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Naqoyqatsi - Naqoyqatsi

Regia:Godfrey Reggio
Vietato:No
Video:Cecchi Gori
DVD:
Genere:Documentario
Tipologia:Natura e ambiente
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Philip Glass, Godfrey Reggio
Sceneggiatura:Philip Glass, Godfrey Reggio
Fotografia:Russell Lee Fine
Musiche:Philip Glass
Montaggio:Jon Kane
Scenografia:
Costumi:
Effetti:Manuel Gaulot, Cameron Hickey
Interpreti:
Produzione:Qatsi Productions - Miramax Films
Distribuzione:Mikado
Origine:Usa
Anno:2002
Durata:

89'

Trama:

Il film, episodio conclusivo della trilogia "Qatsi" (i precedenti, Koyaanisqatsi e Powaqqatsi) è la cronaca dell'evento più significativo degli ultimi cinquemila anni: il passaggio dalla vecchia natura primitiva alla nuova natura inventata dall'uomo, la tecnologia. E' un documento lirico sui temi della civiltà della violenza, dei valori dell'uomo globalizzato e della velocità.

Critica 1:Nell’opera di Reggio la percezione visiva continua a combinarsi con quella sonora. Dopo Koyaanisquatsi, osservazione degli scenari urbani del Nord America e Powaqqatsi, opera sulla vita in trasformazione in cui la visione della tecnologia moderna rivela anche tradizioni primitive, Naqoyquatsi sembra chiudere la cosiddetta “trilogia qatsi”. Il titolo, dalla lingua hopi, scomposto in Na-qoy-quatsi può essere tradotto come “a vicenda – uccidere molte – vite”. In un’opera dove le immagini sembrano seguire l’ininterrotto flusso sonoro della musica di Philip Glass – quindi il visivo che sembra diventare una sorta di “colonna sonora” della musica – e interpretata dal violoncellista Yo-Yo Ma, Naqoyqatsi si sviluppa in tre movimenti. Il primo guarda le novità di un mondo dominato dalla comunicazione e le premesse del passaggio dal linguaggio umano al codice numerico. Il secondo osserva il mondo dello sport, del gioco e della competizione. Il terzo infine osserva la velocità, la forte accelerazione nell’esistenza del XXI° secolo.
Reggio è come se cercasse di fermare momentaneamente quelle ininterotte traiettorie visivo-sonore, di utilizzare il proprio repertorio di immagini velocizzandole e rianimandole attraverso il digitale per cercare di trasformare il presente in memoria, di cercare di trovare quella linea di separazione ormai labile nel passaggio/fusione tra mente e macchina. Così non si tratta tanto di un “montaggio delle attrazioni” o di quella regola tipica dei formalisti russi dove “due immagini non hanno senso prese separatamente, lo acquistano tramite il montaggio”. In Naquoyqatsi la fusione di immagini distinte e apparentemente insignificanti arriva tramite una circolarità dove un dettaglio o un colore ne apre altri amplificandoli. Così al movimento di atleti che cercano di superare i propri limiti si susseguono le immagini delle onde delle maree, sorrisi infantili, ghigni militareschi, volti dei grandi politici del mondo provenienti dal museo delle cere. Un’operazione estrema, sempre sul rischio di un sospetto di estetismo, ma comunque anche la forma di uno sperimentalismo fortemente coerente, realizzata da un cineasta che continua a negare la “parola”. La vita per Reggio, come la “trilogia qatsi” dimostra, è solo la fusione di musica e immagini.
Autore critica:Simone Emiliani
Fonte criticasentieriselvaggi.it
Data critica:



Critica 2:Godfrey Reggio, 63 anni, nato a New Orleans, entrato quattordicenne nell'Ordine cattolico dei Fratelli Cristiani e rimastovi per quattordici anni, ex insegnante (scuole medie, superiori, college) nel New Mexico, dedito ai giovani, ai poveri e all'ambiente, è una delle maggiori figure della cine-avanguardia negli Stati Uniti: magari non troppo popolare, magari per nulla alla moda, ma stimato e ammirato. Reggio è convinto che le parole "non bastino più a descrivere il mondo in cui viviamo"; ha fatto ricorso a immagini straordinarie della vita reale e alla musica sperimentale di Philip Glass eseguita dal violoncellista Yo-Yo Ma, come in un "concerto cinematografico" di rara eloquenza. Il titolo Naqoyqatsi è un'espressione della lingua dei pellerossa Hopi, vuol dire "una vita di reciproci omicidi" o "la guerra come modo di vita" oppure, estensivamente, "violenza civilizzata". Il film senza parole è l'ultimo di una trilogia comprendente Koyaanisquatsi (1984) sul Nordamerica e Powaqqatsi (1988) sul resto del mondo e sul lavoro umano: intende dimostrare che la vita è come una guerra, che la tecnologia sta distorcendo tutto, e offrire la visione di "un mondo globalizzato a immagine e somiglianza della nuova divinità del ventunesimo secolo iperaccelerato, il computer". Cosa si vede, nell'opera prodotta dalla Miramax e da Steven Soderberg? Sorrisi infantili e ghigni militareschi, atleti al limite dello sforzo, onde burrascose del mare, edifici neoclassici cadenti, grafismi elettronici, parate, piramidi che s'innalzano, cronografi, lavagne con la scrittura della scienza, ritratti fotografici deformati fino a sembrare dipinti di Bacon, sussulti di piacere e simulacri. In quello che l'autore definisce "un look ri-animato", ogni immagine selezionata da materiali di repertorio (film, notiziari, documentari sportivi, video aziendali, programmi televisivi e di pubblicità, film di animazione) è alterata, modificata, allargata, rimodellata, colorata o decolorata, rallentata o velocizzata, mutata da interventi in digitale. Godfrey Reggio utilizza quella tecnologia che condanna nel suo film per creare una esperienza emotiva non paragonabile ad altre, a volte meravigliosa.
Autore critica:Lietta Tornabuoni
Fonte critica:La Stampa
Data critica:

26/7/2003

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
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