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Cavaliere pallido (Il) - Pale Rider

Regia:Clint Eastwood
Vietato:No
Video:Warner Home Video (Gli Scudi)
DVD:Warner Home Video
Genere:Western
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Michael Butler, Dennis Shryack
Sceneggiatura:Michael Butler, Dennis Shryack
Fotografia:Bruce Surtees
Musiche:Lennie Niehaus
Montaggio:Joel Cox
Scenografia:Edward C. Carfagno
Costumi:
Effetti:Chuck Gaspar
Interpreti:Clint Eastwood (il predicatore), Michael Moriarty (Hull Barret), Carrie Snodgress (Sara Wheeler), Chris Penn (Josh Lahood), Richard A. Dysart (Coy Lahood), Charles Hallahan (McGill), Richard Kiel (Club), Doug McGrath (Spider Conwaj), Marvin J. Mcintyre (Jagou), Sydney Penny (Megan Wheeler)
John Russell (Sceriffo Stockburn)
Produzione:Malpaso
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Usa
Anno:1985
Durata:

128’

Trama:

Un gruppo di cercatori d'oro si è accampato sui costoni di un'aspra montagna del Nord America. E' gente onesta e la guida Barret, titolare dei diritti sul terreno. Ma l'insediamento infastidisce e turba i piani di sfruttamento di Coy Lahood, un ricco uomo d'affari che, ancora più a monte, cerca l'oro con sistemi molto meno artigianali. La banda dei suoi fidi fa una scorreria nel povero accampamento degli "intrusi" ed il mite Barret viene provocato e massacrato di botte. Ma all'orizzonte compare il "predicatore", uno strano tipo di cavaliere solitario, metà prete con tanto di collare bianco e metà pistolero. Data una salutare lezione agli aggressori di Barret, il forestiero si installa nel campo, rincuora i cercatori, è adorato dalle donne e rispettato da tutti. Non tollerando l'opposizione di quei "padellari" straccioni, Lahood prima tenta invano di pagarli purché se ne vadano, poi devia il corso d'acqua che scorre tra le tende e le baracche. Stimolati dal predicatore i cercatori d'oro, da prima esitanti sul da farsi, rifiutano ogni compromesso e decidono di lottare, pur consapevoli dei rischi cui vanno incontro. Un giorno però uno di loro trova finalmente una enorme pepita d'oro e si mette in testa di scendere in paese per prendersi gioco di Lahood. Questi lo fa far fuori dal gruppo di aiutanti di un sedicente sceriffo, ingaggiato apposta per eliminare ogni resistenza. Ma lo straniero, deposto il collarino bianco e ben munito di artiglieria, affronta impavido la impari lotta, libera la giovane Megan che il figlio di Lahood aveva sequestrata, a furia di candelotti di dinamite fa saltare le condotte d'acqua installate dall'affarista, stermina gli aiutanti (sei) dello sceriffo e impiomba anche quest'ultimo, suo vecchio nemico. Dopo di che se ne riparte tutto solo, a cavallo, accompagnato dalle lacrime di Megan e di sua madre e della riconoscenza degli uomini di Barret, giunto in buon punto, nella girandola finale, per fulminare il malvagio capitalista, che già aveva nel mirino il valoroso forestiero.

Critica 1:Western di nitida immaginazione, con due o tre sequenze di effetto, dopo quella dell'inizio che è la più bella. Ma lungo i suoi 113 minuti si possono spesso salutare citazioni di altri western.
Autore critica:Laura e Morando Morandini
Fonte criticaTelesette
Data critica:



Critica 2:(…)un ritorno al western nella sua dimensione più essenziale, Pale Rider dimostra la piena consapevolezza del suo autore sia rispetto al cinema che rispetto al mito (i quali, del resto, in nessun genere sono stati intrecciati tanto profondamente come nel western).
La trama è, più che classica, ridotta all'osso degli archetipi: un villaggio di cercatori d'oro poveri costantemente minacciato e depredato da una stirpe di cercatori d'oro ricchi, che ha costruito a monte un complesso sbarramento idraulico per la raccolta «paleoindustriale» dell'oro, è ormai preda dello sconforto e della passività totale, fatta eccezione per Hull Barrett, classico antieroe mite discendente diretto del Van Heflin di Shane e Quel treno per Yuma. Dopo l'ennesima lezione inflitta a Barrett dalla banda di La Hood, la sorellina adolescente della fidanzata del disgraziato minatore, esasperata da quella vita, invoca l'avverarsi di un versetto della Bibbia: «Guardai e vidi apparire un cavallo pallido, e chi lo cavalcava era la Morte, e l'Inferno lo seguiva». Poco dopo, in distanza, appare la sagoma caracollante di Clint Eastwood. Il pallido e taciturno cavaliere senza nome, del quale a tratti viene appena suggerito il passato, ricostituirà la solidarietà e la fierezza dei minatori e farà giustizia dei cattivi, nonostante LaHood abbia assoldato un'intera compagnia di pistoleri, allontandosi nello stesso silenzio che aveva segnato il suo arrivo. Clint Eastwood ha realizzato non solo un prodotto di tutto rispetto sul piano propriamente cinematografico, ma una vera e propria proposta sulle attuali possibilità del western. Dopo il silenzio che è seguito agli anni chiave della rivisitazione, dopo che ogni singola infrastruttura del mito è stata sezionata, il solo atteggiamento possibile è una sorta di silenziosa elementarità.
Come nelle favole o nelle leggende originarie, anche nel western non c'è più bisogno di spiegare nulla; basta uno sguardo (come quello che si scambiano Eastwood e il capo dei pistoleri) per intessere un'intera storia di
rapporti passati, perfettamente comprensibili al pubblico. Il western in pratica può ritornare cinema allo stato puro, piacere del noto, in una rarefazione totale di elegante movimento. Un'operazione che non è di semplificazione, ma basata sulla conoscenza istintiva delle complesse articolazioni del passato. Eastwood in pratica dimostra di possedere la capacità rara di affabulare, di raccontare il mito, crepuscolare come non può non essere oggi, ma riportato alla sua essenzialità di azione significante. La capacità naturalmente è maturata negli anni, grazie anche al lungo lavoro di attore con svariati maestri del genere; probabilmente non è neppure razionalizzata, ma istintiva. Si compone comunque di due tratti essenziali: da un lato una sicurezza immediata nella successione narrativa, nel bilanciamento dei campi e nell'organizzazione interna dell'inquadratura, tali per cui ogni passaggio rimanda (ma molto in sottofondo, quasi subliminalmente) ad antiche acquisizioni della memoria cinematografica. Dall'altro lato Eastwood, passato attraverso fasi diverse di divismo personale, oltre a raccogliere in sé più epoche del western, ha una precisa consapevolezza e padronanza della sua fisionomia d'attore; non essendo un grande interprete, si cuce addosso un personaggio cui non è chiesto di recitare, ma semplicemente di entrare in scena e di riempirla, con le sue rughe secche, le sue strizzate d'occhi di chi ha fissato troppo il sole, persino con le rigidità che ne hanno sempre caratterizzato le interpretazioni. E ha inoltre la cura di affidare il ruolo veramente recitato e sfaccettato (quello del povero Barrett) a un attore intenso come Michael Moriarty. Pale Rider in pratica giustifica perfettamente la presenza di Clint Eastwood tra gli autori cui Godard ha dedicato Detective.
Autore critica:Emanuela Martini
Fonte critica:Cineforum n. 245
Data critica:

6-7/1985

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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