Figlio di Saul (Il) - Saul fia
Regia: | László Nemes |
Vietato: | No |
Video: | |
DVD: | CG Entertainment |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Diritti Umani - La libertà, Diritti umani - La politica e i diritti, La guerra, Razzismo e antirazzismo |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | |
Sceneggiatura: | László Nemes, Clara Royer |
Fotografia: | Mátyás Erdély |
Musiche: | László Melis |
Montaggio: | Matthieu Taponier |
Scenografia: | László Rajk |
Costumi: | Edit Szücs |
Effetti: | Barnabás Princz |
Interpreti: | Géza Röhrig (Saul Ausländer), Levente Molnár (Ábrahám), Urs Rechn (Oberkapo Biederman), Todd Charmont (uomo con la barba), Marcin Czarnik (Feigenbaum), Sándor Zsótér (dottore), Jerzy Walczak (Rabbino del Sonderkommando), Uwe Lauer (SS Voss), Christian Harting (SS Busch), Kamil Dobrowolski (Mietek), Amitai Kedar (Hirsch), István Pion (Katz), Levente Orbán (Vassili), Juli Jakab (Ella) |
Produzione: | Laokoon Filmgroup |
Distribuzione: | Teodora Film |
Origine: | Ungheria-Francia |
Anno: | 2015 |
Durata:
| 107'
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Trama:
| 1944. Nel campo di concentramento di Auschwitz, Saul Ausländer, prigioniero, è costretto a bruciare i corpi della propria gente nell'unità speciale Sonderkommando. Sente inevitabilmente il peso delle azioni che deve compiere, ma trova un modo per sopravvivere. Un giorno salva dalle fiamme il corpo di un giovane ragazzo che crede essere suo figlio e decide di cercare in tutto il campo un rabbino, che possa aiutarlo nel dargli una degna sepoltura.
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Critica 1: | Cosa si vede, si sente o si prova quando si vive nell'occhio del ciclone, quando si sta al centro della scena, sempre in movimento eppure immobili? Niente, non si prova niente. Il volto impassibile, il corpo rigido come l'ago puntato di un compasso, mentre tutto attorno il mondo ruota e travolge tutto. La rappresentazione del campo di sterminio in Saul Fia, opera prima del x trentottenne Làszlò Nemes, già collaboratore di Béla Tarr, è efficace e sconvolgente perché segue un doppio movimento che non offre punti di tregua allo sguardo: il movimento del centro, cioè del suo protagonista, Saul Auslànder, membro di una di quelle squadre di prigionieri ebrei che aiutavano i nazisti nella gestione pratica dei campi (i famigerati Sonderkommando), sempre in campo, in primo piano e al centro di lunghi ed elaborati piani sequenza; e il movimento incessante di ciò che accade attorno a lui, l'orrore dello sterminio tenuto in profondità di campo, fuori fuoco, fuori campo, non visto ma sentito, e rappresentato come un mondo a sé, un'alterità così scandalosa da essere concepibile solo con il filtro di una presenza umana insistita, ribadita, un appiglio visivo e di senso.Nell'inferno di un lager raccontato come una fabbrica a pieno regime, come una fornace o la cambusa di una nave rumorosa e fagocitante; nella babele di lingue, provenienze, incomprensioni e disperazioni dei suoi condannati; nell'inferno di compiti, ordini, esecuzioni, omicidi, pulizie, rivolte, fughe e rumori, Saul Auslànder è l'ultimo uomo sulla Terra. La tenace ricerca di un rabbino che dia sepoltura al cadavere di un ragazzo nel quale l'uomo crede di riconoscere il figlio, è il segnale di una resistenza umana a una spaventosa filiera della morte (dallo svestizione dei prigionieri alla camera gas, dallo sgombero dei cadaveri allo smaltimento della cenere) che non può essere accettata dalla ragione. Oltre a quella di Saul, Nemes racconta altre forme di resistenza: quella «documentaria» di chi fotografa e racconta lo sterminio per tramandarne la memoria e quella armata di chi si solleva contro gli aguzzini. Il suo personaggio, però, non partecipa a nessuna di queste azioni: insegue la ritualità religiosa in una chiara ricerca identitaria ed esistenziale, ma soprattutto si abbandona a una consapevolezza della morte da cui sa di non poter sfuggire.E proprio nella tragica contraddizione del suo comportamento, nella resistenza di un morto alla morte stessa, nell'immobilità del suo frenetico vagare, con il 35mm e il formato 1.33:1 che imprigionano lo sguardo nei bordi dell'inquadratura, Saul Fia rivela tutta la potenza della sua riflessione sulla violenza come azione così naturale per l'uomo da essere intollerabile. Nemes costringe lo spettatore a guardare ciò che non può essere rappresentato, mette in scena la morte e al tempo stesso la sfoca, gira letteralmente due film, quello su Saul in primo piano e quello sul campo di sterminio sullo sfondo, e così facendo chiude forse una volta per tutte i conti fra il cinema e l'Olocausto. |
Autore critica: | Roberto Manassero |
Fonte critica | Cineforum n. 546 |
Data critica:
| 7/2015
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Critica 2: |  |
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Critica 3: |  |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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