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Jetée (La) - Jetée (La)

Regia:Chris Marker
Vietato:No
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Fantascienza
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:
Sceneggiatura:Chris Marker
Fotografia:Jean Chiabaud
Musiche:Trevor Duncan e il coro della Cattedrale di St. Alexandre Newsky
Montaggio:Jean Ravel
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Jean Négroni (narratore), Hélène Châtelain, Davos Hanich, Jacques Ledoux, André Heinrich, Jacques Branchu, Pierre Joffroy, Etienne Becker, Philibert Von Lifechitz, Lydia Borowcyk, Janine Klein, Bill Klein
Produzione:Argos Films
Distribuzione:Cineteca di Bologna – Cinemazero
Origine:Francia
Anno:1962
Durata:

28'

Trama:

Della durata approssimativa di 28 minuti, il film è formato totalmente da foto in bianco e nero collegate assieme da dissolvenze e tagli netti. Il regista e sceneggiatore Chris Marker e Jean Havel, addetto al montaggio, hanno realizzato quasi un bombardamento di immagini per l'osservatore accompagnate da una voce narrante fuori campo arrivando quasi ad un effetto ipnotico.
La jetée narra la storia di un uomo anonimo che è ossessionato da un'immagine del proprio passato che è rimasta impressa nella sua mente: una domenica pomeriggio, mentre era all'aeroporto per vedere gli aerei che atterravano e che decollavano rimase folgorato dalla bellezza di un viso di donna. Gli avvenimenti ricordati sono piuttosto confusi, ma più pensa al fatto e più gli sembra di ricordare di aver visto anche un uomo morire.
Nel frattempo il suo mondo presente è distrutto dalla terza guerra mondiale e i sopravvissuti per sfuggire alle radiazioni sono costretti a rifugiarsi sotto terra. Viene fatto prigioniero ed è costretto a subire strani esperimenti. Il fatto è che per i sopravvissuti l'unica speranza è rappresentata dalla possibilità di creare un buco nel flusso temporale attraverso cui ottenere cibo medicine ed energia. Si tenta, cioè, di inviare degli emissari attraverso il tempo (nel passato e nel futuro) proprio per cercare delle soluzioni ai problemi del presente. Il fatto che il protagonista sia ossessionato da quella visione del passato lo rende un soggetto ideale per questo tipo di esperimenti.
Durante le prove di viaggio temporale riesce ad incontrare la donna dei suoi ricordi, frequentandola più volte fino a che i due non si innamorano. Il loro incontro finale avviene in un museo circondati da animali in esposizione.
Il successo dei suoi viaggi nel passato spingono gli scienziati ad inviarlo nel futuro. Qui scopre che la razza umana è tornata a prosperare sulla terra, anche se la società che si è formata è anonima e sterile. Per di più le persone indossano delle strane cose elettroniche sulla fronte. Dal futuro riporta anche uno strumento che permetterà il ripristino dell'industria mondiale. Diventato ormai inutile per i suoi carcerieri viene salvato da emissari del futuro che gli offrono la possibilità di fuggire. Lui chiede di essere riportato nel passato, dalla donna che ama.
Nella scena finale si ritrova in un aeroporto, quello del suo ricordo da bambino, solo che adesso è un adulto, e scopre di lontano la donna amata, nell'avvicinarsi a lei un uomo accanto a lui, un agente dei suoi carcerieri che lo ha seguito nel passato, gli spara. Morendo capisce che l'uomo morente del suo ricordo altri non è che lui stesso.
Il narratore, con calma, afferma che fuggire al tempo è impossibile e con ciò lo schermo diventa di colpo nero.
Una struttura narrativa asciutta e sintetica e soprattutto il fatto che il film sia realizzato interamente di foto immobili rendono il film un classico e un riconoscimento all'aspetto forse più importante della cinematografia: l'immagine singola, costruita e carica di significato.
Il film fu distribuito in Francia nel 1964 in un'unica sala cinematografica, La Pagode, assieme ad altri due corti, A Valparaiso e Corps Profond, ha vinto il Prix Jean Vigo.
Nel 1995 la storia di questa pellicola fu ripresa e trasformata da Terry Gilliam nel film Twelve Monkeys, interpretato da Bruce Willis e Brad Pitt.

Critica 1:26 minuti. Bianco e nero. Niente dialoghi, solo una voce narrante. Solo immagini fisse, una specie di fotoromanzo, se si eccettuano pochi secondi in cui una donna apre gli occhi e ci guarda. E' cinema? Non lo so. Certo è un capolavoro, una gradita aggiunta al canone
più povero di capolavori, quello della fantascienza. Da questo cortometraggio francese del 1962 Terry Gilliam ricavò L'Esercito delle 12 Scimmie, un film più che gradevole ma tutt'altro che epocale, specie ora che lo posso confrontare con il corto del per me sconosciuto Chris Marker.
Uno di quei casi in cui il meno è decisamente più. La storia fantascientifica è essenziale ma permette un'infinità di interpretazioni (…). La bellezza del bianco e nero si riconferma trionfale e la visibile povertà di mezzi si risolve in un trionfo estetico.
Autore critica:Stefano Trucco
Fonte criticacentraldocinema.it
Data critica:



Critica 2:Un’osservazione, per alcuni famosa, di Platner, dice: “Per il nato cieco, il tempo ha la funzione dello spazio”. La jetée di Chris Marker è il film di un cieco poiché i personaggi sono privati dello spazio e tutto si gioca grazie al tempo, per i protagonisti e per lo spettatore. Tutte le scene del film (o quasi tutte) sono delle fotografie filmate a scene fisse. La scena fissa e il modo di essere fisso all’interno di questa scena (o, in Marker, si tratta di fissità integrale) sono una riconquista del cinema moderno; ancora non si sa dove può condurre, sono piuttosto degli esperimenti. E infatti il “fotoromanzo” di Marker passa per un film sperimentale. Offre infatti tutto il repertorio classico dei reali esperimenti (niente in comune quindi con i coraggiosi balbettii che questi tempi ci propongono sotto la stessa etichetta). La jetée è anche, come si dice, science-fiction. Ma il film si collega al nostro presente, non solo perché esce ora, ma per il suo schema. (…)
Si nota come il film pone all’inizio i problemi attuali, ma parlando della nostra epoca come di un ricordo. Marker descrive la difficoltà di comunicare, i rapporti spazio-tempo-movimento, l’Incontro, il nulla, problemi la cui urgenza ci tocca, come se si trattasse di processi già compiuti, che permettono l’insediamento del futuro. Bisognerebbe forse parlare piuttosto di una critica della fantascienza, perché è un problema dell’epoca attuale vista in flashback in un’opera che sembra collocarsi nel futuro e che tratta del futuro di questo futuro.
E non è solo qui l’interesse, diciamo teorico, di La jetée. Alla fine, le opere hanno un valore se sono belle: è sufficiente intendersi su questa bellezza. Quello che è bello, qui, è che abbiamo a che fare con un film sentimentale fatto da un intellettuale: i sentimenti sono presenti in secondo piano. Avveniristico o no, è un film d’amore sui ricordi e un film di ricordi sull’amore: La parte del ricordo è la fotografia, questi frammenti fissi che sono sopravvissuti (Cortázar, al quale si pensa quando si vede La jetée, scriveva: “Un modo, tra i molti, di combattere il nulla, è quello di fare delle fotografie”). La parte dell’amore, è la bellezza di un viso e delle sue espressioni, si guarda con tale attenzione questo volto che questo si scosta bruscamente: gli occhi, la bocca si muovono. E se gli animali di un museo di storia naturale sembrano rivivere, i piccioni su una piazza sembrano impagliati. La morte e la vita sono là, come per sbaglio. La bellezza così commovente degli incontri dell’uomo e della donna, nel punto di intersezione della memoria e del sogno, è il punto centrale del film. E mi piace che questa bellezza sia controllata da un inquietante saggio.
Autore critica:F.W.
Fonte critica:Cahiers du Cinéman. 146
Data critica:

1963

Critica 3:Il racconto è di una perfetta semplicità, classico per un lettore di fantascienza. In una Parigi devastata dal futuro, degli uomini, nascosti in alcune grotte, sperimentano su prigionieri di guerra dei sistemi che permetteranno loro di viaggiare nel tempo. Si tratta di allenarsi viaggiando dapprima nel passato: bisogna quindi trovare una “cavia” che abbia nella memoria un ricordo particolarmente vivo, che gli servirà come punto di riferimento. Il soggetto scelto ha visto, prima della guerra, quand’era bambino, sulla grande terrazza dell’aeroporto di Orly, una ragazza con un viso meraviglioso, e un uomo che improvvisamente muore ai suoi piedi. È di questo ricordo che sarà utilizzato come punto di riferimento; lunghi e pazienti esperimenti lo proiettano nel passato, verso. questa fanciulla che ama, che incontra anche in periodi di tempo sempre più lunghi, sempre interrotti dal ritorno al presente, ai suoi cavalletti e alle sue droghe. Quando ha sufficientemente incontrato la donna, ed è sicuro del reciproco amore, viene interrotto l’esperimento: è pronto per il viaggio nel futuro, Nel futuro trova aiuto: gli uomini dell’avvenire gli offrono una fonte di energia che egli porta via con sé. Diventato inutile sta per essere liquidato; ma gli esseri del futuro (possono viaggiare anch’essi nel tempo) gli propongono di unirsi a loro. Lui rifiuta; vuole ritrovare la donna che ama. Viene esaudito, ed è proiettato sulla terrazza di Orly dove corre verso la donna; ma è inseguito dai suoi carcerieri e viene ucciso sotto gli occhi terrorizzati di un bimbo che è lui stesso. (…)
Autore critica:P.L. Thirard
Fonte critica:Positif n. 64-65
Data critica:

1964

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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