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Teorema -

Regia:Pier Paolo Pasolini
Vietato:No
Video:Mondadori, Video
DVD:Mondo home entertainment
Genere:Drammatico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Pier Paolo Pasolini
Sceneggiatura:Pier Paolo Pasolini
Fotografia:Giuseppe Ruzzolini
Musiche:musiche originali: Ennio Morricone, musiche non originali: W. A. Mozart
Montaggio:Nino Baragli
Scenografia:Luciano Puccini
Costumi:Roberto Capucci, Marcella De Marchis
Effetti:
Interpreti:Silvana Mangano (Lucia, la madre), Terence Stamp (l'ospite), Massimo Girotti (Paolo, il padre), Anne Wiazemsky (Odetta, la figlia), Laura Betti (Emilia, la domestica), Andrés José Cruz Soublette (Pietro il figlio), Ninetto Davoli (Angelo il postino), Carlo De Mejo (un amante di Lucia), Luigi Barbini (ragazzo alla stazione), Giovanni Ivan Scratuglia (Angelino), Alfonso Gatto (Il medico), Adele Cambria (seconda cameriera), Susanna Pasolini (Anziana contadina), Guido Cerretani, Cesare Garboli
Produzione:Franco Rossellini, Manolo Bologni per Aetos Film
Distribuzione:Cineteca Lucana - Ventana - Creazioni Home Video - Mondadori Video (Il Grande Cinema)
Origine:Italia
Anno:1968
Durata:

99'

Trama:

È la storia di una famiglia milanese composta dai genitori, Lucia e Paolo, due figli studenti, Pietro e Odetta, e dalla serva Emilia. Queste persone conducono l'esistenza di una qualunque famiglia borghese fino a quando non vengono messe in crisi da un evento apparentemente innocuo eppure sconvolgente: l'arrivo di un ospite, un personaggio dai dati anagrafici quanto mai vaghi e allusivi. lmprovvisamente i cinque membri della famiglia sono conquistati dall'ospite misterioso; e questi non rifiuta di avere rapporti sessuali con ciascuno di essi. Allorquando egli se ne va, la vita non riprende il suo corso normale: Odette finisce in una casa di cura; Pietro si dà alla pittura, ma poiché non ha una sincera vocazione si perde in un astrattismo assurdo; Lucia, la madre, si avvilisce in uno sfrenato erotismo, mentre Emilia ritorna alla casa paterna dove, ammutolita, viene ritenuta dai paesani come l'espressione di una religiosa santità. Infine il padre, Paolo, regala la sua fabbrica agli operai, poi alla stazione centrale si denuda completamente, e lo si vede in ultimo vagare nel deserto.

Critica 1:Un enigmatico visitatore (T. Stamp) s'insinua nella famiglia di un industriale milanese (M. Girotti) e ha rapporti erotici con la moglie (S. Mangano), la figlia (A. Wiazemsky), il figlio (A.J. Cruz Soblette), la domestica (L. Betti) e con lo stesso capofamiglia. Quando lo straniero se ne va, tutti sono cambiati, si perdono o si rinnegano, e la famiglia è disgregata. Il teorema è dimostrato: l'incapacità dell'uomo del borghese moderno di percepire, ascoltare, assorbire e vivere il sacro. Soltanto la serva Emilia, di origine contadina, lo scopre e, dopo il "miracolo" della levitazione, farà ritorno alla terra in odore di santità. E un altro film di P.P. Pasolini all'insegna della congiunzione tra Marx e Freud (qui anche di Jung e Marcuse). Originalmente concepito come una tragedia in versi, Teorema fu sviluppato in un romanzo con versi e prosa che si alternano e poi in un film che, nonostante l'ingombrante ideologismo metaforico e metastorico, è uno dei risultati filmici più originali di Pasolini. La religiosità latente, sotto la vernice blasfema e libertaria, fu colta dalla giuria dell'OCIC (Office Catholique International du Cinema) che alla Mostra di Venezia gli assegnò il suo massimo premio, decisione duramente deplorata dalle gerarchie ecclesiastiche, scandalizzate dall'accostamento di sacro e sesso. Coppa Volpi dell'interpretazione femminile L. Betti. Sequestrato per oscenità. Regista e produttori denunciati e poi assolti.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Per Teorema, presentato alla Mostra di Venezia nel 1968, piovvero su Pasolini critiche feroci sia da parte della sinistra, che sostenne che si trattava di un film reazionario, oltre ad accusare Pasolini di misticismo, sia dalla destra, che proclamò il suo disgusto per il modo in cui nel film si affrontava il tema della sessualità. La verità era che né la destra né la sinistra compresero allora, neppure marginalmente, gli intenti dell’autore: rappresentare la totale e irrimediabile perdita di identità della borghesia nel momento in cui essa (la borghesia) si avvia – dopo essere entrata in contatto con un "Altro", del tutto estraneo alle certezze prefabbricate, indelebili e indistruttibili dalla "ragione dominante" – a una presa di coscienza che non può che svelare drammaticamente il "vuoto", l’impotenza, la "non esistenza" che costituiscono l’essenza stessa della borghesia. Una perdita d’identità, d’altronde, che non offre alla borghesia alcun motivo di riscatto, ma che le crea intorno soltanto il "deserto", il nulla. "Lo sforzo espressivo di Pasolini è tutt’altro che irrazionalista, tutt’altro che reazionario o mistico", scrive il sopracitato critico Serafino Murri. "Infatti, va a toccare le basi concettuali di una cultura che del proprio mezzo, la ragione illuministica, aveva fatto la gabbia in cui imbalsamare definitivamente, con tutto il carico di ingiustizia presente, la società nei suoi schemi irremovibili, nei suoi antagonismi tutti interni ad essa."Teorema era nato come tragedia in versi, si era trasformato poi in un libro (romanzo / racconto) molto frammentario che mantiene alcuni capitoli, o meglio "frammenti" in versi, per raggiungere infine la forma della sceneggiatura cinematografica nella quale Pasolini riduce drasticamente la presenza del "parlato", cioè dei dialoghi o della narrazione per mezzo di una voce fuori campo, riservando principalmente alle immagini, e secondariamente alla musica – qui incentrata su citazioni dal Requiem di Mozart – la narrazione degli eventi e delle mutazioni dei propri personaggi. L’Ospite che giunge nella villa della famiglia borghese, e che determina in ciascuno dei componenti di quella famiglia una crisi profonda, una totale perdita di identità, appunto, non ha qualità sovrumane, tanto meno rappresenta un’allegoria divina come qualche commentatore ha voluto sostenere. È semplicemente il suo essere "Altro" rispetto alla logica borghese su cui si fonda il teorema dell’autoperpetuazione della borghesia stessa, che conduce alla perdita di identità tutti i membri della suddetta famiglia, e all’irrecuperabile "deserto" che ne consegue. Secondo lo stesso Pasolini, è proprio nel sovvertimento della logica che sorregge l’ideologia (o la totale assenza di ideologia) della società borghese capitalistica che consiste l’unica possibilità di una rivoluzione.Pasolini stesso presentò Teorema sulla rivista francese “Quinzaine littéraire” dicendo di esso fra l'altro: “Dio è lo scandalo. Il Cristo, se tornasse, sarebbe lo scandalo; lo è stato ai suoi tempi e lo sarebbe oggi. Il mio sconosciuto – interpretato da Terence Stamp, esplicitato dalla presenza della sua bellezza – non è Gesù inserito in un contesto attuale, non è neppure Eros identificato con Gesù; è il messaggero del Dio impietoso, di Jehovah che attraverso un segno concreto, una presenza misteriosa, toglie i mortali dalla loro falsa sicurezza. È il Dio che distrugge la buona coscienza, acquisita a poco prezzo, al riparo della quale vivono o piuttosto vegetano i benpensanti, i borghesi, in una falsa idea di se stessi”.
Autore critica:
Fonte critica:www.pasolini.net
Data critica:



Critica 3:Milano, primavera del '68. Un postino dal significativo nome di Angelo (interpretato da Ninetto Davoli) porta un telegramma nella villa di un industriale, in cui si annuncia la visita imminente di un Ospite inatteso. L'Ospite (Terence Stamp) giunge il giorno successivo. E' un ragazzo senza particolari qualità, forse uno studente in ingegneria, schivo, riservato, assorto in se stesso, che rimane intatto dagli schemi e dalle convenzioni che vigono nella famiglia, e passa la maggior parte del suo tempo a leggere l'opera omnia di Rimbaud. Questa sua angelicità, cioè la sua naturalezza ed estraneità a tutto ciò che lo circonda, attrae irresistibilmente, uno ad uno, tutti i membri della famiglia: a cominciare dalla serva Emilia (Laura Betti), che, letteralmente folgorata dalla sua presenza, nel timore di non poterlo avere, tenta di suicidarsi, ma viene salvata e amata dall'Ospite. Poi è la volta di Pietro, studente con inclinazioni artistiche, coetaneo del giovane Ospite, che prenderà coscienza della sua diversità sessuale; quindi di Lucia (Silvana Mangano) moglie e madre di famiglia perbene, fino ad allora trincerata nel cattolico principio di fedeltà coniugale; poi è la volta di Odetta, studentessa introversa e adoratrice della famiglia e dell'autorità paterna; in ultimo, la stessa irrefrenabile smania di condivisione sessuale ghermisce il Padre (Massimo Girotti), l'uomo borghese per eccellenza, padrone dei propri mezzi di produzione (è un industriale) e paterfamilias. Tutti hanno rapporti sessuali con l'Ospite, che, come l'Adorabile descritto da Rimbaud per bocca dell'Ospite stesso "E' venuto, se ne è andato, e forse non tornerà mai più". L'Ospite, infatti, così come era giunto, senza alcun motivo, viene richiamato da un telegramma (portato in casa sempre dallo stesso postino-angelo), e parte il giorno successivo. Tutti i membri della famiglia, ormai rivelatisi a se stessi, cercano di ovviare l'assenza del loro oggetto d'amore percorrendo fino in fondo la strada che, nella loro visione individualistica, porta verso il raggiungimento dell'Altro, Altro di cui l'Ospite era portatore. Emilia, l'unica a legare questa presenza alla sacralità (chiede perdono a Dio per aver fatto l'amore con l'Ospite), prende la strada dell'ascesi: gradualmente si distacca dalla famiglia in cui lavora, torna nel borgo rurale da cui proviene, siede accanto ad un muro e si ciba solo di ortiche, aspettando il ritorno dell'Ospite, compiendo il sacrificio di sé perché si compia questo ritorno. I veri e propri membri della famiglia borghese, invece, percorrono la strada opposta, cercando il senso della propria individualità, invece di sacrificarla: Odetta si chiude in una paralisi isterica, recidendo i rapporti con il mondo, facendosi autisticamente essa stessa mondo di sé, e finisce in un manicomio; Pietro cerca la sua liberazione tramite il gesto artistico, attraverso la pittura, vivendo lo strazio e l'impotenza della gratuità sociale, della perdita del senso delle proprie azioni, nella coscienza che un artista, un creatore, è qualcuno che "non vale niente, che è un essere inferiore, un verme che si contorce e striscia per sopravvivere" ma continua a vivere e a dipingere, incolpando il mondo del deserto in cui si trova; Lucia, donna rigorosamente monogama fino all'arrivo dell'Ospite, percorre la strada della gratuità sessuale, del non senso delle relazioni affettive: prende a vivere una sequela di rapporti occasionali con giovani coetanei dell'Ospite, cercando di rinnovare individualmente, senza uscire da se stessa, dalle proprie forze e determinazioni, il miracolo della naturalezza sessuale che aveva vissuto; ma invano, e permeata da una tristezza profonda. A parte Emilia, dunque, tutti gli altri hanno sostituito il mondo che hanno abbandonato dopo la venuta dell'Ospite con il dilagare della propria individualità, facendosi mondo essi stessi, senza affatto rinunciare alla propria identità, ma anzi eliminando tutto il resto; solo il Padre, la cui "illuminazione" richiama, attraverso la citazione dell'autore, quella del tolstoiano Ivan Ilic, che a partire da un incidente apparentemente insignificante vive il senso della propria morte, percorre fino in fondo la strada della perdita della propria identità: sarà infatti lui a raggiungere quel deserto di cui, di tanto in tanto, nel film si vedono inquietanti immagini tra una scena e l'altra. Come un nuovo Francesco d'Assisi, nella Stazione Centrale di Milano egli si spoglia completamente nudo, si districa dalla folla-società, dopodiché lo vediamo percorrere il deserto disperato, senza una direzione, barcollante: ha rinunciato alla sua identità, ma, come egli stesso ha detto, questa è per lui la morte civile, la nullificazione di sé. A lui si contrappone, con un montaggio alternato, la vicenda di Emilia: essa percorre altrettanto fino in fondo la strada della perdita di sé, ma non avendo un'identità borghese da salvaguardare il suo gesto sfocia in donazione totale di se stessa al mondo: dopo un'estasi che l'ha portata a sollevarsi sui tetti delle case, liberata dalla costrizione del sé, Emilia fa dono delle sue lacrime: si fa sotterrare viva, e rimette alla terra, rimbaudianamente intesa come carne e fonte della vita, le sue lacrime di amore e sofferenza, avendo rinunciato finanche all'idea del ritorno dell'Ospite: è diventata lei stessa l'Ospite, ne ha incarnato il distacco dal mondo delle concretezze. Accompagnato dalle note strazianti del Requiem mozartiano, l'uomo vaga nel deserto, e, messosi di fronte alla propria nudità, si scioglie in un urlo di impotenza, un urlo fermo, l'urlo della consapevolezza di non essere, l'urlo del nulla.
Autore critica:S. Murri
Fonte critica:Pier Paolo Pasolini, Il Castoro-L'Unità
Data critica:

1995

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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