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Brother -

Regia:Takeshi Kitano
Vietato:14
Video:Key film video
DVD:Play press
Genere:Commedia
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Takeshi Kitano
Sceneggiatura:Takeshi Kitano
Fotografia:Katsumi Yanagijima
Musiche:Joe Hisaishi
Montaggio:Takeshi Kitano
Scenografia:Norihiro Isoda
Costumi:Yohji Yamamoto
Effetti:
Interpreti:Takeshi Kitano (Yamamoto), Claude Maki (Ken), Omar Epps (Denny), Masaya Kato (Shirase), Ren Osugi (Harada), Tony Colitti (Roberto), Ryo Ishibashi (Ishibashi), Joy Nakagawa (Marina), James Shigeta (Susimoto), Susumu Terajima (Kato), Tetsuya Watari (Jinseikai Boss)
Produzione:Office Kitano - Recorded Pictures Company
Distribuzione:Key Films
Origine:Giappone - Gran Bretagna - Usa
Anno:2000
Durata:

113’

Trama:

Solitario esponente della yakuza, sconfitto in una guerra contro una famiglia rivale e abbandonato dal fratello più leale, Yamamoto ha ormai un solo desiderio: ritrovare il fratello minore trasferitosi dal Giappone a Los Angeles per studiare. Giunto nella città californiana, Yamamoto si imbatte in Denny, un ragazzo di colore che cerca di derubarlo per strada. Yamamoro reagisce con violenza e ferisce Danny ad un occhio. Dopo aver molto girovagato, Yamamoto trova finalmente Ken, scopre che è diventato uno spacciatore di droga e che Denny, l'uomo ferito, è suo grande amico. Trasferitosi in casa del fratello, Yamamoto diventa amico di Denny e, col trascorrere del tempo, riesce a formare una propria banda che pian piano si afferma come un'agguerrita organizzazione criminale, capace di esercitare controllo sul territorio e di arrivare allo scontro con una famiglia della mafia. Tra appuntamenti, agguati, incontri comincia una sequela di sparatorie e intimidazioni senza risparmio e senza limiti di omicidi. Quando la violenza raggiunge vertici spasmodici, anche Yamamoto ne rimane vittima. Ma Denny, che fugge in macchina, trova la forte somma in denaro lasciata nascosta dal giapponese. E ad alta voce lo ringrazia per averlo scelto come destinatario del 'regalo'.

Critica 1:Il cammino finisce qui, ai margini del deserto americano. Seduto nel bar dell'ultima stazione di servizio, il fiero Yamamoto, lo yakuza venuto dal Giappone, aspetta sereno il mucchio selvaggio della mafia nemica che da tempo lo bracca. Forse fuggire sarebbe ancora possibile ma vale la pena di fermarsi se il gesto può servire a placare la lunga ansia e a salvare il «fratello nero», giovane e incosciente. Diretto e interpretato da un Kitano al massimo della forma, Brother é un variazione epica e ironica sul fascino malinconico dell'ultima corsa, tema prediletto dall'autore. È magistrale il prologo con l'arrivo del moderno «ronin» all'aeroporto. Il lento tragitto in taxi é scandito dai flash della memoria sulla rovina della «Famiglia» giapponese e dai primi piani sul volto del protagonista. E nei controllati tic che attraversano la sua maschera sembrano riassumersi tutte le morti del passato e del futuro.
Autore critica:Claudio Carabba
Fonte criticaSette
Data critica:

16/11/2000

Critica 2:Riesplode ancora il caso del cinquantatreenne Kitano, multiforme talento giapponese che in patria è un comico, scrittore e telecronista e per noi, al cinema, è l’autore per cinefili di Sonatine, Hana Bi, L’estate di Kikujiro, diventato popolare come il sushi, dopo aver fatto dell’estetica violenza anche il suo credo per combatterla. Fedele alla poetica degli yakuza, e spedendone uno, sconfitto, vestito di nero e con occhiali da sole, in cerca di vendetta e del fratello minore spacciatore da Tokyo a Los Angeles, il regista porta ad estreme e geniali conseguenze il noir orientale agganciandolo alla tipica figura dello «straniero» del West. In stile paghi due e prendi tre, ecco un saldo straordinario di cadaveri, agguati, sparatorie anche da sotto il tavolo, harakiri, amputazioni delle dita, sventramenti in diretta, teste esplose a comporre arazzi di sangue, un mucchio selvaggio di orrori che serve a metterli definitivamente in ridicolo, a renderli caricatura. Certo, a una prima lettura, Brother, è un (pericoloso) inno allo sbudellamento dei padrini tatuati, un fiorire di alleanze tra spari, salti e botti, quasi un musical di bombe; ma l’espressione così irreale, cicatrizzata, immobile del volto alla Buster Keaton dello stesso Kitano ci spiega che si tratta infine, sparati tutti i colpi, di fare i conti con l’infelicità esistenziale misurata in dollari magari insanguinati. Raccontare che cosa accade è inutile: si vive e si spara, tra clan di malavitosi di diverse etnie che si fanno e si disfano con il furore, l’ignoranza e la velocità di uno sparo, mentre il proscenio è un’America caparbiamente odiata e stupendamente triste, alla Hopper, un involucro vuoto di paesaggi vuoti. Perfetto nella prima parte, nel mix di tragico e comico, nei silenzi sospesi, nella tensione dello sguardo nel vuoto, nella violenza fisica che si decompone in violenza morale, come un film di Ozu a fumetti, il film si tende da solo un agguato nella seconda (ma la sequenza finale nel motel del deserto è strepitosa), un po’ ripetuta, agitata per l’uso mediato e rigoroso che la sua finezza d’autore esige in un film dove il silenzio può esploderci addosso con uno sparo, una risata, diventare solo una smorfia, un cartoon o il senso della fine che spunta dall’Oriente vestito di nero.
Autore critica:Maurizio Porro
Fonte critica:Corriere della Sera
Data critica:

25/11/2000

Critica 3:E’ l'approdo americano del Kitano-style, storia di yakuza alla prova del gusto e delle regole occidentali. Occasione da non perdere se non conoscete ancora Beat Takeshi. La faccia di Takeshi Kitano è come i suoi film: impenetrabile e generica, austera e autoironica, contemplativa e imprevedibile, giapponese standard ma con una cicatrice misteriosa. Qualcuno la ricorderà dai tempi di Merry Christmas Mr. Lawrence a fianco di David Bowie. Da Sonatine ad Hana-bi (Leone d'oro a Venezia), in un decennio ha perfezionato una visione del cinema di genere (poliziesco, melò, gangster) in rapporto alla cultura e l'arte giapponese. La violenza confina con il mare. Anche quando spara, il colpo viene da un silenzio amaro, pur necessario. Questo primo film americano era in cantiere nel '95. Sconfitto a Tokyo in un guerra di clan, Yamamoto-Kytano fugge a Los Angeles dal fratello e fonda un clan multirazziale, bizzarro e micidiale, che riprende l'austera forza dell'onore nipponico e la fonde umoristicamente con l'action-movie hollywoodiano di Van Damme e la cronaca 'negra' di Spike Lee. Unico.
Autore critica:Silvio Danese
Fonte critica:Il Giorno
Data critica:

25/11/2000

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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