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Rosso come il cielo -

Regia:Cristiano Bortone
Vietato:No
Video:
DVD:DNC Home Entertainment
Genere:Drammatico
Tipologia:Diritti umani - Esclusione sociale, I bambini ci guardano, Le diversità
Eta' consigliata:Scuole elementari; Scuole medie inferiori
Soggetto:Cristiano Bortone
Sceneggiatura:Paolo Sassanelli, Cristiano Bortone, Monica Zapelli
Fotografia:Vladan Radovic
Musiche:Ezio Bosso
Montaggio:Carla Simoncelli
Scenografia:Davide Bassan
Costumi:Monica Simeone
Effetti:Stefano Marinoni
Interpreti:Luca Capriotti (Mirco), Paolo Sassanelli (Don Giulio), Marco Cocci (Ettore), Simone Colombari (Achille), Rosanna Gentili (Teresa)
Produzione:Orisa Produzioni
Distribuzione:Lady Film
Origine:Italia
Anno:2005
Durata:

95’

Trama:

Ispirato alla storia vera di Mirco Mencacci, uno dei migliori montatori del suono in Italia, il film è ambientato in Toscana nei primi anni '70. Il piccolo Mirco a soli 10 anni è un grande appassionato di cinema. Purtroppo, a seguito di un incidente perde la vista e, considerato per legge portatore di handicap, non può frequentare la scuola pubblica. I genitori quindi sono costretti a farlo ospitare in un istituto per non vedenti a Genova. Qui, Mirco trova un vecchio registratore a bobine e con un po' di pratica inizia a montare una serie di favole sonore fatte solo di rumori. Tuttavia, gli istitutori non vedendo di buon'occhio la passione di Mirco, tentano in ogni modo di porre termine al suo hobby, ma il bambino non si perde d'animo e decide di coinvolgere altri ragazzi in una scappatella notturna. Dopo la sua bravata, Mirco viene espulso ma un'intera città si mobilita per aiutarlo.

Critica 1:Bambini ciechi. Qui da noi, fino alla metà dei Settanta, se erano tali, venivano affidati a istituzioni che non facevano nulla per addestrarli a una vita normale. Abolite per legge, sono state sostituite adesso da organismi che, indicandoli meno crudelmente come "non vedenti", ne coltivano le doti, avviandoli anche a vere professioni. Quel periodo di transizione è seguito nel film di oggi da Cristiano Bortone – già piuttosto noto nel settore dell'audiovisivo – attraverso la vera vicenda di un bambino, Mirco Mencacci, diventato adesso, da adulto, rumorista di cinema (per La meglio gioventù, ad esempio, e per Le fate ignoranti). Lo incontriamo in Toscana, nel '71, a dieci anni. È sano, dotato, vivace ma ecco che, per un incidente, perde la vista. Desolati, i genitori sono costretti a toglierlo dalla scuola e ad accettare che sia rinchiuso in un "istituto per ciechi" dove, nonostante la comprensione di un bravo insegnante, si vede drasticamente tarpate le ali molto più di quanto non faccia già la sua menomazione. Trova però per caso un registratore e comincia a servirsene per captare le voci della natura, ma è contro le regole di quel luogo non dissimile da una prigione così, anche se l'insegnante lo difende, un direttore rigido e incomprensivo lo fa espellere. Seguirà una rivolta, anche con l'intervento di sostenitori esterni, e Mirco non solo verrà riammesso ma, grazie alle sue doti, avrà modo di esibirsi tra quelle mura in uno spettacolo di "favole sonore" che diventeranno poi la base della sua felice professione di oggi. Tutto molto semplice e secondo schemi narrativi spesso frequentati: il contrasto fra l'insegnante comprensivo e quello incapace di adeguarsi, le avversità del protagonista fatte alla fine superate da un successo che fa riconoscere i suoi meriti. Bortone, però, ripercorrendoli, li ha visti e fatti vedere soprattutto con l'occhio dei bambini che vi sono coinvolti, privilegiando, a fianco del dolore prima e della letizia poi, un candore che permea dal principio alla fine, con accenti plausibili, tutto il racconto: all'inizio in una rustica e quasi aspra cornice toscana, in seguito tra le vecchie mura, a Genova, del monumentale ex Albergo dei Poveri, oggi, per fortuna sostituito, da istituzioni più giuste e più umane. Gli interpreti, per la maggior parte, sono bambini già visti, qualcuno, in altri film. Il protagonista è il toscano Luigi Capriotti, l'insegnante è Paolo Sassanelli, noto in teatro ma anche al cinema.
Autore critica:Gian Luigi Rondi
Fonte criticaIl Tempo
Data critica:

10/3/2007

Critica 2:Orgoglio senza pregiudizio. Questo vuole insegnarci Rosso come il cielo, tenerissima favola sui non vedenti che dimostra come l'handicap fisico possa diventare, davvero e non solo nel politically correct, una diversa abilità. La storia è semplice, come tutte le fiabe: c'è un eroe, la principessa, il cattivo ma anche tanti comprimari necessari, quasi tutti buoni. Commozione, tenerezza, sorrisi ci accompagnano nella visione di questo film di Cristiano Bortone, qui in tutte le sue vesti di produttore, regista, cosceneggiatore, soggettista. L'ispirazione, anche se molto romanzata, nasce dalla straordinaria storia di Mirco Mencacci. I cinofili lo conosceranno come raffinato sound designer, da Le fate ignoranti a La meglio gioventù. Ma non molti sapranno che, dall'età di 8 anni, lui non vede. E Mirco, a montare, sovrapporre, giocare con i suoni ha imparato dopo, in un periodo, gli anni '60, in cui un handicap era causa di emarginazione e morte civile. Da qui la piccola epopea del piccolo Mirco (Luca Capriotti, bravissimo in un ruolo difficile): un incidente gli toglie la vista. Viene mandato a Genova, all'Istituto Chiossone. Qui incontrerà il gioviale Felice (Simone Gulli), ma anche il nonnismo. Incontrerà Don Giulio (Paolo Sassanelli sempre più bravo e camaleontico), giovane prete di ampie vedute, ma anche un austero direttore, rancoroso e frustrato. Rubando le bobine in cui sono incisi i testi sacri, impara a registrare e la sua fervida fantasia comincia a inventare e raccontare storie. Determinante l'amore e l'aiuto della piccola Francesca, ma anche l'amicizia con un operaio, anche lui non vedente, dell'altoforno di Genova (Marco Cocci, ricordate il rasta di Ovosodo?). Certo, Il Chiossone (qui ricreato nell'ex albergo dei poveri), in quel 1971, era al centro di una Genova, ora sempre più protagonista al cinema, allora in un fermento politico unico. Il direttore, la gestione, erano decisamente peggiori di quello che vediamo sullo schermo: corruzione e abusi erano un'amara realtà, che solo un'occupazione e un "assedio" organizzati dagli studenti interni e da quelli che vi lavoravano come lettori e volontari riuscirono a sovvertire. "Altri occhi", documentario di Guido Votano girato sul set, sana in parte la mancanza di tutto questo nel film. E in alcune sale verranno, giustamente, proposti insieme. Bortone ha scelto un altro registro e raccontato la sua avventura: quella di aver lavorato alla storia di un amico che considera un eroe, con un cast di bambini in gran parte non vedenti (scelta coraggiosa, sua e dell'ottimo cast tecnico), di essere piombato in una realtà che non immaginava e che ora ama. Se si applaude Ozpetek, che non esce dalla sua cucina, allora meglio Bortone che con belle idee come la favola sonora e con frasi semplici come «Hai cinque sensi, Mirco, perché ne vuoi usare solo uno?», ci apre gli occhi su chi vive nel buio. Continua nel suo percorso di film che parlano, svelano, cercano di cambiare qualcosa e ci fa capire che a vivere bendati siamo noi "normali", schiavi di compassionevoli pregiudizi.
Autore critica:Boris Sollazzo
Fonte critica:Liberazione
Data critica:

9/3/2007

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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