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Del perduto amore -

Regia:Michele Placido
Vietato:No
Video:Clemi
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Diventare grandi, Il mondo della scuola - Giovani
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Michele Placido, Domenico Starnone
Sceneggiatura:Michele Placido, Domenico Starnone
Fotografia:Blasco Giurato
Musiche:Carlo Crivelli
Montaggio:Francesca Calvelli
Scenografia:Paola Comencini
Costumi:Claudio Cordaro
Effetti:
Interpreti:Giovanna Mezzogiorno (Liliana), Fabrizio Bentivoglio (Antonio), Rocco Papaleo (Cucchiaro), Enrico Lo Verso (Satriano), Michele Placido (Don Gerardo), Egidia Bruno (Amalia), Rino Cassano (Don Gaetano), Marika Coniglio (Ninuccia), Lorenzo Gentile (Don Vincenzo), Giovanni Paolicelli (Pasquale), Luciana Paolicelli (Teresa), Luigi Dirozzi (Ma rullo), Piero Pischedda (Gerardo), Renato Potenza (Enzuccio), Sergio Rubini (Italo), Raffaele Salvaggiola (Donato), Milla Sannoner (Magda), Raffaella Scaraia (Rosetta), Giovanna Staffieri (Miluccia), Lucia Tartaglia (Silvana)
Produzione:Giovanni Di Clemente per Clemi Cinematografica. – Rai-Cinemafiction
Distribuzione:Cdi - Buena Vista International Italia
Origine:Italia
Anno:1998
Durata:

101’

Trama:

Oggi don Gerardo, parroco in un piccolo paese del sud Italia, va con la memoria alla propria adolescenza quando, 14enne nel 1958, torna a casa dopo essere stato espulso dal collegio forse per un episodio di omosessualità. In famiglia e con i coetanei Gerardo si sente a disagio, mentre è sempre più attratto da Liliana, ragazza ventenne militante comunista, osteggiata e insieme ammirata dall'intera comunità. Liliana è insegnante e, tra mille difficoltà, riesce a creare, in una vecchia stalla abbandonata, un luogo dove fa lezione a ragazze non in grado di andare alla scuola pubblica. Gerardo, tenendosi in disparte, è presente a queste lezioni, attratto dallo spirito di servizio e di sacrificio che la ragazza mette nella propria attività. Intanto arriva la campagna elettorale per il rinnovo delle cariche comunali. Liliana si candida con il PCI e scopre allora con chiarezza le tante pressioni, anche dentro il partito, che esistono contro di lei. Anche le voci su una sua relazione con Satriano, medico del paese, la mettono in forte difficoltà. Durante il comizio di chiusura, Liliana sul palco ha un malore e poco dopo muore. Il parroco, don Gaetano, rifiuta di dare i conforti religiosi al funerale e chiude i portali della chiesa. Dentro quella stessa chiesa, il piccolo Gerardo di allora è oggi diventato a sua volta parroco.

Critica 1:Lucania, 1958. Gerardo (P. Pischedda), espulso dal collegio per sospetta omosessualità, è coinvolto da Liliana (G. Mezzogiorno), giovane militante comunista, nell'apertura di una scuola per ragazze analfabete, iniziativa osteggiata dai galantuomini della DC alleata con il MSI e non gradita al PCI. La scuola è incendiata dai fascisti locali cui si unisce Gerardo, ingelosito dalla relazione di Liliana con il medico (E. Lo Verso) del paese. Dopo le elezioni dove riceve molti voti, Liliana muore di aneurisma. Al suo funerale, nonostante l'ostracismo del parroco, partecipano tutte le donne del paese. Ispirata alla vera vicenda di Liliana Rossi, vissuta ad Ascoli Satriano (FG) e morta a ventiquattro anni, sceneggiata da Domenico Starnone con il regista, la storia è rievocata da Gerardo adulto (M. Placido), divenuto sacerdote. Sarebbe ingiusto attribuire a Placido la dimensione romantica, istintiva, sanguigna (e autobiografica: è nato ad Ascoli S. nel 1946) e a Starnone quella razionale, ideologica, didascalica e dimostrativa del film. Sembra evidente, però, che il racconto soffre di una discrepanza, quasi una discrasia, tra le due dimensioni, le due anime. La si avverte anche all'interno del personaggio principale, ai confini dell'agiografia nonostante la sofferta intensità luminosa dell'interprete. L'indiscutibile impegno civile trova, comunque, espressioni appropriate nel ricorso al cinemascope (Blasco Giurato), nella resa del paesaggio pugliese-lucano, nella grottesca galleria delle figure ottusamente malvagie, nell'afflato epico della sequenza finale. Musiche di Carlo Crivelli.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Coraggioso e irrealista: è questo il grande pregio del bel film di Michele Placido. La storia vera della maestrina comunista (Giovanna Mezzogiorno, toccante) che fa opera di educazione tra i ragazzi e le donne è bellissima ed è già un merito averla riesumata dal silenzio dei libri. Gli Anni 50 lucani che Placido racconta (con appassionata autobiografia) sono complessi e romanzeschi, intrecciano realismo socialista e messa in scena da sacra rappresentazione. Il percorso del ragazzino dall'amore per la maestra alla Chiesa è una sorta di rito purificatorio per la nostra Italia straziata dalle barriere ideologiche. Bravissimi Bentivoglio e Papaleo. Nessuna sorpresa: senza clamori, Placido ha già firmato alcuni fra i film più interessanti degli ultimi anni da Le amiche del cuore a Un eroe borghese.
Autore critica:Piera Detassis
Fonte critica:Ciak
Data critica:

10/1/1998

Critica 3:Può darsi che abbiamo fino ad oggi sottovalutato il cinema di Michele Placido. Del perduto amore potrebbe essere l'occasione per ripensarci. Dopo Pummarò, Le amiche del cuore e Un eroe borghese, dopo'l'immigrazione, le storie private e pubbliche, Placido affronta la storia, il passato, quello pesante e buio della fine degli Anni '50. A Venezia, se ne sono dette e sentite di tutti i colori sul e contro il cinema italiano e ancora una volta, per dirla con la formula canonica e riassuntiva, mancano i vecchi e solidi film medi. E invece eccolo qui un signor film medio come non se ne fanno più e come se ne facevano una volta. Forte, emotivamente gonfio, con tutti i requisiti al posto giusto : dalla regia precisa che sa comporre un'inquadratura e pensa a fare e non a strafare; dalla squadra d'attori in primo piano (Bentivoglio, Rubini, Papaleo...), tutti guidati dalla mano sicura dal capocompagnia, tutti senza una sbavatura (miracolo!), alle tante facce giuste che si scorgono sullo sfondo, a dialoghi e parole che suonano bene. Tutte cose che insieme contribuiscono a dare dell'Italia del dopo guerra i segni (freddi), i dolori (verdastri), il parlato (pugliese), l'atmosfera (chiusa). Perché il film di Placido è questo: la ricostruzione, fatta racconto, dell'Italia di allora, con la maestrina comunista e protofemminista che fa scuola alle bambine del paese del Sud, con il prete, i democristiani, i missini e i socialisti, con un sindaco dc che comincia il comizio presentando moglie e figlie e poi le manda a casa a dormire. Con, in mezzo a loro, una figura che fa da catalizzatore, sbattuta dagli uni agli altri, indecisa: un ragazzo, Gerardo, che diventerà prete. Placido ha coraggio da vendere, non si tira indietro davanti a niente: alla politica, anzitutto, al melodramma, persino alla profezia, con quell'ultimo comizio di Liliana che parla già, prima di morire, come se vivesse e sapesse quello che sarebbe arrivato dieci anni dopo. Ci viene voglia di dirgli sottovoce, che guardando il film a noi è venuto in mente il nome di Giuseppe De Santis. Non si monti la testa, non giochi a fare l'autore. È un raro regista italiano di film medi e nobili. Basta e avanza. Avanti così.
Autore critica:Bruno Fornara
Fonte critica:Film TV
Data critica:

24/9/1998

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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