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Valentin - Valentin

Regia:Alejandro Agresti
Vietato:No
Video:
DVD:Medusa
Genere:Drammatico
Tipologia:Diventare grandi, Giovani in famiglia
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Alejandro Agresti
Sceneggiatura:Alejandro Agresti
Fotografia:Jose' Luis Cajaraville
Musiche:Luis Salinas - Paul M. Van Bruggen
Montaggio:Alejandro Brodersohn
Scenografia:Floris Vos
Costumi:Marisa Urruti
Effetti:
Interpreti:Rodrigo Noya (Valentin), Carmen Maura (Nonna), Jean Pierre Noher (Zio chicche), Alejandro Agresti (Padre), Julieta Cardinali (Leticia), Mex Urtizberea (Rufo), Carlos Goffre' (Dott. Galaburri), Lorenzo Quinteros (Uomo al bar), Marina Glezer (La maestra), Stefano Di Gregorio (Roberto)
Produzione:First Floor Features, Patagonik Film Group, Rwa
Distribuzione:Medusa
Origine:Argentina, Olanda
Anno:2002
Durata:

86'

Trama:

Buenos Aires, anni '60. Valentin è un bambino di nove anni che vive con la nonna da quando la madre lo ha abbandonato. Anche suo padre lo trascura, è un dongiovanni e lo usa solo per attirare l'attenzione delle ragazze. Tra queste c'è Leticia, l'ultima conquista, che diventa buona amica di Valentin. Ma l'unico sogno del bambino è quello di vivere in una famiglia unita.

Critica 1:Valentin è un bambino di 9 anni che vive insieme al padre e alla nonna, che ha perso la voglia di vivere dopo la morte del marito. Con la speranza di ritrovare la madre che l'ha abbandonato all'età di tre anni, insieme al suo amico del cuore decide di voler diventare astronauta. Affronteranno insieme una dura preparazione per un'ipotetica spedizione nello spazio. Il film del regista spagnolo Alejandro Agresti, già autore di Una notte con Sabrina Love e che interpreta il ruolo del padre di Valentin, è un'opera fortemente autobiografica che ci fa vedere attraverso gli enormi occhiali del bambino l'Argentina degli anni ‘60. L'innocenza dello sguardo, il dolore per gli affetti familiari e la solitudine, rotta solo dalla amicizia con un trentenne, anch'esso solingo, sono i valori che consentono al protagonista di comprendere che l'unica soluzione alla comprensione della vita è quella di viverla. Commovente, dolce, emozionante, questo piccolo film di Alejandro Agresti è un gioiellino, uno di quelli che si trovano nascosti fra le centinaia di pizze che circolano nei nostri cinema e che, una volta trovati, provocano un grande piacere.
Autore critica:Mattia Nicoletti
Fonte criticamymovies
Data critica:



Critica 2:Il mondo degli adulti è ipocrita ed autoindulgente. I "grandi" sono autoreferenziali ed hanno una grande considerazione di sé stessi. Così, i bambini si sentono drammaticamente soli di fronte ad una montagna di bugie e a tante ipocrisie. Troppo spesso dimentichiamo che i ragazzi vedono il mondo nella maniera in cui noi glielo mostriamo, attraverso i nostri occhi, sono indifesi al suo confronto e soli nell'affrontare le sue difficoltà enormi. La responsabilità che abbiamo nelle mani quando trattiamo con i giovani, il modo in cui essi vengono allevati, determina tutto il resto della loro vita e la maniera nella quale si relazionano ad essa per sempre. Trasmettendo con superficiale e colpevole leggerezza i nostri problemi ai ragazzi, trasferendo loro ansie e frustrazioni, li danneggiamo spesso irreversibilmente.
La storia di Valentin, un dolce bambino di nove anni che, alla ricerca di amore, di affetto, e di sicurezza, insegue vanamente il sogno di avere una famiglia 'vera'. La mamma ha lasciato la casa quando il bambino aveva solo tre anni: da quel momento Valentin non farà altro che desiderare disperatamente una madre. Egli vive con la nonna, una donna anziana e malata che, con la morte del marito, il nonno del piccolo, ha visto peggiorare di giorno in giorno la sua salute. Il padre di Valentin è un donnaiolo ed usa suo figlio come Cupido, come elemento di attrazione per le giovani donne che corteggia. Ogni volta che porta a casa una nuova fidanzata, il cuore del bambino si infiamma e spera che sia quella definitiva. Ma il padre le lascia tutte: è davvero un personaggio incorreggibile.
Ma quando il papà gli presenta Letizia, Valentin si innamora di lei più dello stesso padre, e nell' entusiasmo e nella sua innocenza, le racconta, ingenuamente, tutto, davvero tutto, di suo padre, rivelandole chi sia egli realmente e provocando in tal modo la fuga precipitosa di questa ennesima donna. Ecco, allora, Valentin ancora una volta solo: il disperato desiderio di formarsi una famiglia sua, come quella dei suoi amici, è di nuovo frustrato. Non gli resta che rifugiarsi nel suo sogno di diventare astronauta, e per realizzarlo inventa un rigido programma di allenamento con la complicità di Rufo, un suo grande amico, con il quale condivide pensieri, progetti e speranze. Il mondo affettivo di Valentin è estremamente vitale, ed anche quando la nonna muore, e lui sembra destinato a restare solo, trova dentro di sé (ed intorno a sé) le risorse per superare anche quel difficilissimo momento.
L'intera storia è raccontata da un bambino in prima persona, ogni cosa è osservata dal suo punto di vista e lo spettatore dipende totalmente da ciò che egli vede, l'intera prospettiva del film è la sua. Rodrigo Noya, il piccolo attore che interpreta Valentin, è molto convincente e commovente, e Carmen Maura, la famosa musa di Almodovar, è una splendida nonna

Una storia autobiografica
Il regista Alejandro Agresti, nato a Buenos Aires nel 1961, è molto popolare nel suo Paese ed è famoso anche a livello internazionale per un gran numero di film che hanno ricevuto numerosi premi (L'ultimo cinema del mondo e Una notte con Sabrina Love). Oltre ad essere regista, è anche scrittore, attore, produttore e direttore di fotografia. In Valentin interpreta il ruolo del padre, il che per lui non è stato facile, perché la vicenda del film è autobiografica, quindi Agresti si è ritrovato a recitare la parte del suo vero genitore, con un bambino che invece interpretava lui stesso a dieci anni. In una specie di catartico gioco di ruoli. I ricordi delle sofferenze passate affioravano numerosi e nel girare una scena in particolare, nella quale doveva scagliarsi contro il figlio (lui stesso da bambino) umiliandolo, il regista scrittore si è sentito, ogni volta che la provava, emotivamente bloccato, ricordando troppo bene quell'episodio della sua infanzia. Gli Anni Sessanta, che sono quelli dell'infanzia di Valentin-Alejandro, fanno da sfondo alla vicenda del film, senza costituirne però il vero soggetto, che resta legato al mondo del piccolo Valentin. Non mancano però alcuni riferimenti 'politici', ad esempio, nella scena (autobiografica) in cui un prete sta tenendo un discorso per commemorare la recente morte di Ernesto Che Guevara (il medico guerrigliero argentino morto in Bolivia nell'ottobre del '67) e i conservatori di destra si alzano ed escono dalla chiesa. Buenos Aires, la città di Agresti, appare nel film in tutto il suo fascino di capitale molto europea, sia architettonicamente che umanamente, visto che la maggior parte degli abitanti provengono, più o meno direttamente, dall'Europa. Ma, soprattutto, il regista voleva raccontare la storia molto particolare di un bambino, su come vede la vita, sulle cose che fa, sui suoi sogni.
A chi gli chiedeva quale fosse il suo stile, egli ha risposto: "Non credo negli stili. Io scrivo semplicemente la storia, tutto il resto, la posizione della camera, la musica, la voce fuori campo, dipende da ciò di cui la storia ha bisogno. Molti registi prima tagliano l'abito e poi cercano la persona per indossarlo, mentre dovrebbe essere il contrario. Prima viene la storia, e poi, segue tutto il resto". Agresti ha più volte dichiarato di sentirsi essenzialmente uno scrittore, perché "La regia impegna molte energie, e ci sono molte persone coinvolte in un film. Anche la distanza tra l'immaginazione che hai in testa e ciò che si può realizzare, spesso è molto grande. Nella scrittura invece si ha molto più controllo. C'è un esercito in te stesso di cui tu sei il solo responsabile e puoi fare ciò che vuoi. Anche se, in definitiva, io amo raccontare storie e il cinema mi dà l'opportunità di raggiungere un vasto pubblico."

L'Argentina e la sua storia
Il territorio che attualmente costituisce la Repubblica Argentina era occupato da diversi popoli originari. La maggior parte della popolazione era nella zona nord-occidentale (sotto l'influenza incaica) e nella zona Guarnì (al confine con il Paraguay e il Brasile) dove si stabilirono le missioni gesuite. Però, fino alla fine dell'Ottocento ci sono state delle zone autonome e praticamente inespugnabili per i colonizzatori. Questi indigeni fecero causa comune con i rivoluzionari creoli contro lo stesso nemico, così, durante le invasioni inglesi dei primi anni dell'Ottocento, offrirono un intero battaglione per combattere contro le forze britanniche. Nel maggio 1810 si costituì il primo governo argentino di stampo anti assolutista, il cui programma era un'applicazione dei principi della Rivoluzione Francese. L'eroe nazione Josè di San Martin costituì un esercito popolare con il progetto di un'America unita e indipendente dal gioco imperialista. Fu una lotta per l'indipendenza ma anche una rivoluzione sociale, con l'abolizione della schiavitù e l'esproprio dei beni dell'oligarchia che controllava il paese, la quale però, dopo avere sconfitto il colonialismo spagnolo, si alleò con il capitale inglese e fece prevalere i propri interessi locali. La grande patria latino-americana che avevano sognato i "Libertadores" si frantumò in venti repubbliche deboli e sottomesse alle decisioni del dominio britannico prima e statunitense poi. Nella seconda metà dell'Ottocento l'oligarchia terriera e i ceti commerciali cittadini, condizionarono ulteriormente l'economia dell'Argentina, legandola alla produzione di materie prime complementari a quelle dell'industria inglese, impedendo l'industrializzazione del Paese, bloccando la crescita di manifatture e condannando alla disoccupazione, quindi alla miseria, vasti strati della popolazione. Nacquero i primi movimenti di resistenza: all'interno del Paese, i "montoneros", che erano "guachos" disoccupati che si sollevavano in armi e combattevano "en monton" cioè "a mucchi". Con il termine gaucho i coloni spagnoli intendevano riferirsi a vagabondi, senza dimora, che vivevano nella "pampa" orientale. Ogni sollevazione popolare venne repressa selvaggiamente. La tortura e la repressione hanno il loro precedente storico in questo periodo.

Dal peronismo alle dittature militari
Contro la frode, la repressione e le dittature, si formarono due movimenti nazionali: l'irigoyenismo (Hipolito Irigoyen, 1916 -1930) e il peronismo (Juan Domingo Peròn, 1945-1955). Essi, sia pure con i loro limiti, incarnarono il consenso e la partecipazione sociale della classe media il primo, e dei lavoratori il secondo. Il peronismo, in particolare, portò avanti una politica di lotta alla povertà e di una più equa distribuzione dei salari. Inoltre stabilì la nazionalizzazione delle risorse di base dell'economia, uno sviluppo dell'industria e del mercato interno e leggi sociali. Nel 1952 i lavoratori ottennero il 48% della ricchezza prodotta dal Paese, mentre oggi ne percepiscono il 16%. Nel 1955 un colpo di stato rovesciò il governo peronista e gli anni che seguirono furono segnati dalla resistenza popolare contro le dittature e i governi filo statunitensi che miravano a distruggere le conquiste sociali e le basi economiche dell'industria nazionale, per riportare il Paese sotto il controllo del capitale straniero. Una caratteristica dei movimenti nazionali rivoluzionari argentini, pur capaci di creare mobilitazione e partecipazione popolari, è il loro distacco dalla sinistra, legata, soprattutto in quel paese a massiccia emigrazione europea, all'ideologia socialista ed anarchica. Inoltre, il movimento nazionale era diviso tra una componente popolare, operaia e rivoluzionaria, e una dirigenza politica propensa alla mediazione e alla negoziazione.

Gli anni più recenti
Anche i governi civili che presero il posto dei militari dal '58 al '66 non riuscirono a venire a capo del contrasto di interessi tra i conservatori e agrari e settori industriali delusi dal mancato intervento del capitale statunitense. Nel 1966 i militari ripresero il potere, per mantenerlo fino al 1973, quando, in una situazione di profonda crisi economica e di ampliamento della guerriglia, fu favorito il ritorno al potere di Peròn, che si trovava in esilio in Spagna. I peronisti vinsero le elezioni e Peròn divenne presidente con a fianco la terza moglie, Isabelita, nominata vicepresidente. Le aspettative miracolistiche vennero totalmente deluse. Morto Peròn nel 1974, per due anni gli successe al potere la moglie, ma il Paese era ormai nel caos economico, sociale e politico. La guerriglia di sinistra e la contro-guerriglia di destra si fronteggiavano con violenza e nel 1976 i militari presero ancora una volta il potere. Ebbe inizio così una feroce azione repressiva, fatta di atroci torture e di violenze spaventose. Trentamila persone sparirono dando luogo al fenomeno dei "desaparecidos". Il colpo di stato della giunta militare capeggiata dal generale Videla fu perpetrato con l'aperta complicità degli Stati Uniti. Per smantellare le precedenti nazionalizzazioni vennero affondate le imprese di stato per favorire una privatizzazione selvaggia, incrementando a dismisura il debito estero. Nel 1982 i militari tentarono la carte del nazionalismo, trascinando il Paese in una guerra con la Gran Bretagna, per la rivendicazione delle isole Faulkland. Fu l'ultimo errore del regime militare che dopo una umiliante sconfitta fu costretto a scendere a patti con tutti i partiti politici coalizzati e ad indire elezioni democratiche nel 1983. Esse furono vinte dal Partito Radicale di Raùl Alfonsin che si trovò a lottare contro una vera catastrofe economica e la perdurante ostilità dei militari. Il difficile ritorno alla democrazia avvenne sotto il controllo degli USA ed è ricordato come il periodo della "democrazia controllata".
L'Argentina oggi
Nel 1989 ad Alfonsin seguì il peronista Menem, che mise in atto una accentuata politica di privatizzazioni e di apertura al commercio internazionale. La politica economica della dollarizzazione ha agganciato la moneta nazionale, il peso, al dollaro: un peso=un dollaro. Fra il '90 e il '96 sono state privatizzate oltre sessanta tra le più grosse imprese pubbliche che sono state acquistate a prezzi di molto inferiori al valore reale da gruppi stranieri, innanzitutto americani e poi spagnoli, francesi, inglesi e italiani. Quasi un quarto del prodotto lordo argentino proviene da investimenti esteri, effettuati in tutte le principali branche dell'economia. I più importanti settori dell'economia argentina sono così passati interamente nelle mani di questi gruppi transnazionali, che però non si sono addossati gli oneri dei debiti delle aziende acquistate. Contemporaneamente il governo ha finanziato la spesa pubblica con crescenti prestiti all'estero. Gli introiti delle privatizzazioni hanno permesso all'inizio di pagare gli interessi, ma, esauriti i fondi, il debito pubblico è aumentato, raggiungendo nel '98 i 110 miliardi di dollari. Il governo Menem è caduto nel 1999, sotto il peso della corruzione e del clientelismo. Gli è seguito quello del radicale Fernando de la Rua. La situazione economica intanto si è ulteriormente aggravata perché gran parte della ricchezza e della liquidità è stata trasferita all'estero. La somma calcolata è di 150 miliardi di dollari, pari all'intero debito estero dello Stato. Quando la crisi è esplosa nel 2001 il peso è stato svalutato e la maggioranza della popolazione ha visto crollare il proprio reddito. La Banca Centrale privatizzata e controllata in maggioranza da gruppi stranieri ha sequestrato i risparmi degli argentini, impedendo a chi aveva effettuato depositi bancari di ritirare i propri soldi. Nel dicembre ci sono stati dei giorni drammatici di saccheggi e repressioni, con morti e feriti. Ad essere colpiti dalla crisi sono stati anche circa quattrocentomila risparmiatori italiani che, attirati da rendimenti che superavano anche il 10%, avevano acquistato titoli pubblici argentini per l'ammontare di oltre dieci miliardi di euro. In seguito a questi fatti drammatici De la Rua ha rimesso il suo mandato e le elettori hanno scelto come nuovo presidente il peronista (di sinistra) Kirchner.
Autore critica:Marina Sambiagio
Fonte critica:Primissima
Data critica:



Critica 3:
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Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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