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Mineurs -

Regia:Fulvio Wetzl
Vietato:No
Video:No
DVD:No
Genere:Drammatico
Tipologia:Diritti dei minori, I bambini ci guardano, Migrazioni
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Valeria Vaiano, Fulvio Wetzl
Sceneggiatura:Valeria Vaiano, Fulvio Wetzl
Fotografia:Ugo Lo Pinto
Musiche:Salvatore Adamo
Montaggio:Antonio Siciliano
Scenografia: Antonio Farina
Costumi:Metella Rabon
Effetti:
Interpreti:Franco Nero (Michele Acucella), Valeria Vaiano (Vitina), Antonino Iuorio (Domenico, il sagrestano), Cosimo Fusco (Rocco), Ulderico Pesce (Maestro Fernando), Dree Stemans (Capo Miniera Dalschaert), Walter Golia (Armando Acucella), Tiziano Murano (Egidio Basile), Fulvio Wetzl (Don Luciano)
Produzione: Fulvio Wetzl e Valeria Vaiano per Vawe
Distribuzione:
Origine:Italia - Belgio
Anno:2007
Durata:

123’

Trama:

Lucania, 1961. Le vite quotidiane di quattro bambini che a scuola, frequentano la stessa classe: Armando ed Egidio, di estrazione popolare; Mario, figlio del medico del paese e Vito è figlio di Giovanni, scultore e restauratore. Molti in paese sono gli uomini emigrati per lavorare nelle miniere in Belgio e alcuni sono tornati colpiti dalla silicosi. Anche Armando ed Egidio sono destinati a partire. Armando, con la madre Vitina, va a ricongiungersi ai fratelli e al padre. Egidio parte con l’intera famiglia. In Belgio mentre gli adulti faranno i conti con lo sfruttamento e le difficili condizioni di vita, i ragazzi dovranno trovare il modo di integrarsi nella nuova scuola.

Critica 1:Tra i film in concorso al Saturno Film Festival dedicato al racconto del tempo (Alatri 12-17 novembre 2007) c’è anche il racconto dei minatori italiani in Belgio. È il giocoso e drammatico Mineurs, di Fulvio Wetzl realizzato con Valeria Vaiano (che ha curato la documentazione e la produzione insieme a Wetzl), interpretato da alcuni attori professionisti e molti abitanti coinvolti nella storia, un lavoro che nasce da una lunga ricerca sul campo in Basilicata e nella provincia del Limburgo e si sviluppa attraverso il viaggio di una famiglia che raggiunge il padre (Franco Nero) in Belgio, mostrando scorci di vita al sud e da emigranti, così come la vivevano i bambini «che sanno trasformare i drammi in gioco». Infatti da un po’di anni Fulvio Wetzl che ha firmato film rigorosi e poetici come Prima la musica ...poi le parole (anche questo con un bambino protagonista) si dedica con Valeria Vaiano a una particolare ricerca: hanno firmato Non voltarmi le spalle, integrazione di una ragazza sorda in una scuola di Rovereto. Da quattro anni con il progetto “Ciack si insegna!” frequentano la Basilicata facendo film scolastici con bambini, insegnanti, personale e genitori. «La Basilicata è una regione bellissima, ricca di risorse umane – dice Fulvio Wetzl – è l’unica che al sud non ha una sua criminalità organizzata» anche se altri tipi di interventi la depauperano del petrolio e perfino dell’acqua. «Frequentando questi paesi abbiamo sentito quanto l’emigrazione fosse una tematica ancora viva non solo nella memoria, ma anche nella carne della gente. Ci sono oggi 580 mila lucani nella regione e 680 mila sparsi nel mondo, una seconda Basilicata. Portando il film ad Annecy, Villerupt, Bruxelles incontriamo in ogni luogo numerose comunità lucane. A Toronto ci sono 26 mila originari di un solo paese, Pisticci. Da un po’ di anni faccio film che sono radicati nel territorio, racconto le storie non raccontate che partono da contesti precisi, come qui l’emigrazione. Ci sono tanti film sull’emigrazione, ma non sulla quotidianità. Si parla di Marcinelle o si fanno affreschi metaforici, come nel film di Crialese, ma qui c’è una quotidianità anche minimalista e tutte le storie sono autentiche. Negli undici paesi dove è ambientato il film (coprodotto con il Limburgo) nella prima parte li abbiamo scelti in base al fatto che da li sono partiti la maggior parte di persone per il Belgio. Abbiamo lavorato un anno raccogliendo documentazioni, testimonianze dei pochi minatori che sono rimasti non vittime della silicosi. Abbiamo scelto come anno il 1961 perché il boom economico italiano è stato avviato dalle rimesse degli emigranti. È impressionante leggere il documento ufficiale del ‘46 che dice: “Il governo italiano e il governo belga sanciscono questo accordo: minatore-carbone”. Il carbone che veniva dato in cambio della mano d’opera permise alle industrie del nord di funzionare. Sono quindi gli emigranti che hanno rimesso in piedi l’Italia». Nel film è sottolineato il lavoro delle Acli tra gli emigranti: «Sostituiva il lavoro del sindacato, perché era vietato il sindacato nelle miniere a il lavoro nelle scuole o il passaggio dalle baracche alle case in muratura è stato fatto dai patronati. Editavano anche il settimanale “Sole d’Italia” che ha messo in evidenza il mancato rispetto del Belgio nei confronti degli impegni presi con il governo italiano: dalla firma degli accordi nel ‘46 solo nel ‘63 ha riconosciuto la silicosi come malattia professionale risarcibile a parte con una pensione specifica. E la silicosi è stata la vera tragedia nascosta. Per questo più che l’aspetto spettacolare dell’incidente abbiamo privilegiato la polvere della miniera che ha provocato 40, 50 mila morti».
Autore critica:Silvana Silvestri
Fonte criticail manifesto
Data critica:

14/11/2007

Critica 2:Di questo non si è mai parlato. La portata straordinaria di questo dramma non è venuta fuori nella sua profonda verità neppure dopo la strage di Marcinelle. I minatori, quando tornavano a casa, non raccontavano quello che avevano vissuto, non dicevano quello che provavano nel corpo e nella mente. Solo ora, a distanza di decenni riescono a parlare. Solo ora riescono ad aprire una breccia nel muro mentale di rimozioni volute per non sprofondare nella disperazione di chi è sopravvissuto a un dramma immane”. Fulvio Wetzl regista e Valeria Vaiano, attrice, che con lui è sceneggiatrice di questo Mineurs che ha chiamato a Castellinaria insieme a tanti giovani anche un folto gruppo di immigrati lucani provenienti da Winterthur, non hanno dubbi nel raccontare l’immane tragedia che è alla base del loro film. «Nel 1946 si concluse un accordo tra il governo italiano e quello belga per uno scambio tra minatori e carbone che coinvolse quasi trecentomila italiani. Il nostro film racconta dell’esodo lucano, ma in generale serve oggi a ricordare a tanti emigranti italiani sparsi non solo nel Belgio da dove venivano, e agli italiani che oggi vivono in Italia da dove viene il loro star bene e a far capire quello che provano gli immigrati che oggi sbarcano in Italia». In Mineurs la denuncia scende nel particolare di un mondo italiano tradito dallo Stato che quegli uomini avevano appena contribuito a creare dopo la guerra civile del 1943-1945. Il 23 giugno 1946 i governi di Belgio e Italia avevano firmato un accordo di scambio drammatico: carbone in cambio di uomini. Alla fine del secondo conflitto mondiale il Primo Ministro belga Van Hacker per rispondere alle esigenze economiche del suo paese si trovò a cercare manodopera per estrarre carbone dalle sue miniere. Tra le trattative portate a termine con i paesi europei, riuscì a concluderne una con il giovane governo italiano guidato da De Gasperi, in disperata ricerca di risollevare il paese dalle drammatiche conseguenze del conflitto fascista e dell’occupazione nazista: fame e miseria, banditismo, una crisi economica letale, un paese allo sbando. Van Hacker dettò le condizioni, barbare e infami. Alcide De Gasperi piegò la testa e vendette 50 mila italiani in cambio di quel carbone che serviva all’industria. Il patto era chiaro. L’Italia si impegnava a dare alle miniere del Belgio un minimo di cinquantamila uomini, in cambio il Belgio dava all’Italia 2500 tonnellate di carbone ogni mille uomini. I comuni di tutta Italia si riempirono di manifesti rosa che celebravano la fortunata occasione di lavoro: non parlavano di miniere, ma di un lavoro sicuro, di una casa, di stipendi buoni, di ferie garantite, di assegni familiari. Nello stesso 1946 arrivarono in Belgio 24.653 italiani, l’anno dopo 29.881. Il minimo era raggiunto e superato, non contavano quelli che morivano o si ammalavano a morte. Solo nel 1948 furono 46.365 quelli che lasciarono il Bel Paese per diventare i “musi neri” come li chiamavano i belgi per la polvere che perenne copriva il loro viso. Erano accolti dopo un lungo viaggio, per qualcuno anche di giorni, dopo una sosta alla stazione di Milano, dove alloggiavano in tre piani sotterranei, primo assaggio di una vita senza luce, e venivano sottoposti a visite mediche prima di partire per la Svizzera dove i vagoni venivano blindati per impedire che scendessero. Era il passaggio obbligato verso il promesso eden: il Belgio. Ma l’arrivo dopo l’odissea del viaggio era l’ingresso in un inferno che forse neppure Dante poteva immaginare. I racconti sono agghiaccianti, venivano “scaricati” nella zona merci, lontano da quella passeggeri, caricati su camion, spesso lasciati al freddo e poi disinfettati, prima di essere portati alle miniere. Qui venivano ospitati nelle baracche già abitate poco tempo prima da prigionieri sovietici e poi nazisti. Qualcuno portava con sé mogli e figli. Alcune ricerche dicono che tra il 1946 e il 1957 sbarcarono in Belgio 140.105 uomini, con 17.403 donne e 28.961 bambini. «Nel nostro film – spiega Fulvio Wetzl – abbiamo tenuto conto dell’ottica
in cui quei bambini vivevano le drammatiche vicende degli adulti. Per loro il dormire nei sotterranei della stazione diventava un gioco, in Belgio venivano scolarizzati, trovavano modo di socializzare e di divertirsi con poco». Una altro film aveva parlato di questa emigrazione: Déjà s’envole la fleur maigre di Paul Meyer (il fondatore del cinema vallone), meglio conosciuto come Les enfants du Borinage. Un documentario del 1960 che testimonia la miseria sociale, mostrando come i minatori italiani fossero gli “esclusi” della società belga, ponendo dall’interno di questa la grave questione sul sistema economico che ha portato a “schiavizzare” una intera popolazione e sul problema dell’indispensabile educazione di bambini e giovani, con una scena diventata cult nel mondo e non solo per i “Cahiers du Cinéma”: quella di ragazzini sorridenti che scivolano dalle montagne di carbone con carrettini o coperchi. Un film che viene dopo la tragedia nelle miniere Bois du Cazier di Marcinelle dell’8 agosto 1956, in cui persero la vita 262 minatori, di cui 136 italiani, una tragedia (recentemente mal raccontata in una fiction TV) che rivelò all’Italia del boom da dove veniva la sua ricchezza: dalla tragica “schiavitù” di decine di migliaia di italiani svenduti per un sacco di carbone. Tra il 1946 e il 1963 ne erano morti ufficialmente 867 nelle profondità, più di 20 mila si ammalarono gravemente e circa 150 finirono la loro vita in manicomio.
Autore critica:Ugo Brusaporco
Fonte critica:La Regione Ticino
Data critica:

29/11/2007

Critica 3:
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