generazione uscita malamente dalla seconda guerra mondiale e bisognosa di speranze in un futuro che non sia di semplice sopravvivenza, ma di affermazione e ricchezza, nel desiderio che i figli possano trovare quel successo che rende la realtà un po’ più vicina al sogno. E il mezzo per appropriarsi dei sogni viene individuato nel cinema, inteso come veicolo attraverso il quale l’immaginario popolare riflette il bisogno di evasione dalla cruda realtà quotidiana e come modo cui affidare le proprie, talvolta illusorie, speranze di riuscita in un mondo nel quale bisogna costantemente fare i conti con i problemi finanziari, centellinando bene le poche risorse a disposizione. Il cinema per Maddalena Cecconi è la metafora delle favole che si avverano: la sala all’aperto che dà sul cortile della sua abitazione nel quartiere popolare del Prenestino mostra alcune scene de Il fiume rosso di Howard Hawks, preso da Visconti come simbolo di una realtà fiabesca e immaginifica che attraverso immagini epiche e irreali fornisce e fortifica la speranza della donna in un futuro migliore per la figlia ignara e indifesa, puro oggetto (così come sono tutte le altre bambine accorse a Cinecittà per il provino) per mitigare la propria frustrazione di persona dalla vita piatta e sacrificata. Il mondo del cinema, per Maddalena, si dimostrerà l’opposto di quello che la donna sognava per la figlia, ossia un universo di onori e gratificazioni: si assiste così al capovolgimento dei valori auspicati in partenza e Cinecittà diventa il regno degli impostori (Alberto Annovazzi, che millanta un credito che non possiede), dei ciarlatani che promettono, garantiscono, illudono e non traducono in fatti, degli insensibili (i collaboratori di Blasetti che ridono a crepapelle per il comprensibile atteggiamento di Maria, strepitante perché impaurita), delle aspirazioni miseramente naufragate (il personaggio di Iris, che aveva interpretato il film Sotto il sole di Roma di Renato Castellani, e poi era tornata nell’oblio della sua professione di montatrice).
Il ruolo dell’infanzia sta precisamente nel mezzo tra gli ideali materni e la cialtroneria “cinematografara”, tra chi promette sogni di gloria a un’umanità persa nelle sue occupazioni quotidiane per far fronte a una povertà che è la perfetta immagine dell’Italia del dopoguerra, e chi ha la lecita brama di sottrarsi alla staticità delle classi sociali per garantire un futuro carico di gloria e di ricchezza alla generazione successiva. Come spesso accade, sull’infanzia si imprimono, quindi, i vagheggiamenti dei genitori, disposti a qualunque sacrificio pur nella loro estrema indigenza (Maddalena gira Roma fino a notte per fare iniezioni da cui trae la sua fonte di reddito) per permettere ai propri figli un’esistenza fatta di soddisfazioni e non di stenti, calcoli, maltrattamenti (quelli di Spartaco a Maddalena). In un film che Visconti realizza privilegiando la prospettiva femminile, emerge fortemente il concetto di maternità, a cui Anna Magnani fornisce un’interpretazione di grande intensità, abbandonandosi dapprima al sogno irrealizzabile per poi virare melodrammaticamente verso la riconquista di una dignità che possa garantire alla bambina (mostrata da Visconti mentre riposa placidamente) quella tranquillità che la macchina-cinema le aveva ormai tolto.
Autore critica:Giampiero Frasca
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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