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Rusty il selvaggio - Rumble Fish

Regia:Francis Ford Coppola
Vietato:14
Video:Cic Video
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Disagio giovanile
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo omonimo di Susan Eloise Hinton
Sceneggiatura:Francis Ford Coppola, Susan Eloise Hinton
Fotografia:Stephen H. Burum
Musiche:Stewart Copeland
Montaggio:Barry Malkin
Scenografia:Dean Tavoularis
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Nicolas Cage, Matt Dillon, Laurence Fishburne, Dennis Hopper, Diane Lane, Chris Penn, Mickey Rourke, Diana Scarwid, William Smith, Vincent Spano
Produzione:Hot Weather Films - Zoetrope Studios
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Usa
Anno:1983
Durata:

94'

Trama:

A Tulsa (Oklahoma) vive Rusty James, un sedicenne irrequieto e vitalissimo, scarso negli studi, capo di una piccola banda di coetanei, implicata in risse e sfide notturne. Rusty (che vive con il padre, ex avvocato e alcoolizzato, abbandonato dalla moglie) ha una vera adorazione per il fratello maggiore, partito con la sua moto per la California e già "leader" di ben altra banda. Durante l'ennesima rissa, "Motorcycle boy" arriva per rientrare "in famiglia": ma è deluso dalle esperienze fatte, malgrado i suoi 21 anni. Rusty è innamorato di una ragazza (Patty), ma poi se ne stanca: viene ferito, si attacca alla bottiglia, continua la sua vita, a volte più spavalda che cattiva, ma parla con il padre e con il fratello della madre lontana e perduta, senza mai cessare la sua idolatria per il fratello. Una notte, il fratello penetra in un negozio di animali, per liberare i "pesci da combattimento" siamesi. Motorcycle boy ruba una vaschetta ma, quando va per gettare i pesci nel fiume, la revolverata di un poliziotto di ronda lo uccide. Rusty prenderà i pesci e la moto di suo fratello e andrà in California.

Critica 1:Seguito ideale di I ragazzi della 56ma strada e anch'esso tratto dal romanzo di Susan Eloise Hinton, vale il doppio. Il cuore dell'azione è nel rapporto tra i due fratelli e, a far da contrappunto, nel loro rapporto col padre e nell'assenza della madre, fuggita dieci anni prima. Coppola ha citato Ejzenštejn e il cinema espressionista tedesco, ma il suo film rimanda soprattutto a Welles, per l'uso del grandangolo, del panfocus, delle carrellate avvolgenti, per quel barocchismo sfrenato e visionario che colloca Welles nella linea espressionistica della storia del cinema. Qui quel barocchismo espressionistico è forse di maniera, ma di alto livello. Splendida fotografia in bianco e nero di Stephen H. Burum. Il titolo originale si riferisce ai "pesci tuono": quei pesci siamesi che attaccano i loro simili e che, come dice il fratello di Rusty, "non combatterebbero se fossero nel fiume, se avessero più spazio". La metafora è chiara.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Succede difficilmente che si possano ritrovare, nell'opera di un regista, due film (realizzati quasi contemporaneamente) così simili e, nello stesso tempo, così diversi come The Outsider e Rusty il selvaggio). Girati da Coppola con la medesima troupe, con lo stesso protagonista (Matt Dillon), tratti da due vecchi romanzetti della scrittrice americana Susan E. Hinton, i due film sono analoghi come soggetto ma incredibilmente diversi negli intenti, nella struttura formale, nel risultato. The Outsider è a colori, su schermo panoramico, piuttosto tradizionale nel racconto, ben poco originale e complessivamente modesto; Rumble Fish è in bianco e nero, di formato classico, costruito con un linguaggio da film sperimentale ed è, a nostro parere, il risultato più alto raggiunto da Coppola per lo meno dai tempi della Conversazione e dello splendido Il Padrino - Parte II. (...)
Il primo dato, il più macroscopico: sono film sulle bande giovanili, più simili al Selvaggio o a Gioventù bruciata (o magari, soprattutto il primo, a West Side Story) che a opere recenti come I guerrieri della notte. E per Coppola, la gioventù è prima di tutto un dato antropologico, una situazione presociale (preistorica, verrebbe da dire) in cui l'individuo soddisfa i propri impulsi nell'aggregazione tribale (le bande, al centro di entrambi i film: non si può fare a meno di notare che la connotazione sociale delle bande di The Outsiders i “greasers” proletari, i “socs” borghesi - è una delle componenti più deboli dei film) e tende a una concenzione mitica dell'esistenza.
Il mito, naturalmente, è quello della potenza, dell'età, della leader-ship, dei comando. In questo senso, tutti i possibili paragoni sia con il padrino che con Apocalypse Now sono, insieme, giustificati e superflui. Sono queste, in ultima analisi, le tematiche, le ossessioni costanti di Coppola: destinate a suscitare reazioni contrastanti quando applicate a momenti storici controversi quali la mafia italo-americana e la guerra del Vietnam, ma costituenti, di fatto, il modello culturale su cui si fonda la sua interpretazione cinematografica dell'America, dell'uomo, del mondo.
La prima differenziazione fra i due film è la funzione del personaggio Matt Dillon: in The Outsiders Dillon è il ragazzo più adulto, il leader, l'oggetto della funzione mitica. In Rumble Fish è ancora un leader, ma discusso e provvisorio: il suo comando è tale solo perché il vero “eroe” se n'è andato, ma i muri della città sono coperti di scritte “The Motorcycle Boy Reigns”, e proprio durante la lotta in cui Dillon/Rusty James difende il proprio status di capo contro il leader di una banda rivale Motorcycle Boy ritorna, e il suo intervento è determinante per codificare (con la punizione del disonesto) l'esito della lotta. Apprendiamo subito che Rusty James e Motorcycle Boy sono fratelli, e la funzione suddetta viene rovesciata: stavolta Dillon/Rusty è il soggetto del mito, che trova il proprio oggetto nel fratello maggiore. (...)
Sicuramente l'iniziazione e la solidarietà virile sono temi tipici del cinema hollywoodiano classico, ma la forza di Rumble Fish non sta nel loro riciclaggio: essa consiste invece nel riprendere vecchi clichés di genere per riprodurli con mezzi nuovi, nel confezionare un film originale con tematiche obsolete (tra queste ultime, mettiamo pure il rapporto tra Rusty James e la fidanzatina Patty, concepita come un suo doppio speculare: educata, di famiglia agiata, rigorosamente monogama; il contrasto tra la vilietta dove abita Patty e l'antro dove vivono Rusty, Motorcycle e il loro padre alcolizzato è uno dei momenti figurativamente più forti dei film).
Ancora sul piano tematico sono però da rilevare due cose. In primo luogo, la figura di Rusty in rapporto a quella dei padre. Quest'ultimo è Dennis Hopper, che nel film di Coppola è sempre una citazione vivente: perennemente sbronzo, ma a suo modo idealista, il padre ha trasmesso a Motorcycle tutta la propria saggezza, a cominciare dalla moto che sembra uscita (sicuramente non è una coincidenza) da Easy Rider. Rusty è diversissimo da lui, come è diverso da tutta una progenie cinematografica di “ribelli” alla James Dean: non è un ribelle, né un “arrabbiato”, né un personaggio alle prese con problemi esistenziali - politici - generazionali. Rusty è uno stato d'animo percorso da una scossa elettrica, un malessere temporaneo che non ha né cause né soluzioni. Il suo anelito alla libertà, la sua aggressività (le due cose coincidono, come nei pesci-tuono che si assalgono l'un l'altro perché rinchiusi nell'acquario) sono senza tempo, senza addentellati: con ciò ritorniamo alla dimensione antropologica (e sicuramente non sociologica, in nessun senso) del film.
Il pesce-tuono che dà titolo al film ci porta alla seconda considerazione che investe anche la struttura formale dei film. Motorcycle Boy è daltonico, vede il mondo in bianco e nero e le uniche macchie di colori che percepisce sono i pesci dell'acquario. I pesci, però, non sono l'unico oggetto colorato dei film: nel finale, Rusty James vede se stesso riflesso a colori nel vetro della macchina della polizia, e il suo legame con il pesce-tuono diviene lampante anche sul piano figurativo. Che tale rapporto riguardi Rusty, e non il fratello maggiore è fondamentale: liberando i pesci nel fiume Motorcycle libererebbe non se stesso, ma il fratello minore, distruggendo quella mitologia di cui Rusty è prigioniero. Il personaggio di Motorcycle è sicuramente un “veggente”, ma diventa anche, nel corso dei film, un “donatore”, sacrificandosi per Rusty, indicandogli la via (la liberazione dei pescituono) donandogli il mezzo (la motocicletta).
Una simile lettura, che equipara Rumble Fish a una fiaba, a un canto popolare, è giustificata dalla struttura stessa dei film. Il bianco e nero è certamente la scelta formale più sorprendente dei film: pare che Coppola voglia, anche con questo mezzo, situare il film fuori dal tempo. Non ci sembra di vedere in Rumble Fish un'influenza del linguaggio video: esiste un “prossimamente” di Rumble Fish, accompagnato dalla canzone Don't Box Me In composta da Stewart Copeland e cantata da Stanard Ridgway, che è di fatto un video musicale straordinario, ma non è certo un caso che tale canzone (l'unica della colonna sonora) compaia, nel film, solo sui titoli di coda. In realtà il referente dei linguaggio di Rumble Fish è sicuramente il cinema americano degli anni '40 e '50, soprattutto, a nostro parere, i film più barocchi e “fiammeggianti” di Orson Welles: il piano-sequenza che segue il primo incontro tra Rusty James e Patty ricorda l'inizio di L'infernale Quinian, la casa diroccata dove Rusty vive sembra uscita dal Processo, la fotografia (di Stephen H. Burum), certe scenografie e il gusto delle inquadrature sghembe hanno la propria origine in Quarto potere e l'idea stessa dell'acquario non può non suscitare il ricordo della stupenda sequenza di La signora di Shangai girata davanti alla vasca degli squali. Secondo noi, Coppola non aveva mai saputo riciclare il passato con tanta forza inventiva: Rumble Fish è un film in cui la trama e i personaggi vengono continuamente contraddetti, e rafforzati, dalle invenzioni linguistiche. L'esempio più macroscopico, naturalmente, è la sequenza (in bilico tra sublime e ridicolo; ma è una scommessa vinta) in cui Rusty, ferito, lievita sopra la città a “visitare” i luoghi della propria esistenza, vivendo di fatto la propria morte. E non è certo un caso che una simile invenzione linguistica si applichi proprio a un topos mitico, l'eroe che scende agli inferi, da Ulisse al Jeremiah Johnson di Corvo rosso non avrai il mio scalpo che vedeva, onorata dagli indiani come un luogo sacro, la propria tomba.
La sostanza mitico-antropologica del film è ribadita, più ancora che dalla struttura figurativa del film e dalla recitazione (i personaggi porgono le proprie battute come sentenze, sembra quasi per Coppola abbia pensato a una recitazione “brechtiana”), dal lavoro sul tempo narrativo. Fin dalla prima scena le nuvole corrono velocissime nel cielo (espediente che ritorna spesso, come nella breve inquadratura in cui la città passa dal giorno alla notte), a suggerire la contrazione dei tempo cronologico. Altrove, come nella suddetta sequenza della lievitazione, il tempo sembra invece fermarsi pur dopo una subitanea accelerazione (la morte anticipata). Coppola ricorre a mezzi forse non sottilissimi (come l'enorme orologio senza lancette davanti al quale Rusty James e Motorcycle parlano coi poliziotto: chiarissima simbologia mortuaria), ma riesce a darci una sintesi perfetta dei due tempi in gioco con un'inquadratura bellissima. Quando Rusty parla con Smokey (in tempo, definiamolo così “reale”) davanti al bar di Benny, nella vetrina dei negozio si riflettono ancora una volta le nubi accelerate. Qui Coppola fa coesistere i due tempi all'interno della medesima inquadratura, rinunciando ad ogni illusione di realismo e calando il film in un'atmosfera senza tempo. Come scrive Lévi-Strauss, sia il mito che la musica si manifestano nel tempo, “ma questa re azione al tempo rivela una natura abbastanza singolare: tutto avviene come se la musica e la mitologia non avessero bisogno dei tempo se non per infliggergli una smentita. Esse sono entrambe macchine per sopprimere il tempo”. Di fatto, Rumble Fish ostenta il tempo proprio per negarlo, così come Apocalypse Now ostentava lo spazio (il viaggio lungo il fiume) per trasformarlo in una discesa a ritroso nel tempo. In questa sua ricerca di una narratività asimmetrica, in cui tempo e spazio si contraddicano l'un l'altro, Coppola raggiunge con Rumble Fish un risultato paragonabile solo alla geniale struttura a incastri dei Padrino - Parte II.
Inutile ribadire che The Outsíders è assai più semplicistico nella sua struttura, pur ponendosi come un ricordo che Pony Boy, il più giovane dei protagonisti, sta riportando nel suo diario. Rumble Fish complica anche questa funzione, presentandoci il personaggio di Steve che percorre tutto il film senza agire, ma trascrivendo (“in diretta”) l'azione altrui su un block-notes: ai limite, potremmo leggere tutto Rumble Fish come il delirio espressionistico di Steve, ma la finezza di Coppola sta nel non esplicitare questa soluzione, nel lasciarcene intatta tutta la responsabilità.
La dialettica tra The Outsíders e Rumble Fish può avere, a nostro parere, una sua azzardata giustificazione. Non va dimenticato che Coppola ha cominciato a lavorare sui romanzi della Hinton subito dopo l'operazione Napoléon, la distribuzione del film di Abel Gance ricostruito da Kevin Brownlow. Sappiamo bene che nel film di Gance compaiono le famose sequenze su schermo triplo, in cui l'immagine centrale (parole di Gance) è la prosa, mentre le immagini laterali sono lo sviluppo poetico di tale prosa. Perché Coppola non avrebbe potuto subire l'influenza di tale concezione, decidendo di sottoporre i due romanzi della Hinton, così simili, a due opposti trattamenti? Se fosse vero, The Outsiders sarebbe la versione prosastica e Rumble Fish la versione poetica di una stessa storia, di uno stesso mito.
E che la prosa si avvicini a modelli narrativi quasi televisivi, mentre la poesia affonda le proprie radici nel grande cinema in bianco e nero, sarebbe da parte di Coppola un'intuizione storica tutt'altro che banale.
Autore critica:Alberto Crespi
Fonte critica:Cineforum n. 235
Data critica:

6-7/1984

Critica 3:Per comprendere il carattere e il comportamento dei protagonisti del film è essenziale analizzare il contesto ambientale in cui essi si trovano a vivere, tenendo conto che un tale ambiente viene filtrato attraverso il punto di vista soggettivo del protagonista. Una città grigia dove regna un’atmosfera di immobilità e fine di tutte le cose. Una sorta di allucinazione, lontana e irreale. Concorrono a questa impressione generale anche le immagini degli ambienti interni, costruite secondo prospettive angolate e profonde che acuiscono la distanza tra i personaggi che li abitano.
Anche la situazione familiare di Rusty è piuttosto deprimente, fortemente segnata dalla condizione di povertà conseguente all’alcolismo del padre. Rusty viene rappresentato come una sorta di Cristo sanguinante, sacrificato per le scelte del padre. Il quale viene a sua volta rappresentato, letteralmente, come una “palla al piede” per sé e per i propri figli. Le condizioni economiche segnano infatti, in modo decisivo, lo stile di vita e le prospettive future del protagonista, un personaggio caratterizzato da un misto di indolenza e di improvvise esplosioni di aggressività, che non sono altro che la diversa espressione di uno stesso disagio.
Sin dall’inizio Rusty James viene presentato come il tipico loser, uno sconfitto che perde la partita mandando il pallino nella buca del biliardo. Egli non sogna una fuga dal reale in mondi alternativi o paralleli perché quasi irreale e deformata è già la dimensione in cui vive. Un incubo vissuto quotidianamente a occhi aperti. Difficile distinguere dove finisce la realtà e ha inizio il sogno. Non c’è interesse sentimentale che smuova il personaggio: la bella e dolce Patty è lì a sua disposizione, ma Rusty James sembra non accorgersene più di tanto e finisce per perderla.

La sola prospettiva di cambiamento per il protagonista è rappresentata dalla figura del fratello, un personaggio che ha fatto del mito del viaggio e della scoperta del mondo una ragione di vita. Il passaggio decisivo è quello di innescare in Rusty James la scintilla della consapevolezza. Un atteggiamento critico nei confronti della propria condizione che il personaggio ha rifiutato sin dall’inizio nell’insofferenza verso l’amico Steve, solito a prendere appunti sui fatti che hanno come protagoniste le bande giovanili che si affrontano in città. Un lavoro di scrittura che sottintende un approccio oggettivo volto ad analizzare e a spiegare gli eventi. Così, all’interno del negozio di animali, Motorcycle Boy spiega al fratello che i pesci nell’acquario combattono perché non possono scappare, facendo un evidente riferimento ai ragazzi del quartiere. Essi sono tuttavia i soli elementi di colore dell’intera città, rivelando in tal modo il loro potenziale di vitale diversità e di irriducibilità alle condizioni imposte dalla società.
Il dialogo tra i due fratelli avviene sotto il controllo minaccioso del poliziotto, antagonista e nemico giurato di Motorcycle Boy, il rappresentante istituzionale di un sistema che pare interessato a far sì che la condizione di marginalità dei protagonisti non debba cambiare. Ed è proprio contro un tale controllo esercitato dal sistema che acquista valore l’azione illegale compiuta da Motorcycle Boy. Il suo è un forte segnale di ribellione da cui deve trarre spunto Rusty James, il quale, dopo aver restituito i pesci all’acqua del fiume, sancisce con la partenza la sua presa di coscienza.
Autore critica:Umberto Mosca
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Rusty il selvaggio
Autore libro:Hintin Susan Eloise

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