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Chi sta bussando alla mia porta? - Who’s That Knocking at My Door?

Regia:Martin Scorsese
Vietato:14
Video:Pem
DVD:
Genere:Commedia sociale
Tipologia:Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Martin Scorsese
Sceneggiatura:Martin Scorsese
Fotografia:Michael Waldeigh e Richard H Coll
Musiche:(canzoni) “Jenny Takes a Ride” (Mitch Ryder & The Detroit Wheels), “The Closer You Are” (The Channels)
Montaggio:Thelma Scoonmaker
Scenografia:Victor Magnotta
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Harvey Keitel (Charlie), Zina Bethune (Katie), Annie Colette (ragazza del sogno), Lennard Kuras (Joey) Michael Scala (Gioia), Hary Northup (Harry), Bill Minkin (Iggy)
Produzione:Tri-Mod
Distribuzione:Stella
Origine:Usa
Anno:1968
Durata:

90'

Trama:

J. R., detto Charlie, è un ragazzo della Little Italy newyorkese che, come i suoi due più cari amici, passa le giornate bighellonando tra bar e strade, raccontando panzane e facendo vita da “vitellone”. Un giorno, casualmente, incontra Katy che, oltre ad avvicinarsi fisicamente molto alla ragazza dei suoi sogni, è dolce e “quasi” perfetta. Infatti, perfetta Katy non lo è, tanto che sarebbe disposta a concederglisi, cosa che lui rifiuta energicamente e nonostante le vanterie da tipico “gallo italiano”. J. R. è cattolico convinto. Katy, poi, ha anche un’altra pecca, non voluta: ha subìto violenza fisica. Quando ella rivela il suo segreto al ragazzo, questi va su tutte la furie. Corre a raccontare la cosa al proprio confessore. Sa benissimo che dovrebbe vincere una severità ingiusta; ma non ci riesce. Il matrimonio fra Charlie e Katy non si ha da celebrare!

Critica 1:Nella Little Italy di New York J.R. passa le sue giornate con gli amici Joey e Sally (Salvatore) detto Gagà, tutti e tre vitelloni un po' ribaldi, americanizzati ma ancora impregnati della cultura dei loro genitori immigrati dall'Italia del Sud. Primo film lungo di M. Scorsese, girato a basso costo (40000 dollari), parzialmente in 16 mm, influenzato da Godard e Cassavetes. Appare a ritroso come un brogliaccio di Mean Streets (1973) dove il racconto è subordinato alla descrizione dell'ambiente e dei personaggi sui temi dell'educazione sessuale, dell'etica sessuale e del maschilismo. La legna di Scorsese è ancora verde, e spesso fa fumo, ma è legna buona. Primo film di H. Keitel. (…)
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Com’era, che cosa diceva una decina d’anni fa, non ancora trentenne, il regista di Taxi Driver e New York, New York? Ingolositi dal successo oggi riscosso da Martin Scorsese, i distributori sono andati a ripescare il suo primo lungometraggio, mai importato in Italia (si vide soltanto agli «Incontri» di Sorrento nel ’70, quando dopo varie traversie il titolo originale, I Call First, aveva ceduto il passo a quello definitivo: Who’s That Knocking At My Door?). Va detto che, sebbene lo abbiano qua e là imbastardito introducendo nel doppiaggio qualche parolaccia, hanno compiuto una buona azione. Mentre lo storico ha modo di riassaporare il fervore con cui, sul finire dei Sessanta, il cinema americano scosso dagli «indipendenti» più o meno underground stuzzicava le «majors» di Hollywood con film a basso costo ma di fresco e diretto impianto realistico, lo spettatore di oggi che sia sensibile alle pitture d’ambiente si sente infatti premiato da questa piccola ma gentile commedia, di carattere e di costume.
Dove si narra d’un giovanottello, qui ribattezzato Charlie, nato da italo-americani di New York, che insieme agli amici del quartiere fra i quali un ladruncolo passa la maggior parte del tempo nei bar, a bere e a giocare, o facendo a botte per non annoiarsi: ammiratore sfegatato dei western con John Wayne e dei tenori italiani, ma diviso fra due mondi, la famiglia e la strada, che compongono una realtà cui non gli è facile adattarsi. Come si vede quando incontra Katy, una biondina di buone maniere e onesti sentimenti, di cui s’innamora riamato, ma che non ha il coraggio di portarsi a letto benché lei gli si offra. Cresciuto in una casa devota alla Madonna, Charlie ha un’educazione cattolica che lo spinge a distinguere il privato dal pubblico. Se con gli amici tira a sorte le sgualdrine, vuole però che una possibile moglie sia vergine come Maria. Quando Katy gli confida d’essere stata violentata da un altro, va perciò su tutte le furie. E invano più tardi, giurando su Dio, si dice pentito e disposto a sposarla. Poiché la donna rifiuta il suo perdono e si sente coperta di ingiurie la rottura è insanabile. Al fragile Charlie non resta che confessarsi dal prete, ma mentre il suo sguardo trascorre su Crocefissi, Santi e Pietà, la chiesa risuona di musica jazz. L’indomani tornerà con gli amici: alla porta di Charlie sta bussando una maturità dolorosa.
Memore del tempo trascorso nel collegio dei gesuiti, e anticipando temi che avrebbe poi sviluppato in Mean Streets, con Chi sta bussando alla mia porta? Scorsese faceva opera autobiografica. Guardava i suoi personaggi con ansia ed affetto, e cercava di comprenderli senza deriderli né condannarli. Partecipe del disagio psicologico d’un Charlie in cui specchiava se stesso, vi riconosceva soprattutto i lividi d’un conflitto fra morale conformista e libertà di pensiero che nevrotizzava la gioventù della nuova America. Nel contempo esprimeva, con una messinscena disadorna aperta all’improvvisazione e uno stile di ripresa mobile e duttile, un «amor di cinema» appassionato e appassionante. Non sono molti i film dell’epoca che rappresentano una condizione quotidiana e un turbamento generazionale con altrettanta sincerità d’accenti e scioltezza impressionistica, e una costante disposizione a cogliere attraverso i comportamenti i valori dinamici e plastici dell’immagine. L’«opera prima» di Scorsese è in bianco e nero, ma gli effetti che sa trarre dall’uso della fotografia, soprattutto in una lunga sequenza di onirismo erotico, sono spesso carichi di emozione figurativa. Allo stesso modo le ellissi, servite da un intelligente montaggio di ricordi e fantasie, danno al racconto un’efficace concitazione. Accade perciò che nonostante l’esilità dell’intreccio e il disuguale approfondimento delle situazioni il film abbia il valore d’una pregnante testimonianza sulla Little Italy, sui gesti, i rumori, i piccoli fatti che contengono uno spicchio spontaneo di umanità, restituito nel rispetto del vero con momenti di lirismo. Ebbero ragione quanti, apprezzando quest’opera di esordio, giudicarono Scorsese una promessa del cinema americano.
Accanto allo schietto Harvey Keitel, cui poi Scorsese avrebbe fatto ricorso anche in futuro, recita l’amabile Zina Bethune. E già qui appariva Catherine Scorsese, la madre del regista. Anzi, la Mamma: sacra custode di riti e moniti segreti.
Autore critica:Giovanni Grazzini
Fonte critica:Cinema ‘78, Editori Laterza
Data critica:

1979

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
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