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Giungla d'asfalto - Asphalt Jungle (The)

Regia:John Huston
Vietato:No
Video:Mgm Home Entertainment
DVD:
Genere:Drammatico - Noir
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal libro "La giungla d'asfalto" di W.R. Burnett
Sceneggiatura:John Huston, Ben Maddow
Fotografia:Harold Rosson
Musiche:Miklos Rozsa
Montaggio:George Boemler
Scenografia:Randal Duell, Cedric Gibbons
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Sterling Hayden (Dix Handley), Louis Calhern (Alonzo D. Emmerich), Jean Hagen (Doll Conovan),
James Whitmore (Gus Minissi), Sam Jaffe ("Doc"), Anthony Caruso (Louis Ciavelli), Teresa Celli (Maria Ciavelli), Brad Dexter (Bob Brannom), Gene Evans (Poliziotto), Barry Kelley (Dietrich), Marc Lawrence (Cobby), John Maxwell (Dr. Swanson), John McIntire (Commisario Hardy), Marilyn Monroe (Angela Phinlay), Dorothy Tree (May Emmerich)
Produzione:Metro Goldwyn Mayer
Distribuzione:Istituto Luce
Origine:Usa
Anno:1950
Durata:

112'

Trama:

Una giungla d'asfalto è la grande città, nei cui bassifondi si sfrena la lotta per la conquista dell'oro, della ricchezza. Doc, ladro in guanti gialli, ha studiato, negli ozi del carcere dove scontava la pena inflittagli, un astuto piano per impadronirsi d'una partita di gioielli, custodita nella cassaforte di una gioielleria. Uscito di prigione, prende contatto con Alonzo Emmerich, losco avvocato e raffinato gaudente, che gli procura i denari necessari all'esecuzione del piano, prendendoli a prestito da uno strozzino, Cobby. L'operazione è condotta con molta abilità, ma un colpo di pistola, sparato da un guardiano notturno, uccide Ciavelli, il principale esecutore. La divisione del bottino provoca una sparatoria tra i componenti la banda: un altro bandito resta ucciso, un terzo, Handley, viene ferito. Infine Doc affida ad Emmerich l'incarico di trattare la cessione dei gioielli alla compagnia presso la quale sono assicurati. Fermato dalla polizia e sospettato di complicità, Emmerich si uccide, mentre lo strozzino, arrestato, confessa. La polizia dà la caccia agli ultimi due: Doc fugge, ma, riconosciuto durante la fuga, viene catturato. Handley è costretto a farsi medicare la ferita; riconosciuto dal medico, fugge e muore dissanguato.

Critica 1:Da un romanzo (1949) di W.R. Burnett: cronaca di un colpo a una gioielleria, scientificamente preparato e perfettamente realizzato. I rapporti si guastano nella divisione del bottino. Uno dei migliori film di J. Huston e il capostipite del sottogenere del "colpo grosso" che, per virtù di stile e approfondimento dei personaggi, ha la forza di una complessa allegoria morale, radicata nel costume americano, sfuggendo alle convenzioni del genere: non c'è un traditore, non una divisione manichea tra buoni e cattivi. Memorabile galleria di personaggi.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) Per la prima volta in Giungla d’asfalto, come vent’anni dopo farà in Fat City, Huston riesce ad avvicinare, senza residui né scorie, il suo stile – quello stile il cui ritmo, secondo Agee, è potente ma irregolare come il ritmo della buona prosa piuttosto che quello dei buoni versi – a quello del codice civile, così caro a Stendhal. Giungla d’asfalto è diventato il modello, se non il prototipo, di una lunga serie di film, non soltanto americani, che descrivono una robbery, un hold-up, un colpo grosso. Dice Huston che i registi fanno quasi sempre uno sbaglio: danno troppa importanza al colpo, e dimenticano i personaggi. In questo film senza stars la struttura drammatica non privilegia alcun personaggio in particolare e sfugge alle convenzioni del genere: non c’è un traditore, non una divisione manichea tra buoni e cattivi. È una galleria di personaggi che, pur dislocati in una gerarchia di varia importanza narrativa, sono tutti definiti con la medesima forza nella prima parte del film, attraverso una catena di scene brevi e incisive che si susseguono a ritmo rapido, ricche di particolari significativi (gesti, frasi, comportamenti) cossiché lo spettatore ha imparato a conoscerli quando comincia la lunga sequenza del colpo alla gioielleria. Allora, d’improvviso, il film cambia marcia: il ritmo spedito e teso s’allenta, e s’entra in un altro universo, dominato dalla realtà dinamica degli oggetti inanimati. Sia pure in una situazione e in un ambiente diversi, soltanto un altro regista ha saputo mettere in immagini altrettanto suggestive e drammatiche un confronto fisico fra l’uomo e gli oggetti, il Becker di Il buco (1959). Sulla loro scia si è messo il Siegel di Fuga da Alcatraz (1979). Pochi film del genere gangsteristico possono vantare una galleria così ricca di personaggi come Giungla d’asfalto: Doc Riedenschneider (Sam Jaffe) che ha preparato il piano del colpo in sette anni di carcere: astuto, sensuale, fatalista, ha una concezione del lavoro da tedesco perfezionista e metodico e sa valutare un uomo alla prima occhiata; Cobby (Marc Lawrence), l’allibratore che, volendo salire di categoria nel mondo della malavita, anticipa una parte dei fondi e suda alla vista del denaro; Gus Minissi (James Withmore), barista gobbo che ama i gatti e crede nell’amicizia; Ciavelli (Anthony Caruso), specialista in casseforti che, terminato il lavoro, ritorna nell’intimità della sua famiglia numerosa di italo-americano; Dix Handley (Sterling Hayden), uomo di mano e di pistola, rozzo gigante dall’abito losco e dallo sguardo di sradicato, un po’ spregiato dai compagni professionisti che lo considerano un male necessario: pensa alle praterie e ai cavalli del Kentucky come in un sogno di innocenza prenatale; Alonzo D. Emmerich (Louis Calhern), avvocato equivoco sull’orlo della bancarotta, i cui occhi astuti e la bocca molle smentiscono l’appiombo signorile delle belle maniere: è il personaggio che fa da cerniera tra i due mondi, quello della malavita e quello della legalità. Le due donne, infine: Doll Conovan (Jean Hagen), ballerinetta umiliata di tenera volgarità che cerca a tastoni una sigaretta stropicciata, ridacchia nervosamente mentre si toglie le sopracciglia finte e s’aggrappa, con devozione appiccicosa, al primitivo Dix in cui riconosce, d’istinto, un perdente come lei; Angela (Marilyn Monroe, di cui Huston fu il Pigmalione; nei cinque film precedenti aveva fatto trascurabili comparsate), gattina di lusso, Lolita cresciuta, piccola nazista del sesso, inguainata in pantaloni eccitanti. Al finale – Dix Handley ferito che, sorretto da Dolly, va a morire in un prato del natio Kentucky, tra un gruppo di stalloni liberi che, come si legge nella sceneggiatura, “l’osservano con infinita pazienza” – s’è rimproverato di essere un espediente troppo poetico, in contraddizione con l’asciutto cronachismo del film, e di indulgere a una romantica idealizzazione dell’eroe criminale. Della stessa natura sono le rampogne rivolte a Burnett, accusato di essere un po’ troppo sentimentale verso i suoi personaggi fuorilegge. “Non è vero – replica Huston –. Conosce questo genere di personaggi così bene che prova amicizia per loro. Burnett è insuperabile sull’ambiente della malavita. Il genio di Burnett, quello che mi colpisce ogni volta che leggo uno dei suoi libri, quelli buoni, è il modo prodigioso con cui sa rendere la realtà dei personaggi e degli oggetti. Pochi scrittori sanno far passare nelle loro opere un tal grado di realtà, con l’eccezione saltuaria di Hemingway. Non è un sentimentale; ama i suoi personaggi in segreto”.
Autore critica:Morando Morandini
Fonte critica:John Huston, Il Castoro cinema
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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