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Corri ragazzo corri - Lauf Junge lauf

Regia:Pepe Danquart
Vietato:No
Video:
DVD:Cecchi Gori
Genere:Drammatico
Tipologia:Diritti dei minori, Diritti Umani - La libertà, Diventare grandi, La guerra, La memoria del XX secolo, Razzismo e antirazzismo
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori
Soggetto:dal romanzo di Uri Orlev
Sceneggiatura:Heinrich Hadding
Fotografia:Daniel Gottschalk
Musiche:Stéphane Moucha
Montaggio:Richard Marizy
Scenografia:Matthias Müsse
Costumi: Gioia Raspé
Effetti:Manfred Büttner
Interpreti:Andrzej Tkacz - Skrulik/Jurek, Jeanette Hain - Sig.ra Herman, Rainer Bock - Ufficiale SS, Itay Tiran - Mosche Frenkiel, Katarzyna Bargielowska - Riwa Fridman, Zbigniew Zamachowski - Hersch Fridman, Elisabeth Duda - Magda Janczyk, Olgierd Lukaszewicz - Dott. Zurawski, Przemyslaw Sadowski - Grzegorz Kowalski, Miroslaw Baka - Mateusz Wróbel,Aldona Struzik - Suor Aldona, Lukasz Gajdzis - Pawel, Grazyna Szapolowska - Ewa Staniak,Krzysztof Porowski - Awrum, Franciszek Wielkoszynski - Schleme, Szymon Kurylo -Joselelcek, Jacek Wojciechowski - Icek, Filip Witkowski - Lejbele, Julia Stachowicz - Sofia
Produzione:Pepe Danquart, Susa Kusche, Uwe Spiller per Bittersuess Pictures, Ciné-Sud Promotion, A Company Filmproduktionsgesellschaft, B.A. Produktion, Quintefilm
Distribuzione:Luky Red
Origine:Germania-Francia
Anno:2013
Durata:

108

Trama:

Polonia, 1942. Jurek ha circa 9 anni ed è fuggito dal ghetto di Varsavia. Povero, affamato e senza protezione, ma spinto da un incredibile spirito di sopravvivenza e dall'ultima promessa fatta a suo padre, il bambino troverà riparo tra le foreste o nelle case dei contadini che lo accoglieranno e lo aiuteranno. Allo stesso tempo, però, si troverà esposto ai pericoli cui la sua condizione di ebreo lo sottopone. Per questo, infatti, sarà via via costretto a dimenticare il suo passato, a cancellare i ricordi di sua madre, del suo paese e della sua infanzia, così come i continui addii del presente. Ispirato alla storia vera di Yoram Fridman.

Critica 1:Jurek ha quasi nove anni quando trova il coraggio per fuggire dal ghetto di Varsavia. Per salvarsi dai nazisti si lascia alle spalle i fratelli e i genitori: è l’inverno 1942 e per il ragazzino comincia un durissimo periodo che è obbligato a trascorrere soprattutto nascosto nei boschi. Esce allo scoperto solo quando deve chiedere ospitalità, ricambiandola con il lavoro nei campi. Nel suo disperato girovagare, Jurek incontra persone buone e caritatevoli che lo aiutano e altre che lo trattano da nemico. In una occasione si frattura la mano nell’aratro, il chirurgo in ospedale si rifiuta di operarlo perché ebreo e Jurek resta col braccio destro amputato. Non perde tuttavia la forza per andare avanti e arriva alla primavera del 1945 quando si profila la fine della guerra.
C’è un romanzo come punto di partenza di questo Corri ragazzo corri che Uri Orlev ha scritto, ispirandosi alla storia vera di Yoram Fridman e Pepe Danquart ha diretto “con lo spirito di un racconto di avventura, la storia di un ragazzino costretto a crescere molto in fretta per poter sopravvivere, ma che in fondo resta un bambino”.
Girato con cura, con un taglio di immagini che fonde bene realismo e immaginazione, il racconto si snoda lungo una dinamica drammaturgica intensa e commovente, capace di far emergere le numerose sfumature del dolore attraverso cui passa l’adolescente Jurek. Che, per sopravvivere, nasconde l’essere ebreo a favore della aderenza alla religione cattolica. Il dato spirituale è inserito con delicatezza e equilibrio all’interno della trama e degli aspri scenari di sofferenza e privazioni.
Ne deriva un prodotto di qualità che si propone come esempio della possibilità di raccontare l’evento Olocausto non più legato al periodo storico ma in forma più universale, luogo della terribile presenza del Male nella Storia e nel mondo. Ad interpretare con sensibilità il ruolo di Jurek ci sono Andrzej e Kamil Tkacz.
Nel finale appare il vero Friedman com’è oggi (79 anni), in Israele con la famiglia.
Autore critica:Massimo Giraldi
Fonte criticacinematografo.it
Data critica:



Critica 2:“Dimentica il tuo nome, ma non dimenticare mai che sei ebreo!”. Oggi Yoram Friedman ha 79 anni e vive con la sua famiglia in Israele, ma non può cancellare dalla sua mente quei due anni passati come un nomade tra le foreste della Polonia, all’età di nove anni. Nel 1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, è costretto a lasciare il suo villaggio vicino Varsavia, separandosi dai fratelli e dai genitori per la propria sopravvivenza, nel tentativo di fuggire alle truppe naziste.
Ha raccontato la sua storia lo scrittore israeliano Uri Orlev in un romanzo che racconta quella storia di coraggio e resistenza. Il regista Pepe Danquart ha scelto di adattarla per il grande schermo realizzando il film Corri Ragazzo Corri (...). Il piccolo Srulik, che poi prende il nome di Jurek Staniak per non farsi riconoscere come ebreo, è interpretato dal giovane attore Andrzej Tkacz. Vive in continua fuga tra gli alberi, resistendo alle insidie dei boschi innevati e gelidi. Caccia per nutrirsi e bussa alla porta delle varie fattorie cercando ospitalità in cambio di piccoli lavori di manodopera. “Non si tratta solo degli “Schindler” o dei “John Rabe”, ma anche di semplici contadini anonimi che aiutarono un ragazzino ebreo a sopravvivere alla foresta” ha dichiarato il regista tedesco, premio Oscar nel 1994 con il suo cortometraggio sul razzismo, Schwarzfahrer.
A differenza dei numerosi film che hanno presentato queste tristi e violente pagine della storia, Corri Ragazzo Corri propone un punto di vista nuovo, la Shoah vista con gli occhi di un bambino, che mette alla prova se stesso e la propria resistenza, respingendo la sua vera identità e reinventandosi come un piccolo orfano cattolico polacco. La tragedia dell’Olocausto sembra ancora più tragica se si affronta nell’età dell’infanzia. Il regista segue senza sosta il piccolo Andrzej nei panni di Jurek, che si rivela la guida univoca di una storia di formazione, un’avventura esistenziale in cui il protagonista non perde mai la speranza e la fiducia nel prossimo. Sul suo cammino incontra brave persone che lo accolgono in casa, ma altri sono crudeli e diffidenti, e lo denunciano ai violenti ufficiali della Gestapo, alla continua ricerca di ebrei da sacrificare. Il racconto intorno al quale si costruisce il film si eleva a documento storico, sullo stile del Diario di Anna Frank.
“Questa è la storia di quanti riuscirono ad elevarsi al di sopra delle uccisioni sistematiche di uomini e donne che, rischiando la loro vita, aiutarono coloro che altrimenti non sarebbero sopravvissuti” ha aggiunto il regista in un’intervista. I dolori e le brutalità della guerra restano sullo sfondo, mentre l’azione è limitata alle avventure di Jurek, che affronta sfide immani per la sua età. Scene suggestive si susseguono accompagnate da una colonna sonora poetica e romantica, che non tradisce le emozioni. L’attenzione è tutta sul piccolo protagonista, che regala espressioni sincere ed estremamente verosimili. La fuga incessante verso la libertà è rotta dai suoi continui incubi, nei quali riecheggiano i suoni, le luci e le immagini del ghetto abbandonato e i ricordi della sua famiglia, che lo spingono a non arrendersi, perfino nei momenti più drammatici. Una memoria che non si spezza quella di Jurek e di tanti altri perseguitati di guerra, per ricordare e non dimenticare, non solo il dolore e le prove della malvagità umana, ma anche una stoica solidarietà.
Autore critica:Letizia Rogolino
Fonte critica:ilfattoquotidiano.it
Data critica:

23/1/2015

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



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