RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
Catalogo film per le scuole; ; Catalogo film per le scuole; ; ;
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 


Vivere - Ikiru

Regia:Akira Kurosawa
Vietato:No
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede - San Paolo Audiovisivi
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Shinobu Hashimoto, Akira Kurosawa, Hideo Oguni
Sceneggiatura:Shinobu Hashimoto, Akira Kurosawa, Hideo Oguni
Fotografia:Asakazu Nakai
Musiche:Fumio Hayasaka
Montaggio:Akira Kurosawa
Scenografia:So Matsuyama
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Kamatari Fujiwara (Ono/Vicecapostazione), Shinichi Hinori (Rimura), Nobuo Kaneko (Mitsuo Watanabe), Daisuke Kato (mafioso), Ko Kinura (assistente dottore), Makoto Kobori (Kiichi Watanabe), Yoshie Minami (la ragazza), Seiji Miyaguchi (Boss), Kyoko Seki (Kazue Watanabe), Takashi Shimura (Kanji Watanabe), Masao Shimuzu (il dottore), Kumeko Urane (Tatsu Watanabe)
Produzione:Shojiro Motoki per Toho
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Giappone
Anno:1952
Durata:

143’

Trama:

Il vedovo Watanabe, capufficio della sezione civile, conduce da trent' anni la sua routine impiegatizia. Quando apprende di avere un cancro allo stomaco la sua esistenza subisce una svolta.

Critica 1:Malato di tumore, anziano funzionario giapponese si dedica interamente all'impresa di trasformare una zona palustre in un campo di giochi per bambini. Quando muore, soltanto le madri dei bambini si ricordano di lui. Potente affresco di vita giapponese con una struttura narrativa insolita (per l'epoca), permeato di un'angoscia esistenziale che rimanda a Dostoevskij, indimenticabile ritratto di un uomo solo davanti alla morte, è uno dei grandi film sulla vecchiaia in cui convivono emozione e rigore, realismo e simbolismo, lirismo e sarcasmo.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) Con un vertiginoso balzo in avanti (forse il più originale flashforward della storia del cinema) veniamo proiettati «cinque mesi dopo». «L'eroe della storia è morto», annuncia una voce-off mentre sullo schermo appare il ritratto listato a lutto di Watanabe esposto davanti a parenti e colleghi d'ufficio riuniti per la veglia funebre. C'è anche una compunta delegazione di politici capeggiati dal sindaco. Che cosa ha indotto il regista a sovvertire clamorosamente la cronologia e a cominciare, a un terzo dalla fine, un altro film? Invitandoci a ricostruire le ultime settimane di vita di Watanabe attraverso il complesso puzzle delle testimonianze (dubbi, interrogazioni) di familiari e colleghi d'ufficio, Kurosawa non fa dello sperimentalismo: evita i risvolti patetici e moralistici della vicenda (un malato grave che si batte da solo contro il Castello dei burocrati per la costruzione di un giardino d'infanzia e vi muore appena è stato inaugurato), stimola lo spirito critico dello spettatore, decuplica lo «choc» emotivo dei brevissimi (undici) flash sulla via crucis burocratica del «povero cristo che porta il suo cancro» secondo l'espressione di «Mefistofele», e per contrasto rende ancora più graffiante la satira della mentalità burocratica. Il procedimento gli consente di esprimere al tempo stesso la tesi (l'eroismo di Watanabe) e l'antitesi: il gesto del moribondo è talmente eccezionale da risultare inimitabile; scopertala verità sul loro ex capufficio, durante la veglia funebre, gli impiegati se ne dimenticheranno subito vergognosamente. (…)
Avventura interiore di un uomo comune che lotta contro la morte e il fallimento della propria esistenza, ritratto sarcastico di una categoria sociale (la burocrazia), Vivere ci sorprende per la varietà e la profondità dei temi affrontati, l'audacia della struttura narrativa, la sconvolgente carica emotiva che lo collocano accanto ai film-bilancio più celebrati della storia del cinema (L'ultima risata, Citizen Kane, Umberto D, Il posto delle fragole). Lirismo e satira, grazia e crudeltà (la visita medica, la via crucis burocratica di Watanabe), realismo, onirismo (i flash-back) ed espressionismo (il viaggio notturno nei quartieri di piacere di Tokyo) si fondono in una sintesi prodigiosa. Uno dei miracoli di questo «Citizen Watanabe» è che riesce a trattare della malattia senza deprimerci, comunicandoci una forsennata voglia di vivere.
Nel voler fondere in un solo grande film le istanze di opere disparate come Citizen Kane (l'ultimo terzo di Vivere è l'indagine sulla reale identità di uno scomparso), Umberto D), e Il cappotto di Gogol', l'autore ha peccato per troppa ambizione? Anche se c'è forse qualche scompenso, in Vivere tutto viene riscattato dall'emozione, dall'umanità delle situazioni e dei personaggi: con la sua sensibilità, la sua fisicità (le spalle ricurve, gli occhioni da cane bastonato, le grandi labbra «scimmiesche»), Takashi Shimura conferisce al personaggio del capufficio una intensità «chapliniana»; come a Emil Jannings (L'ultima risata), gli perdoniamo volentieri qualche eccesso melodrammatico. Comprendiamo e condividiamo pienamente l'entusiasmo di André Bazin: «Vivere è forse il più bello, il più intelligente (la sua sapienza strutturale mi lascia a bocca aperta) e il più emozionante fra i film giapponesi che ho potuto vedere» scriveva nel 1957. E aggiungeva: «Forse continuo a preferire la pura musica giapponese dell'ispirazione di Mizoguchi, ma debbo arrendermi davanti all'ampiezza delle prospettive intellettuali, morali, estetiche aperte da un film come Vivere, che mette in luce dei valori incomparabilmente più importanti sia nella sceneggiatura che nella forma. Mi domando se, invece di considerare il cosmopolitismo di Kurosawa come un compromesso sia pure di qualità superiore, non dobbiamo al contrario considerarlo come un progresso dialettico che indica l'avvenire del cinema giapponese».
Classificato secondo tra i migliori film giapponesi di tutti i tempi da un areopago di critici orientali, Vivere si è dovuto accontentare in occidente di un modesto Orso d'argento a Berlino. Dopo Rashòmon, Kurosawa non ha più avuto molta fortuna nei festival occidentali; per vincere una Palma d'oro a Cannes dovrà attendere il 1980 (Kagemusha).
Autore critica:Aldo Tassone
Fonte critica:Akira Kurosawa, Il Castoro-L’Unità
Data critica:

5/1995

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di: Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di: Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 09/08/2008
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale