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Ballata di Cable Hogue (La) - Ballad of Cable Hogue (The)

Regia:Sam Peckinpah
Vietato:No
Video:Warner
DVD:
Genere:Western
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:John Crawford, Edmund Penney
Sceneggiatura:John Crawford, Edmund Penney
Fotografia:Lucien Ballard
Musiche:Jerry Goldsmith
Montaggio:Lou Lombardo, Frank Santillo
Scenografia:
Costumi:
Effetti:Bud Hulburd
Interpreti:James Amderson (Pastore), R.G. Armstrong (Quittner), Gene Evans (Clete), Max Evans (Webb Seely), Kathleen Freeman (Signora Jensen), L.Q. Jones (Taggart), Darwin W. Lamb (Primo Cliente), Strother Martin (Bowen),William Mims (Jensen), Felix Nelson (William), Susan O'Connel (Claudia), Slim Pickens (Ben Fairchild), Jason Robards (Cable Hogue), Stella Stevens (Hildy), Vaughn Taylor (Powell), David Warner (Joshua Sloane), Peter Whitney (Cushing)
Produzione:Phil Feldman per Warner Bros
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Usa
Anno:1970
Durata:

123’

Trama:

Abbandonato in mezzo al deserto mezzo morto, senza viveri né soldi dai due compari Bowen e Taggart, l'anziano cercatore d'oro Cable Hogue sopravvive miracolosamente grazie all'imprevisto ritrovamento di una sorgente d'acqua. Adibita la sorgente a stazione per le diligenze di passaggio, Hogue scopre che l'affare rende meglio dell'oro. Fa amicizia con il vagabondo Joshua e si innamora della prostituta Hildy. Così, quando tre anni dopo i compari tornano per derubarlo di nuovo, è pronto a consumare la sua vendetta.

Critica 1:La grande avventura del selvaggio West è agli sgoccioli: un anziano cercatore d'oro conosce una prostituta, scopre una sorgente d'acqua e il profitto. Ma sarà sconfitto. È forse con I compari (1971) di R. Altman l'operazione più lucidamente e criticamente dissacratrice che un regista americano abbia compiuto nei confronti dell'epopea western. Impiegando in chiave grottesca gli schemi del western e della mitologia del "self-made man", Peckinpah fa la radiografia della loro ossatura capitalistica, facendo emergere l'anima reale del pionierismo e la realtà sottesa alla leggenda. È ancora una volta la storia di un perdente e di una sconfitta.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Questo film rappresenta, a nostro parere, la più matura e coerente rilettura critica della storia del West, scevra di ogni ambigua commistione fra demistificazione e nostalgia, ma anzi lucidamente centrata sulla logica che regolò l'espansione dell'America bianca negli immensi spazi fra le due coste oceaniche.
È una ballata sì, ma il suo tema autentico non è certo l'avventura dell'uomo alle prese con un mondo nuovo e sconosciuto, bensì la radiografia dell'ossatura capitalistica di quella che è sempre stata presentata come un'epopea.
Ad ispirare l'interpretazione in chiave epica o comunque idealizzata dell'occupazione dei territori indiani, fatta propria da tutto il filone western e sostanzialmente non intaccata dai film del «nuovo corso» hollywoodiano, era stata la «teoria della frontiera» dello storico F. J. Turner, ripresa e aggiornata nel concetto kennedyano di «nuova frontiera»: per Turner, cioè, la frontiera continuamente spostata ad ovest dai pionieri, non doveva essere intesa come una linea di confine, ma come la porta d'ingresso ad uno spazio aperto, nel quale tutti coloro che si sentivano insoddisfatti della società che s'era venuta formando nelle zone già «civilizzate» o che ne erano comunque emarginati per il loro rifiuto a farsi integrare, potevano via via sperimentare nuove forme di convinvenza civile, contribuendo in tal modo ad un continuo rinnovamento in senso progressista del sistema americano nel suo insieme. Ora, il film di Peckinpah colpisce a fondo questa linea di interpretazione storica, utilizzando in termini umoristici gli schemi del western e della mitologia del self-made-man, per far emergere l'anima reale del pionierismo e la realtà sottesa alla leggenda che gli è stata costruita attorno: l'espansione ad ovest, cioè, non rappresenta il continuo nascere di un nuovo mondo, ma la progressiva avanzata di quello vecchio, che riproduce nei nuovi spazi le sue forme più tipiche ed anzi è spinto a conquistare tali spazi proprio dall'ideologia capitalistica che costituisce la sua forza motrice. Cable Hogue, in sostanza, è un campione dell'accumulazione capitalistica, inconsapevole di questo suo ruolo e apparentemente inadatto a ricoprirlo, ma proprio per questo tanto più rappresentativo della logica del profitto che, al di là di ogni abbellimento ideale e di ogni intrusione pure riconoscibile dello spirito di avventura, guida il cammino dei pionieri. I personaggi che gli fanno da spalla non rappresentano che note aggiuntive alla definizione della fisionomia del protagonista: Hildy, in quanto personificazione rusticana dell'arrampicatrice sociale, condizionata dalla filosofia del successo e dal traguardo «obbligatorio» della ricchezza quale parametro della piena realizzazione di se stessi; Joshua, come espressione delle sovrastrutture culturali e religiose (della religione istituzionalizzata e identificantesi con le altre istituzioni) destinate a giustificare e nobilitare i meccanismi dello sviluppo capitalistico. La prima, vittima innocente (fino ad un certo punto), ma alla lunga compiaciuta, di questi meccanismi; il secondo, complice e consapevole, ma beffardo e irridente fino ad essere a suo modo autocritico o comunque cinicamente confesso. La logica del sistema, però, è tanto ferrea e in certo senso autosufficiente, che gli uomini a cui si affida ne sono al tempo stesso interpreti e vittime. Cable Hogue, in effetti, si ferma nel deserto non per arricchire, ma per vendicarsi del torto subito: è animato, cioè, da un'idea di giustizia, per distorta che possa essere.
Ma questa idea si affievolisce sempre di più, sommersa da quella del profitto, la tensione morale lascia via via il posto al calcolo economico: da aspirante giustiziere, Cable Hogue si riduce, molto meno romanticamente, ad inconsapevole esecutore dei piani di sviluppo e di espansione programmati nei centri reali del potere, le mille miglia lontani dalla sua stazione di rifornimento. Non meno del banchiere che gli è a fianco sin dall'inizio, è la rotella di un ingranaggio più grande di lui, imbevuta di principi e di stimoli che pur sembrerebbero estranei alla sua personalità. Resiste però in lui un barlume dello spirito d'avventura, dell'amore per gli spazi sconfinati e della sete di libertà, che pure fecero parte del corredo pionieristico. Proprio per questo, ad un certo punto, Cable Hogue diventa un sopravvissuto. Anche qui, peraltro, Peckinpah si guarda bene dallo scivolare nella nostalgia per il vecchio West dei cavalli e delle diligenze, scomparso sotto l'incalzare di quello dei treni e delle automobili. II nuovo mondo non è che la naturale prosecuzione del vecchio, gli allevamenti di cavalli cedono il passo ai campi petroliferi per un semplice e naturale avvicendarsi dei cicli di sfruttamento. Cable Hogue, infatti, non resta vittima di questo passaggio perché vi opponga resistenza, ma solo perché non s'è reso conto che è arrivato il momento di cambiare mestiere, di trasformarsi da venditore d'acqua in venditore di benzina, cioè di adeguarsi «tecnicamente» ad un progresso che resta sostanzialmente lo stesso di cui anch'egli è stato strumento. Non è l'eroe sconfitto di un'epoca leggendaria, ma semplicemente uno che non è stato capace di aggiornarsi agli sviluppi di una vicenda che procede senza soluzioni di continuità. Tutto questo è detto da Peckinpah senza schematismi didascalici e senza forzare la materia entro declamate chiavi interpretative, ma facendo scaturire l'analisi di fondo dal lucido contrappunto ironico fra il tono leggendario della ballata e la sostanza prosaica dei fatti, rivelando la fisionomia autentica dei suoi personaggi, e di ciò che essi rappresentano, attraverso la corrosione umoristica dei loro connotati tradizionali: distruggendo, insomma, il mito del West, non col prenderlo di petto e aggredirlo polemicamente, ma con un'operazione di ribaltamento dall'interno, che ne conserva le forme per smascherarne il ben diverso contenuto sostanziale.
Autore critica:Carlo Cavigiolio
Fonte critica:Cineforum n. 105-106
Data critica:

7-8/1971

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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