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Strada verso casa (La) - Wo de fu qin mu qin

Regia:Zhang Yimou
Vietato:No
Video:Columbia
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo "The Road Home" di Bao Shi
Sceneggiatura:Tratta dal romanzo"The Road Home" di Bao Shi
Fotografia:Hou Yong
Musiche:San Bao
Montaggio:Zhai Ru
Scenografia:Cao Jiuping
Costumi:Tong Huamiao
Effetti:
Interpreti:Zhang Ziyi (Zhao Di giovane), Sun Honglei (Luo Yusheng), Zheng Hao (Luo Changyu), Zhao Yulian (Zhao Di anziana), Li Bin (la nonna), Chang Guifa (il sindaco da giovane), Sung Wencheng (il sindaco da vecchio)
Produzione:Columbia Pictures Film Production Asia - Guangxi Film Studios
Distribuzione:Columbia - Bim
Origine:Cina
Anno:1999
Durata:

89'

Trama:

Cina. Luo Yusheng è un uomo d’affari che torna dopo molti anni al suo villaggio natale, in occasione della morte del padre. La madre è intenzionata a celebrare il funerale secondo le consuetudini tradizionali (far portare a spalle la bara dagli uomini del villaggio dalla casa al cimitero affinché il defunto non dimentichi la strada e faccia visita ai suoi cari), sebbene lo spopolamento delle campagne e l’assenza di braccia giovani in paese scoraggino questa soluzione. Yusheng ripercorre con la memoria la storia d’amore dei suoi genitori, l’arrivo al villaggio del giovane maestro Luo Changyu, l’innamoramento a prima vista di Zhao Di, l’insegnamento, la separazione a causa della Rivoluzione Culturale, il ritorno di Changyu. Giunto il giorno del funerale, con grande sorpresa di Yusheng, molti ex allievi del padre si presentano al villaggio per onorare la memoria del loro insegnante. Il funerale può essere celebrato nella maniera tradizionale.

Critica 1:E' il film gemello di Non uno di meno, girato anch'esso nel '99, con la stessa troupe, nelle stesse regioni dello Cina rurale. Ma non si potrebbero immaginare due film più diversi. Ironico, didattico, fortemente "politico" Non uno di meno, Leone d'oro a Venezia '99; lirico e spudoratamente poetico La strada verso casa, Orso d'argento a Berlino 2000. Un elemento in comune: la figura del maestro, centrale nello cultura e nello società cinesi fin dai tempi di Confucio. Un po' come nel Primo maestro di Konchalovsky, classico (troppo dimenticato) del cinema sovietico, assistiamo all'arrivo del primo insegnante in un villaggio sperduto dello Cina rivoluzionaria, nel '58. Zhao Di, la ragazza più bella del villaggio, si innamora a primo vista di quel giovane istruito e fa di tutto per conquistarlo. Dovrà aspettare due anni e la riabilitazione politica del maestro: poi si sposeranno e vivranno assieme fino al '99, quando la morte dell'uomo provoca il ritorno al villaggio del figlio, ormai inurbato e travolto dal lavoro nello Cina post-denghiana. Il giovane ritrova così la madre (è l'inizio del film, in bianco e nero: il '58 è un lungo, coloratissimo flashback), deciso a seppellire il marito secondo la tradizione: la bara andrà portata a spalle, perché il morto non dimentichi la strada di casa. Ma dove trovare, nel villaggio spopolato, gli uomini necessari? Come già La storia di Qiu Ju e il citato Non uno di meno, La strada verso casa è la storia di uno donna coraggiosa e testarda, nonché una parabola sull'incontro/scontro fra modernità e tradizione. Zhang Yimou gira con stile ormai da virtuoso, grondante primi piani (quasi tutti dedicati alla giovane, splendida Zhang Zi Yi, protagonista anche di La tigre e il dragone) e dissolvenze incrociate. L'accademia è appena un posso più in là, ma l'intensità e la semplicità della storia d'amare sono tali da salvare il film in corner; e da renderlo un commovente, meraviglioso omaggio all'amore che trionfa su tutto. Anche sullo Cina feudal-maoista, e scusate se è poco.
Autore critica:Alberto Crespi
Fonte criticaFilm TV
Data critica:

30/1/2001

Critica 2:Il racconto è costruito attorno a un meccanismo binario, sia dal punto di vista contenutistico che da quello formale. La scelta di fotografare la parte ambientata nel presente in un bianco e nero freddo e poco contrastato e la parte del flash back (in cui si racconta la storia d’amore tra Zhao Di e Luo Changyu) attraverso colori accesi e caldi è, infatti, un modo di proporre anche a livello visivo una contrapposizione tra elementi opposti: passato e presente, mondo contadino e città, tradizioni e modernità, memoria e oblio. I due temi principali del film acquistano determinati connotati proprio in relazione a queste categorie dicotomiche.
La storia d’amore tra i due ragazzi, in primo luogo, possiede una sorta di originaria purezza e innocenza che deriva dai gesti, dai tempi e dalle caratteristiche del loro incontro. Il lungo corteggiamento si basa sui piatti cucinati da Zhao Di con amorevole cura, sulle lunghe e fiduciose attese dell’arrivo di Changyu, su innocenti sguardi scambiati da lontano, su incontri per strada e timidi saluti. In altre parole, l’innamoramento segue strade percorribili solo in un contesto d’altri tempi, non più riproducibile se non in un ambiente contadino al riparo dalle brutture della storia (si sentono lontanissimi gli echi della Rivoluzione Culturale che interrompe appena la storia d’amore), capace di dare peso alla ritualità del tempo e delle tradizioni (il telaio, la cucina, le passeggiate) e ai linguaggi dell’immaginazione (i sogni della ragazza in attesa del ritorno di Changyu).
Nel presente letteralmente grigio, Luo Yusheng vive al contrario una vita emotivamente misera (dice alla madre di non avere una fidanzata e di essere impegnato nel lavoro), privo di quel calore familiare che sembra essere prerogativa della vita di campagna e che lui ha abbandonato trasferendosi in città.
La scuola – più precisamente il valore della scuola nella società del passato e il suo ruolo in quella del futuro – è l’altro tema perno del film. Quando il maestro Luo arriva al villaggio, è accolto come fosse una divinità e l’edificio scolastico, alla cui costruzione partecipano tutti gli abitanti, donne incluse, sembra diventare un vero e proprio luogo di culto, benedetto dal drappo che cuce Zhao Di e ossequiosamente riverito dagli adulti che assistono alle lezioni dall’esterno dell’aula.
Le parole che l’insegnante rivolge ai piccoli allievi sono in realtà il bagaglio di sapere dell’intera collettività, egli è depositario della memoria e i suoi insegnamenti non sono l’esposizione di fredde raccolte di dati ma rappresentano i cardini su cui si fonda quel tipo di società.
«La terza regola è conoscere il passato perché è il solo modo per costruire il futuro» fa ripetere spesso ai suoi alunni. Attorno alla sua figura si riuniscono ancora un’ultima volta gli ex allievi, ormai sparsi nelle città di tutta la Cina. Il corteo funebre – da questo punto di vista – si trasforma così nella commemorazione di un tempo storico che non tornerà mai più.
A poco vale la lezione con cui Luo Yusheng si congeda dal villaggio natale e che riporta in vita per qualche attimo il passato: il giorno dopo l’uomo ritornerà in città e anche se sono stati trovati soldi per restaurare la scuola (grazie alle donazioni degli ex-allievi), quell’aula, senza insegnanti, è destinata a rimanere desolatamente vuota.
Autore critica:Marco Dalla Gassa
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Critica 3:Una decina d’anni fa Zhang Yimou sorprese il pubblico internazionale con Lanterne rosse, un crudele dramma sul potere vietato nella Cina Popolare; oggi, i giovani registi cinesi vedono in lui il rappresentante di un cinema conservatore, ufficiale. Hanno torto? Forse no. In La strada verso casa (Orso d’argento, Premio speciale della Giuria alla Berlinale dell’anno scorso), come già accadeva nel precedente «Non uno di meno», Zhang Yimou mette in scena una parabola semplice. Un figlio, uomo d’affari trasferito in città, torna al paesello nel Nord della Cina per i funerali del padre: si apre l’evocazione della lovestory tra i suoi genitori, iniziata con un pudico corteggiamento fatto di sorrisi, sguardi, offerte di buon cibo. Lei è la più bella fanciulla del villaggio; lui un maestro in trasferta, giovane anche se non quanto la maestrina di Non uno di meno. L’amore è contrastato e non mancano neppure i grattacapi con le occhiute autorità, che sottopongono il maestro a un interrogatorio politico; però i due giovani riescono a sposarsi. Quarant’anni più tardi l’uomo muore. Dopo il funerale, la vedova pretende che al marito vengano resi onori vecchia maniera: che sia, cioè, trasportato a spalle lungo la strada verso casa. All’inizio sembra che nessuno voglia saperne, nemmeno dietro offerta di compensi; alla fine, invece, i desideri della signora troveranno piena realizzazione. Il tema è il confronto tra la Cina di ieri e la Cina di oggi. Il giudizio risulta implicito già nella scelta di usare colori caldi per il passato, un freddo bianco e nero per il presente. E, in complesso, la reazione verso la perdita d’attenzione per la cultura tradizionale, schiacciata dal materialismo, sembra sincera. Però Zhang, pur nella semplicità della storia scelta, la esprime in un modo che fa rimpiangere la sobrietà dei grandi nostalgici del cinema di ieri. Se da una parte Zhang eccede in reticenza, lasciando alquanto generica la critica alle scelte politiche passate e presenti, dall’altra sommerge le immagini in un’overdose di poesia e di musica. Lo stile di regia è sobrio. La protagonista Zheng Ziyi è una delizia.
Autore critica:Roberto Nepoti
Fonte critica:la Repubblica
Data critica:

10/2/2001

Libro da cui e' stato tratto il film
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