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Colore della menzogna (Il) - Au coeur du mensogne

Regia:Claude Chabrol
Vietato:No
Video:MK2
DVD:
Genere:Giallo
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Aurore Chabrol
Sceneggiatura:Odile Barski, Claude Chabrol
Fotografia:Eduardo Serra
Musiche:Matthieu Chabrol
Montaggio:Monique Fardoulis
Scenografia:Françoise Benoît Fresco
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Sandrine Bonnaire (Viviane Sterne), Valeria Bruni Tedeschi (Frederique Lesage), Antoine De Caunes (Germain-Roland Desmot), Jacques Gamblin (Rene' Sterne), Pierre Martot (Regis Marchal), Bulle Ogier (Yvelyne Bordier), Adrien Pauly (Anna), Noel Simsolo (Bordier), Bernard Verley (Loudun)
Produzione:Marin Karmitz
Distribuzione:Bim - Columbia Tristar Films
Origine:Francia
Anno:1998
Durata:

108’

Trama:

Vicino a Saint Malò, in Bretagna, viene ritrovata strangolata una bambina di dieci anni Eloise. Frédérique, il commissario, punta i sospetti soprattutto su René, insegnante di disegno e pittore fuori dal mercato. René, che è ridotto a dare lezioni private e a fare opere su ordinazione, è in fase di isolamento e depressione. Solo la moglie Viviane cerca di farlo restare aggrappato alla vita sociale e ai contatti con gli altri. Un giorno arriva in paese per seguire il caso Germain, giornalista molto popolare e di forte personalità. Germain corteggia Viviane, che un po' rifiuta un po' accetta. Dopo che Germain una sera ha cenato con i due coniugi, René lo riaccompagna a casa, e il giorno dopo Germain viene trovato morto. Viviane sospetta inevitabilmente di René. Intanto il commissario ha scoperto che l'assassino della piccola Eloise è un antiquario molto noto in paese. Sollevato dall'accusa, René va poi al commissariato, dove incontra un amico che confessa di essere stato nella casa di Germain la notte in cui è morto. Completamente prosciolto da ogni sospetto, René adesso ha bisogno di parlare con la moglie. Viviane lo ascolta, sapendo che forse il marito da quel momento potrà tornare ad essere quello di prima.

Critica 1:Un giallo puntellato da due debolezze umane: le bugie e le illusioni. In Bretagna, un doppio omicidio (una bambina e uno scrittore) paralizza un paese e fa esplodere la crisi matrimoniale tra un'infermiera (Sandrine Bonnaire) e un pittore deluso (Jacques Gamblin), su cui cadono i sospetti dell'investigatrice (Valeria Bruni Tedeschi). Chabrol inconfondibile: la vita di provincia, il mare in tempesta, l'impotenza emotiva, gli spostamenti progressivi dei desideri contano più del a soluzione del caso.
Autore critica:Silvio Danese
Fonte criticaIl Giorno
Data critica:

5/6/1999

Critica 2:Si può sempre raccontare che Il colore della menzogna di Claude Chabrol è un apologo sul cinema, oppure una sottile riflessione sull’inesistenza della verità, oppure un esame dell’analogia tra calunnia e integralismo. In realtà è un bel giallo classico francese alla Simenon, con tutte le sue caratteristiche: una piccola città (Saint Malo in Bretagna), un paesaggio aspro e nebbioso, bellissimo e già di per sé misterioso; un poliziotto anomalo (l’ispettore di polizia Valeria Bruni Tedeschi) che usa l’intuito e l’analisi sociopsicologica più che l’azione); una celebrità locale (il seducente scrittore di successo, idolo dei talk show televisivi); l’addensarsi delle ipotesi e dei pettegolezzi su un personaggio segnato (pittore e insegnante di disegno, claudicante, non nato nel paese). Alcuni ragazzini trovano il cadavere d’una bambina di dieci anni, violentata e strangolata: il professore di disegno era stato l’ultimo a vederla viva, sua moglie Sandrine Bonnaire che fa l’infermiera a domicilio lo difende dalle insinuazioni. Il celebre scrittore muore per infarto in circostanze ambigue: la Bonnaire era stata l’ultima a vederlo vivo, suo marito tenta di proteggerla e di proteggersi dai sospetti. La piccola città è folgorata dai due morti. L’ispettore Valeria Bruni Tedeschi fa domande, ascolta la gente che parla volentieri, mette insieme con pazienza gli elementi: si prova di nuovo il vecchio piacere del gioco intelligente dell’indagine, un poco sonnacchioso e cauto, nel quale le rivelazioni contraddittorie emergono d’improvviso con la forza dell’evidenza, e le delusioni durante il percorso sono compensate dalla conclusione. «Più passa il tempo, più amo lavorare all’interno di un genere», dice Claude Chabrol, che ha il talento di accettare le convenzioni nutrendole dall’interno di una sensibilità, di uno stile, di una modernità straordinari.
Autore critica:Lietta Tornabuoni
Fonte critica:La Stampa
Data critica:

28/5/1999

Critica 3:A prima vista Il colore della menzogna può sembrare un film molto tradizionale e molto classico, e certo lo è, un Simenon contemporaneo rivisitato da Claude Chabrol con tutti gli ingredienti del caso, così tipici del genere noir da non avere quasi neanche bisogno di essere aggiornati: un mondo di gente normale e un po' piccina, l'atmosfera claustrofobica della provincia francese, una coppia dai fragili equilibri coniugali con qualche segreto e qualche desiderio di fuga. A rendere Il colore della menzogna diverso dalla maggior parte dei noir di questi anni è la fluidità narrativa, la calma dell'osservatore-regista nel mettere le carte in tavola, l'affetto per i personaggi, la precisione dell'analisi psicologica, la sordina che Chabrol impone alla violenza e all'orrore. Che pure ci sono, perché il film si apre sulla morte di una bambina violentata e strangolata in un bosco - ma senza compiacimento voyeuristico e volontà di disturbare. Mentre la coppia innamorata e in crisi formata da Sandrine Bonnaire e suo marito Jacques Gamblin (bravissimi) nasconde sotto un tentativo di normalità le frustrazioni e i troppi silenzi di cui è fatta la loro vita, l'ispettore di polizia Valeria Bruni Tedeschi indaga con femminile tenacia e l'autodifesa di una voluta freddezza, senza mai alzare la voce. Le cose si complicano quando, vicino alla sua casa di vacanze, viene trovato morto per infarto in circostanze non chiare una star della chiacchiera televisiva, con cui per una sera Sandrine Bonnaire ha avuto la tentazione di tradire suo marito. Il quale, inutile dirlo, con le antenne delle persone infelici e degli artisti, se n'è subito reso conto... La cosa più sorprendente del film - e quella che maggiormente infrange i canoni del genere - è il finale, che certo non vi riveleremo. Basti dire che in Il colore della menzogna, è una menzogna il motore del finale, come lo sono gran parte degli stati d'animo, dei sospetti e dei finti valori su cui è costruita la vita di ogni comunità. Ma qualche volta le menzogne sono un valore positivo.
Autore critica:Irene Bignardi
Fonte critica:la Repubblica
Data critica:

27/5/1999

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
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