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Casa dalle finestre che ridono (La) -

Regia:Pupi Avati
Vietato:14
Video:
DVD:20th Century Fox
Genere:Horror
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Pupi Avati, Antonio Avati, Maurizio Costanzo, Gianni Cavina
Sceneggiatura:Pupi Avati, Antonio Avati, Maurizio Costanzo, Gianni Cavina
Fotografia:Pasquale Rachini
Musiche:Amedeo Tommasi
Montaggio:Giuseppe Baghdighian
Scenografia:Luciana Morosetti
Costumi:Luciana Morosetti
Effetti:Giovanni Corridori
Interpreti:Lino Capolicchio (Stefano), Francesca Marciano (Francesca), Gianni Cavina (Coppola), Giulio Pizzirani (Antonio Mazza), Vanna Busoni (Laura Legnani), Andrea Matteuzzi (Poppi), Bob Tonelli (Solmi), Ferdinando Orlandi (Maresciallo), Pietro Brambilla (Lidio), Ines Ciaschetti (l'insegnante), Eugene Walter (sorella di Laura/falso prete), Carla Astolfi, Luciano Bianchi, Pina Borione, Tonino Corazzari, Flavia Giorgio, Libero Grandi, Arrigo Lucchini
Produzione:Gianni Minervini e Antonio Avati per A.M.A. Film
Distribuzione:Collettivo dell’Immagine – Lanterna Magica
Origine:Italia
Anno:1976
Durata:

110’

Trama:

Un pittore pazzo muore suicida in un paese del ferrarese, dopo avere dipinto un affresco terribile, rappresentante il martirio di San Sebastiano tra due figure ghignanti. Gli interessati allo sviluppo turistico della località, considerando l'opera di Buono Legnani un'attrazione, decidono la restaurazione dell'affresco e fanno venire il concittadino Stefano, pittore mancato. Il giovane viene perseguitato da fatti strani e inquietanti, mentre l'amico Mazza, prima di scomparire in un finto suicidio, gli rivela una storia fantastica della quale non riesce a dargli i particolari. Prima di scoprire la verità e rischiare la propria vita, il restauratore assiste alla morte del sagrestano Livio, del tassinaro beone Coppola, dell'amante Francesca, una maestrina. Morto effettivamente il Legnani, alla sua memoria venivano immolate vittime dalle sorelle, una nascosta sotto i panni di una paralitica e l'altra addirittura sotto la tonaca del parroco del villaggio.

Critica 1:Pittore pazzo muore suicida dopo aver dipinto un San Sebastiano. Anni dopo un restauratore è coinvolto in strane morti finché scopre la verità. È una storia di matti, felicemente inventata con il solo scopo di spaventare, ma in modi sottilmente suggestivi. Una favola nera. Bella ambientazione nella bassa padana.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Nello sconsolante panorama del cinema italiano, e nella povertà dei suoi ricambi, il nome di Pupi Avati merita un qualche rispetto per la coerenza con cui, tra soprassalti dovuti ora alla censura ora alla distribuzione, conduce un suo discorso sull'irreale grottesco del nostro paese, di cui sono ultimi esempi La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone, Bordella (che ha spunti accattivanti anche se non conclusi) e questa Casa dalle finestre che ridono, opera in cui meglio si esprimono - e si delimitano - le sue qualità e anche le sue abilità di "thrillerman" contrapposto ai sadici brividi alla Dario Argento. L'elemento più affascinante di questo film, per altri versi assai facile e modesto, è l'aver composto un intrigo-suspence ambientandolo, invece che nel solito cosmo codificato della città, in un paesino nelle valli di Comacchio, dalle parti in cui vive l'Agnese di Montaldo. In questo contorno surreale, colorato e sghembo, che non può non ricordare la follia della pittura di Cosmè Tura, gli elementi psicologici della storia assumono, proprio in virtù dell'atmosfera fisica che li circonda (il fango, le rane, le notti ombrose di nebbia), una loro rilevanza che si fa più misteriosa e anche, da un certo punto di vista, più verosimile. Insomma, a prenderlo sul serio, diciamo che questo è un ritratto deformato di una provincia italiana che ha in nuce molti passivi; a prenderlo più superficialmente diciamo che è la storia bizzarra di alcuni nevrotici e spasimanti, di quelli che solo il cinema riesce a inventare.
Dunque siamo nel Ferrarese: è qui che capita, per restaurare l'affresco di una chiesa, un giovane pittore. Si rende subito conto di essere circondato da gente matta, da esemplari di una fauna mostruosa. E Avati, dall'interno e dall'esterno, pur sovrappopolando la pellicola di effetti ed effettacci, ci sa trasmettere questo tipo di impressionismo psicologico. Lo spettatore, insomma, si identifica col protagonista e con lui vive l'avventura, non ci sono altri elementi per metterlo al corrente dei "mistero".
Deformando l'ottica della verosimiglianza e del naturalismo in funzione dell'effetto-thrilling che puntualmente spunta, Avati ci mostra le vicissitudini esasperate del giovane artista (ben impersonato da Lino Capolicchio): dalle prime telefonate minatorie e anonime, alla morte di un amico, allo strano comportamento di tutti coloro che lo circondano. La chiave del film sta nella figura del pittore defunto, autore dell'affresco che il giovane deve restaurare: una strana figura che - si dice - prediligesse ritrarre l'angoscia e, in particolare, gli ultimi istanti, precipitandosi presso i moribondi per carpirne gli ultimi sguardi d'agonia. Se a questo aggiungete che ben presto nasce il sospetto che egli stesso e le sue diaboliche sorelle architettassero a bella posta le morti, avrete idea del pasticcio in cui ci si trova e dei variopinti colpi di scena che la pellicola offre, anche in quantità eccedente alla bisogna. Minacciato, spaventato (e innamorato di una ragazzina che farà poi le spese del suo eroismo), il pittore intuisce che la leggenda nasconde una turpe verità di cui tutto il paese è rimasto complice e vittima. Ognuno trama nell'ombra della notte, come una anguilla. La vicenda si complica per sfociare poi in un finale spaventoso, hitchcokiano, e anche inverecondo.
Autore critica:Maurizio Porro
Fonte critica:Cineforum n. 162
Data critica:

2/1977

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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