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Oliver Twist -

Regia:Roman Polanski
Vietato:No
Video:
DVD:Medusa
Genere:Drammatico
Tipologia:Diritti dei minori, Disagio giovanile, Diventare grandi, Letteratura inglese - 800
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:dal romanzo omonimo di Charles Dickens
Sceneggiatura:Ronald Harwood
Fotografia:Pawel Edelman
Musiche:Rachel Portman
Montaggio:Hervé De Luze
Scenografia:Allan Starsi
Costumi:Anna B. Sheppard
Effetti:Martin Oberlander, David Bush, Motionfx Ltd.
Interpreti:Ben Kingsley (Fagin), Barney Clark (Oliver Twist), Jamie Foreman (Bill Sykes), Leanne Rowe (Nancy), Lewis Chase (Charley Bates), Edward Hardwicke (Sig. Brownlow), Jeremy Swift (Sig. Bumble), Mark Strong (Toby Crackit), Frances Cuka (Sig.Ra Bedwin), Chris Overton (Noah Claypole), Michael Heath (Sig. Sowerberry), Gillian Hanna (Sig.Ra Sowerberry), Alun Armstrong (Sig. Fang), Paul Brooke (Sig. Grimwig), Jake Curran (Barney), Ophelia Lovibond (Bet), Joseph Tremain (Tom)
Produzione:Etic Limited - Medusa Film - R.P. Productions - Runteam Ltd.
Distribuzione:Medusa
Origine:Cecoslovacchia - Francia - Gran Bretagna - Italia
Anno:2005
Durata:

130'.

Trama:

Londra, XIX Sec. Il piccolo Oliver Twist scappa dall'istituto per giovani orfani gestito dal perfido sig. Bumble e si unisce ad un gruppo di ladruncoli di strada che fanno capo al vecchio Fagin. Durante una delle scorribande del gruppetto di furfanti, Oliver viene arrestato mentre gli altri ragazzi riescono a farla franca. Tuttavia, quella che potrebbe essere una disgrazia, si rivela per il piccolo orfano una svolta felice perché in suo aiuto giunge il facoltoso sig. Brownlow, che testimonia in suo favore e dopo averlo fatto scagionare lo accoglie nella sua bella e confortevole casa...

Critica 1:È un filo rosso che lega la sua autobiografia, Roman (pubblicata nel 1984) a Il Pianista fino a Oliver Twist, l’ultimo, bellissimo film di Roman Polanski che ha avuto la sua prima al Toronto Film Festival.
Preziosa mosca bianca nell’affollatissimo programma del festival canadese, nel trionfo dei suoi costumi e del set d’epoca (con un budget di 60 milioni di dollari il film di Polanski più costoso mai realizzato), dalla fatiscente, insidiosa, Londra dell’ottocento dickensiano, Oliver Twist è sembrato senza ombra di fatica (di quelle troppo visibili che oggi si usano per «aggiornare» i classici) uno dei titoli più moderni del festival.
Un oggetto emozionantissimo, girato ad altezza di bambino, messo in scena con la leggerezza e la coreografia magica di un musical, filtrato attraverso una profonda sapienza del fumare la letteratura dell’’800 (lo stesso che Polanski aveva usato in Tess), i tempi e la complessità corale del suo racconto, ma anche. e forse soprattutto, di autobiografia. Come tra le righe dell’adattamento di Wladyslaw Szpilman, in The Pianist, si leggeva l’infanzia di Polanski a Cracovia sotto l’occupazione nazista, Oliver Twist è il racconto doloroso e picaresco delle avventure di un orfano che evoca le peregrinazioni europee di Polanski durante la seconda guerra mondiale.
Ma, rispetto a The Pianist, questa nuova storia di sopravvivenza è vissuta attraverso la limpida, imperturbabile quanto malinconica volontà di andare avanti di un bambino. «Non avrei mai pensato di fare un film per i bambini se non ne avessi avuti di miei», ha dichiarato Polanski in una recente intervista al Los Angeles Times in cui attribuiva a sua moglie Emmanuelle Seigner l’dea di adattare il libro di Dickens quando lui era alla ricerca di un film che anche i suoi due figli (di 7 e 12 anni) potessero vedere. «Molte delle cose che succedono nel film le conosco per esperienza personale. Ma mi relaziono alla sofferenza molto di più ora che ho dei bambini. Perché vedo la cosa dall’esterno, cosa che prima non avveniva. I bambini hanno questa enorme capacità di resistenza, accettano le cose come sono, forse perché non hanno altri riferimenti. Sono più flessibili, si adattano molto più facilmente di quanto sappiano fare gli adulti», ha detto ancora il regista.
E, più che la critica sociale di Dickens, è il côté gotico della storia, è proprio questa luminosa «resistenza» , questa determinazione di reagire alle cose come sono che rende il suo film tanto più vivo e personale di tutti i precedenti adattamenti di Oliver Twist (tra cui vanno ricordati almeno quello del ‘22 di Frank Lloyd con Lon Chaney, quello del ‘48 di David Lean con Alec Guinness e la versione musical, Oliver, di Carol Reed).
Sceneggiato dal suo abituale collaboratore Konald Fiarwood («La mia teoria è che Roman pensi a se stesso come a Olivet Twist. Abbandonato non tanto per via della scomparsa dei suoi genitori, ma dal momento storico in cui è nato, la marca che si muove contro di lui e che lo trascina con sé. Roman scappa dal ghetto, trova delle persone che si occupano di lui, finisce in una scuola di cinema. Ha vissuto avventure forti, anche la sua vita è picaresca»), fotografato da Pawel Edelman su scene di Allan Starski e con costumi di Anna Sheppard, il film di Polanski guarda alle incisioni di Gustave Doré come alle illustrazioni dii George Cruikshank che accompagnarono la prima edizione del libro, nel 1838. Muovendosi con agilità tra le pagine e il denso plot dickensiano, il film snellisce, semplifica e a volte modifica certi toni del romanzo.
La narrativa è sciolta, lieve. Il senso della durata come un incantesimo. Il film inizia quando Oliver (l’undicenne inglese Barney Clark), ha nove anni, ed è ancora nell’orfanotrofio in campagna, subito prima di andare a Londra dove firma sotto la protezione, e le grinfie, di Fagin, minaccioso, avido, machiavellico orco che comanda, assiste amorevolmente e sfrutta spietatamente una tribù di bimbi da strada. Il personaggio che fu di Chaney e Guinness è qui interpretato da Ben Kinglsey. Sostanzialmente reinventato rispetto alle versioni , precedenti, il Fagin di Polanski/ Kinglsey è una cifra più complessa come più complesso è il suo rapporto con Oliver (e il suo scioglimento nell’ultima bellissima scena in prigione: meno un gesto religioso di perdono da parte del bambino che il riconoscimento di un rapporto, l’addio a qualcuno che – non importa con che secondo fine – ti ha dato da mangiare e un paio di scarpe quando avevi i piedi pieni di piaghe). «Non esiste al mondo un uomo completamente cattivo» ha detto al New York Times Polanski che ha disegnato personalmente le sembianze del suo Fagin, aggiungendo: «Nonostante la sua cattiveria, Fagin sta dando ai bambini una sorta di casa. La loro vita in strada era semplicemente insopportabile». Intervistato nello stesso articolo, Ben Kinglsey ha detto di aver tratto ispirazione da un rigattiere di Manchester che vedeva spesso da piccolo da una serie di ritratti di ebrei fotografati tra il tardo ‘800 e il primo ‘900 che aveva usato per prepararsi a Schindlers’List e dalle incisioni ottocentesche di Il Mercante di Venezia con Shylock interpretato da Edmund Kean.
Autore critica:Giulia D’Agnolo Vallan
Fonte criticaIl Manifesto
Data critica:

21/9/ 2005

Critica 2:
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Fonte critica:
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film
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A cura di: Redazione Internet
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