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Orso (L') - Ours (L')

Regia:Jean-Jacques Annaud
Vietato:No
Video:Vivivideo
DVD:
Genere:Avventura
Tipologia:Natura e ambiente
Eta' consigliata:Scuole elementari; Scuole medie inferiori
Soggetto:Tratto dal romanzo "The Grizzly King" di James Oliver Curwood
Sceneggiatura:Gerard Brach
Fotografia:Philippe Rousselot
Musiche:Philippe Sarde
Montaggio:Noelle Boisson
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Tcheky Karyo (Tom), Jack Wallace (Bill), André Lacombe (guida muta dei cani), Douce (l'orsacchiotto Youk)
Produzione:Renn Productions/Claude Berri
Distribuzione:Columbia
Origine:Francia
Anno:1988
Durata:

96'

Trama:

Youk, un vivace orsetto rimasto orfano, viene "adottato" da Kaar, un orso gigantesco, burbero e solitario, il quale diviene il suo protettore e maestro di vita, insegnandogli soprattutto come procurarsi il cibo. Nel frattempo Kaar viene a trovarsi in grave pericolo perchè due cacciatori, Tom e Bill, tentano di colpirlo ma per un errore di mira di Tom viene soltanto ferito alla zampa anteriore. Decisi ad ucciderlo, i cacciatori tornano con una muta di cani feroci che inutilmente attaccheranno l'orso. Questi poco tempo dopo sorprende Tom disarmato ma stranamente si limita solo a spaventarlo ruggendogli a fauci spalancate tutta la sua collera. Successivamente Tom ha la possibilità di incontrare nuovamente Kaar ma non gli spara e impedisce anche a Bill di usare il fucile rinunciando così alla preda. Frattanto Youk, assalito da un puma, si salva a stento grazie all'intervento di Kaar che mette in fuga il feroce animale. Ormai sicuri e tranquilli, Youk e Kaar, caduta la prima neve e trovata una comoda grotta, si preparano al letargo invernale.

Critica 1:Il mondo dei cacciatori visto dalla parte degli orsi. Un grande successo di Jean Jacques Annaud, convinto animalista, condotto tuttavia con eccessivo realismo (...).
Autore critica:
Fonte criticaTeletutto
Data critica:



Critica 2:Tra il pesce dì nome Wanda, il coniglio Roger Rabbit, l'orsetto Youk e i gorilla di Gorillas in the Mist la stagione 1988/'89 sembra il Festival del cinema zoologico. Gli umani sono terribili o, se si vuole, bestiali, e allora è il caso di vedere se sono un pò più umane le bestie. La risposta affermativa è la tesi di fondo dell'ultimo Annaud, sintetizzata nell'epigrafe finale, con le parole dell'autore del romanzo ispiratore: “L'emozione più grande non è l'uccidere... ma il lasciar vivere”.
Nella Columbia britannica, nel 1885, a due cacciatori affamati di pelli d'orso viene impartita una bella lezione di umanità, allorché uno dei cacciatori si troverà a tu per tu con un orso che gli risparmierà la vita. È la scena clou di un film che in un certo senso è l'opposto di Roger Rabbit: se nel film di Zemeckis umani e animali sono co-protagonisti, in quello di Annaud sono gli orsi a farla da padroni, relegando gli uomini a poco più che comparse. In quello un incipit folgorante, tutto ritmo e colore, in questo un lento e progressivo mostrare l'ambiente e la vita dell'orsetto Youk e i suoi incontri per il mondo. Ma non è, qui, il caso di fare un'analisi comparata di due opere (...) bensì di rilevare il carattere canonico della formula di Annaud: grandi scenari naturali (le Alpi di Misurina e di San Martino di Castrozza), cinemascope, utilizzazione (denunciata dallo stesso regista) delle varie figure retoriche del kolossal, primi piani e totali, panoramiche e travelling. La suspence è abilmente defluita, con un'alternanza di vuoti e pieni che, in realtà, è più della seconda parte che dell'insieme del film ed è affidata ad un narratore di freschi crescendi drammatici, il Gérard Brach di Frantic. La tipicità del racconto, quasi un bildungsroman con la figura del giovane iniziato alla vita e al mondo, è attenuata dall'idea di fondo, il fare del giovane un orsetto. In sostanza, dunque, una classica superproduzione (ci sono i Cecchi Gori, Reteitalia e la Columbia - Tristar) con un gran dispendio di soldi e di tempo (li progetto risale al 1981) che le immagini, con la patina che hanno le immagini pubblicitarie dei registi pubblicitari, qual è Annaud, non rivelano. Sulla vita animale, sull'animalità o, meglio, sull'umanità della bestia e sull'animalità dell'uomo non si impara niente di nuovo, neanche con l'ausilio dei Lorenz e dei Morris consultati dal regista. Le inquadrature sono da accademia (l'occhio del calcolatore che guarda nella canna dei fucile) e tra le sequenze si ricordano un po' solo quelle dei sogni di Youk e la scena madre citata all'inizio. Assistita da una morale di fondo in sé tutt'altro che disprezzabile (l'umanità della bestia la vince sulla bestialità dell'uomo), la formula Annaud fornisce un buon consiglio a registi e produttori: scegliete gli animali. Sono meno capricciosi degli attori ed esigono un budget molto più modesto; si accontentano del miele e di meloni o, tutt'al più, di qualche pollo.
Autore critica:Marco Pistoia
Fonte critica:Cineforum n. 281
Data critica:

1-2/1989

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Grizzly King (The)
Autore libro:Curwood James Oliver

A cura di: Redazione Internet
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