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Banchetto di nozze (Il) - Hsi Yen

Regia:Ang Lee
Vietato:No
Video:20th Century Fox Home Entertainment
DVD:
Genere:Commedia
Tipologia:Le diversità, Minoranze etniche
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Ang Lee, Neil Peng, James Schamus
Sceneggiatura:Ang Lee, Neil Peng, James Schamus
Fotografia:Jong Lin
Musiche:Mader e musiche da "Madama Butterfly" di Giacomo Puccini
Montaggio:Tim Squyres
Scenografia:Steve Rosenzweig
Costumi:Michael Clancy
Effetti:
Interpreti:Winston Chao (Wai-Tung Gao), Mitchell Lichtenstein (Simon), May Chin (Wei-Wie), Gua Ah-Leh (Mrs. Gao), Sihung Lung (Mr. Gao), Dion Birney (Andrew), Paul Chen (ospite), Michael Gaston (Giudice di pace), Yung-The Hsu (Bob Law), Eddie Johns (Haskell), Jeanne Kuo Chang (segretaria di Wai-Tung), John Natan (Joe), Patricia Sullivan (Mariane)
Produzione:Ted Hope - James Schamus - Ang Lee - Central Motionpict
Distribuzione:Lucky Red
Origine:Taiwan - Usa
Anno:1993
Durata:

110'

Trama:

Wai-Tung Gao ce l'ha fatta in America: è un imprenditore immobiliare di successo; ha un conto in banca notevole; una casa elegante a Manhattan, che divide con il suo amante Simon, la cittadinanza americana e diecimila miglia che lo dividono dai suoi genitori a Taiwan, genitori che si meravigliano del fatto che ancora non si sia sposato. Simon avverte una tensione interiore che tormenta Wai-Tung ogni volta che ha a che fare con i suoi vecchi genitori all'estero, e propone una soluzione: sposare Wei-Wei, una giovane artista cinese molto graziosa, che occupa illegalmente in subaffitto uno degli appartamenti di Wai-Tung a Soho. La ragazza è indietro nei pagamenti delle rette dell'affitto e ha un bisogno disperato di un permesso di soggiorno negli Stati Uniti. Viene concluso l'affare: Wei-Wei si trasferisce da lui e si studiano reciprocamente per gli inevitabili colloqui per l'immigrazione. Ma Wai-Tung non immagina nemmeno che i suoi genitori si sarebbero messi in testa di volare in America per il suo matrimonio ... Con l'arrivo della signora e del signor Gao, ciò che è cominciato come una piccola bugia, diventa una grande farsa. E presto quella che doveva essere una semplice cerimonia in Municipio si trasforma in un sontuoso banchetto di nozze. Con la casa affollata di una miriade di gente, ogni personaggio comincia a cambiare: a Wei-Wei cominciano a piacere i suoi nuovi suoceri, che la colmano di regali costosi e di cimeli di famiglia; Simon, come un compagno di stanza che presto dovrà trasferirsi, si trova come un perfetto estraneo nell'ambiente; e in Wai-Tung, circondato da ogni parte, aumenta sempre più la tensione. Il banchetto di nozze ben presto si trasforma in una festa di allegri ubriachi, che culmina nella stanza di albergo degli sposini, dove Wei-Wei, sotto l'effetto del vino, ha uno slancio amoroso per il suo bel marito ...

Critica 1:Giovane cinese omosessuale che ha fatto carriera a New York finge di sposare una compatriota pittrice che ha bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno per mettere il cuore in pace ai genitori ai quali non ha mai confessato di essere gay. Secondo film di A. Lee (1954), taiwanese cresciuto negli USA, è una commedia degli equivoci che concilia la gravità dei temi con la leggerezza del tocco, l'umorismo, il distacco ironico, l'affetto per i personaggi, la voglia di divertire e il rifiuto degli espedienti facili. Orso d'oro a Berlino 1993.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) Ang Lee si era già presentato Berlino '92 con Tui Shou/PushinHands che, dicono le cronache (…), costituiva un tentativo, pur non completamente riuscito, di descrivere l'incontro/scontro tra le due culturesotto forma di un laborioso sforzo d'integrazione da parte di un vecchio - Sihung Lung, lo stesso attore
che qui interpreta il ruolo del padre - nella società americana; il confronto obbligato tra tradizione e modernità veniva quindi posto sottintendendo una sorta di subalternità della prima rispetto alla seconda. In effetti, ne Il banchetto di nozze, il ventaglio di contrapposizioni che la vicenda tematizza conferma l'impressione che l'atteggiamento di Lee rispetto ai valori originari, che in ultima analisi rappresentano sempre una presenza forte in questo tipo di operazioni, sia piuttosto orientato nel senso di una benevola e affettuosa "comprensione". Come a dire che, in particolare per i taiwanesi d'America, visioni del mondo e modelli sociali vincenti non potranno essere se non quelli occidentali.
La struttura narrativa che Lee adotta nella prima parte del film ricalca con una certa diligenza i tipici schemi della commedia degli equivoci: Wai Tung, yuppie d'assalto nel ramo immobiliare (nel Grande Paese le possibilità sono sempre illimitate) se ne sta felice e contento col suo boy-friend (nel Grande Paese le differenze sessuali sono accettate e tollerate), ma mamma e papà, laggiù a Taiwan, si chiedono perché mai il rampollo sia ancora celibe, e la cosa comincia a diventare un problema. Bisognerà quindi recitare a soggetto per non spezzare loro il cuore (quello del pare già non funziona troppo bene...), ed è lo stesso fidanzato - Mitchell Lichtenstein, già gay nel sestetto dell'altmaniano Streamers - ad avere la pensata giusta: con un finto matrimonio si prenderebbero i canonici due piccioni con la stessa fava, dato che la promessa sposa metterebbe comunque le mani sulla sospirata green card (meglio fare la fame nel Grande Paese che ritornarsene a casa, specialmente se questa è la Cina continentale). Ma i genitori non vogliono mancare al grande evento, e decidono di piombare personalmente a Brooklyn per sistemare le cose: guai in vista... Gli ingredienti per la comedy, con le variazioni e le attualizzazioni del caso, ci sono tutti.
Date le premesse, non è difficile immaginare quale indigesto boccone avrebbe potuto venir fuori da un loro malaccorto dosaggio: fortunatamente Lee possiede una discreta sensibilità per i tempi della commedia e per le accelerazioni di ritmo, e impedisce al film di sbracare trasformandosi nella più prevedibile delle farse. Oltre a ciò, riesce a far affiorare un rispetto e un affetto per i propri personaggi che fanno sì che questi non si riducano a pure funzioni (o, peggio, a macchiette), anche se il pervicace attaccamento dei vecchi genitori alle usanze e ai comportamenti tradizionali la dice lunga su come il regista tenga a dimostrare una certa presa di distanza nei confronti di quel mondo. In ogni caso la lunga sequenza centrale del banchetto, che conclude il primo "atto" del film, riesce davvero a essere «... un piccolo trattato... sull'idea orientale di tradizione e trasgressione di fronte a una festa laica, rafforzato dalla presenza degli sguardi diversi degli occidentali» (Fabrizio Grosoli in «Cineforum» 322, marzo 1993, p. 16). La sensazione, tuttavia, è che giunti a questo punto gli spunti finora messi in gioco abbiano esaurito la loro propulsione, e che di lì in poi ci si debba aspettare una piega diversa, col probabile smascheramento di tutte le manovre messe segretamente in atto. Meno prevedibile, però, è che ciò assuma la fisionomia di un vero e proprio crescendo drammatico, che vira bruscamente la vicenda dei cinque personaggi in un clima tra psicodramma e melo familiare.
La conversione è così repentina da apparire dettata più dalla volontà di giungere a un dénouement, per così dire, "serio", che non da una precisa evoluzione della sceneggiatura: un cedimento, che peraltro i toni soursweet del finale (la rassegnazione della madre di fronte alla "verità" ormai venuta a galla, l'ostinata volontà di ognuno di tenerla celata alla silenziosa ma consapevole riservatezza del padre, la rinuncia all'aborto, ecc.) riescono a rendere persino più appetibile per il pubblico internazionale al quale Il banchetto di nozze puntava apertamente fin dall'inizio. Con buoni risultati anche sul piano dei riconoscimenti "ufficiali", a quanto sembra, visto che il film si è portato a casa l'Orso d'oro - ex-aequo con l'altro cinese Xian Hunnü di Xie Fei - alla Berlinale '93, trovando anche immediatamente acquirenti un po' dappertutto in Europa. Architettando quindi gli snodi della narrazione con un'abilità a tratti prossima a una smaliziata astuzia (assimilata senza dubbio durante i propri soggiorni di studio in America), Ang Lee si muove con evidenti agio nel microcosmo che più conosce e frequenta, quello della sua comunità.
Preoccupato di far trapelare le proprie considerazioni sul clash of cultures - e sulle sue ripercussioni sull'identità, che è l'asse centrali del film e sul quale torna esplicita mente in ogni sua dichiarazione - il regista ne concentra i motivi su personaggio di Wai Tung, che finisce però per emergerne caricato da una problematizzazione a tratti perfino eccessiva. La celebrazioni del rito tradizionale, fortemente voIuta dai genitori, e tutto il patrimonio simbolico ad essa connesso (la calligrafia, la cucina, gli scongiuri propiziatori, ...) sono manifestazioni della profondità delle radici de gruppo a cui appartiene, e l'inatteso sviluppo degli eventi lo costringi a non più eludere (o rimuovere) l'interrogativo fondamentale: cioè se i quanto tutto questo abbia ancora un senso per la sua vita. O se, in altre parole, la frattura generazionale e culturale che separa le sue due "anime" possa in qualche modo essere suturata. La parabola del film pare negare questa ipotesi, anche se il brusco attrito tra apparenze e realtà - che coincide anche, come s è visto, col doppio registro narrativo utilizzato - favorisce in Wa Tung il raggiungimento di una nuova consapevolezza. Le implicazioni contenute nell'intreccio de Il banchetto di nozze non finiscono qui, ma appaiono talora viziate da una certa artificiosità: l'unione di Wai Tun e Wei Wei, ad esempio, allude all'ideale, ma di fatto appunto "impossibile", riunificazione delle due Cine, e un'ulteriore complicazione è introdotta dai riferimenti al passato militare del padre dello sposo" e al massacro della sua famiglia durante la guerra civile degli anni '40. Quanto a tutto il sottotesto di carattere (omo)sessuale, esso è innegabilmente in grado di generare tutte le ambiguità di cui vive la commedia, ma si risolve poi nelle seconda parte in una storia di gelosie, di rivalse e di maternità possibili/impossibili (a proposito, a un certo punto si teme addirittura una "conversione" del gay Wai Tung... che alla fin fine non toglie e non aggiunge autentica sostanza al racconto. Voglio dire che l’”inconfessabile" omosessualità di Wai Tung muove effettivamente la dinamica del plot, ma diviene (paradossalmente, se si pensa allo spazio che vi occupa) semplicemente uno dei tanti non-detti, il più macroscopico mi non necessariamente il più importante, che il figlio ha con i genitori e con se stesso. In più, la sua condizione di gay non pare pregiudicare più di tanto la felicità di Wai Tung nel nuovo contesto sociale che lo ospita, e d'altro canto non credo che essa presenti una difficoltà di accettazione, da parte degli anziani, tanto differente da quanto si potrebbe verificare in qualsiasi altra parte del mondo (o in qualsiasi altro film del genere).
Perciò, non è su questo versante che Il banchetto di nozze spende, mi pare, le carte migliori: Ang Lee non dispone certo, per ora, dell'ampiezza di respiro che caratterizza l'opera di un Hou Hsiao Hsien o di un Edward Yang (che peraltro si muovono in universi poetici profondamente diversi dai suoi), ma va sicuramente accreditato di un'agilità di racconto e di una discrezione nel trattare le classiche "questioni scabrose" che potrebbero anche rivelarsi di qualche interesse. A patto, magari, che il ragazzo finisca per farsi un po' meno furbo...
Autore critica:Marco Borroni
Fonte critica:Cineforum n. 330
Data critica:

12/1993

Critica 3:
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