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Gattopardo (Il) -

Regia:Luchino Visconti
Vietato:No
Video:Creazioni Home Video, Mondadori Video
DVD:Medusa Video
Genere:Storico
Tipologia:Letteratura italiana - 800, Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Sceneggiatura:Suso Cecchi D'Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli, Luchino Visconti
Fotografia:Giuseppe Rotunno
Musiche:Nino Rota
Montaggio:Mario Serandrei
Scenografia:Mario Garbuglia
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Claudia Cardinale, Lou Castel, Olimpia Cavalli, Pierre Clementi, Rina De Liguoro, Alain Delon, Vittorio Duse, Leslie French Chevalley, Brock Fuller, Ivo Garrani, Giuliano Gemma, Mario Girotti, Burt Lancaster, Tina Lattanzi, Maurizio Merli, Rina Morelli, Lucilla Morlacchi, Ottavia Piccolo, Paolo Stoppa, Romolo Valli
Produzione:Goffredo Lombardo Per Titanus (Roma), S. N. Pathé Cinema, S.C.G. (Parigi)
Distribuzione:Istituto Luce
Origine:Francia, Italia, Usa
Anno:1963
Durata:

205'

Trama:

Dal romanzo postumo (1958) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: mentre nel 1860 Garibaldi e le sue camicie rosse avanzano in Sicilia, Tancredi, nipote del principe don Fabrizio di Salina, si arruola volontario e si fidanza, col consenso dello zio, con Angelica, figlia di un nuovo ricco. Dopo essere andato, come tutti gli anni, nella sua villa di campagna a Donnafugata, il principe dà un ballo nel suo palazzo di Palermo dove l'aristocrazia festeggia la scongiurata rivoluzione.

Critica 1:Il Gattopardo di Giuseppe Tornasi di Lampedusa prenderà posto probabilmente nella nostra letteratura come un classico minore, un po' sul livello delle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo. Le rassomiglianze non mancano: nelle Confessioni è rievocato con nostalgia e humour il mondo prima del 1789; nel Gattopardo parimenti con nostalgia e humour è dipinto il mondo non meno defunto del legittimismo borbonico prima del 1860. Ambedue i libri, poi, trattano, in fondo, del Risorgimento. Infine nel Gattopardo come nelle Confessioni c'è la storia d'una delusione e la fine è triste. Ma c'è una differenza sostanziale; Nievo era dalla parte di Garibaldi, garibaldino lui stesso, e la sua visione anche se malinconica non è mai scettica; Tomasi invece era dalla parte dei Borboni e la sua visione sfiora il qualunquismo sia pure temperandolo di aristocratica e colta eleganza. Il qualunquismo di Tomasi, tuttavia, trova una sua giustificazione storica nel fallimento del Risorgimento sfociato alla fine nel fascismo e nella catastrofe del Regno d'Italia; evidentemente Nievo non avrebbe potuto prevedere che a Garibaldi e alle camicie rosse avrebbero dovuto seguire Mussolini e le camicie nere. Comunque il paragone con Nievo non vuole essere più che un pretesto per mettere a fuoco la particolare qualità dello scetticismo borbonico di Lampedusa. Semmai sarebbe forse più illuminante fare un'analisi stilistica, alla Spitzer, della prosa del Gattopardo e vedere come Lampedusa abbia cercato di risolvere il problema del linguaggio narrativo con il ricorso al “parlato” della nostra classe dirigente: questo forse potrebbe spiegare in parte l'immenso successo tributato dalla suddetta classe ad un libro nel quale essa ha ritrovato non soltanto le sue idee e la sua concezione della vita ma anche, addirittura, i suoi moduli linguistici. Si prenda per esempio nel libro l'arrivo di Don Calogero, in frac, al pranzo di casa Salina e si veda come Lampedusa descrive questo arrivo: “Perfettamente adeguato quale manifestazione politica, si poteva però affermare che, come riuscita sartoriale, il frac di Don Calogero era una catastrofe. lI panno era finissimo ma il taglio semplicemente mostruoso”. Dove le parole “catastrofe” e “semplicemente mostruoso” mondane e quasi gergali, sono esattamente quelle che avrebbe adoperato Lampedusa nella vita reale parlando del frac d'un amico cafone. Luchino Visconti, posto di fronte al problema di tradurre sullo schermo Il Gattopardo, non ha preso in eccessiva considerazione la particolare fisionomia storica, stilistica, morale del libro, tutto giocato piuttosto sull'efficacia della sensibilità che sulla superiorità d'una visione comprensiva e profonda, e ha voluto trattare Il Gattopardo come una specie di Guerra e Pace italiano, con il ritmo e lo stile che sarebbero stati necessari per unTolstoj. Ma Il Gattopardo non è epico; Salina non è Bezukov; e il decadentismo acre e signorile di Lampedusa non è il naturalismo omerico di Tolstoj.
D'altra parte Visconti ha voluto esser fedele agli avvenimenti del libro anche quando non era indispensabile. Da questa infedeltà spirituale e fedeltà fattuale è seguita una sproporzione tra la vastità dell'affresco che il regista ha dipinto con larga, classica pennellata e la ristrettezza del contenuto del Gattopardo. Qualcuno ha parlato di Via col vento. L'osservazione ha qualche cosa di vero: essendo mancato il contenuto grandioso di un Tolstoj, il film doveva per forza ricadere nel vasto spettacolo di elevato livello artistico. Ma è anche vero che questa rassomiglianza si ferma alla struttura, al ritmo narrativo. Nel film di Visconti c'è un'autenticità che è vano cercare in Via col vento.
Essendo partito con questa idea del vasto, tradizionale affresco storico, Visconti ha dovuto sacrificare l'amore che in Lampedusa c'è, sicuro, ma non di qualità tolstoiana, al contrario. Siamo ben lontani dagli amori tradizionali quando Lampedusa, con alquanto cattivo gusto liberty, avverte: “E l'eros era sempre con loro, malizioso e tenace”. Allorché, in una stanza delle soffitte, Tancredi e Angelica trovano in fondo ad un armadio “un fascio di piccole fruste, di scudisci, di nervi di bue, alcuni con manici di argento, altri rivestiti sino a metà da una graziosa seta molto vecchia a righine azzurre sulla quale si scorgevano tre file di macchie nerastre ed attrezzini metallici, inspiegabili” si penserebbe che il Visconti sensuale e crudele di certe sequenze di Senso e di Rocco e i suoi fratelli avrebbe colto l'occasione per un approfondimento sia pure discreto delle indicazioni di Lampedusa. Invece, niente; il decadentismo di Lampedusa, fisiologico prim'ancora che letterario, è stato sacrificato da Visconti, che pure era il solo regista italiano in grado di esprimerlo, ad una visione “sana” dell'amore. E infatti la parte delle soffitte, torbida e ambigua nel libro, nel film manca di mordente. Visconti ha puntato tutto il gioco sulla figura del principe e bisogna dire che è riuscito perfettamente nel suo scopo. C'è sempre stata in Visconti una certa difficoltà per non dire impossibilità d'esprimersi ossia di parlare di se stesso, di dirci qualche cosa che lo riguardi direttamente. Questa volta, per una quantità di motivi che vanno dalla sua origine sociale alla sua esperienza politica, egli ha saputo identificarsi con il principe ed è riuscito a far sì che il suo sangue scorresse nelle vene del personaggio fluidamente e abbondantemente, come non gli era mai avvenuto sinora. Ogni volta che il principe entra in scena, Visconti va a colpo sicuro alla verità umana di lui con una felicità delicata, una misura poetica, una commozione e una sicurezza dentro la commozione assolutamente convincenti. Salina è un personaggio a tutto tondo, un ritratto in piedi di alta classe: soltanto Visconti comunista e aristocratico poteva con tanta sottigliezza dosare il grado di scetticismo e di patetica nostalgia del principe di fronte alle questioni sociali e politiche dell'epoca, nonché le sfumature quasi proustiane della sua personalità mondana e familiare. Rassomiglia Salina a Visconti? Certamente no, ma non importa. Visconti s'è servito di Salina per dirci qualcosa d'importante e di preciso su se stesso; in altri termini s'è espresso; e tanto basta.
Di rimbalzo, dovunque la realtà è vista con l'occhio al tempo stesso feudale e marxista del principe, essa si rivela giusta, immediata, concreta e felice: si vedano, per esempio, l'arrivo a Donnafugata, le facce simbolicamente polverose della famiglia, i dialoghi con Don Calogero, con padre Pirrone, con Chevalley; nella seconda parte le facce grottesche delle dame palermitane al ballo, all'alba. Dovunque invece Visconti ha visto la realtà attraverso la pittura napoletana dell'Ottocento o il naturalismo pre-impressionista, come per esempio nella descrizione del vicolo dove abita la prostituta amante del principe, nelle battaglie per le strade di Palermo e nelle sequenze dei dialoghi tra il principe e don Ciccio Tummeo, un velo d'irrealtà un po' estetizzante si frappone tra noi e lo schermo. Oltre che nel principe, Visconti s'è espresso con compiuta felicità negli sfondi paesaggistici e negli interni. I panorami della Sicilia sono bellissimi e sempre necessari alla storia; gli interni pur ricostruiti con un fasto al tempo stesso meticoloso e magnifico, non distraggono dalla vicenda. In realtà Il Gattopardo è il film più serio, più equilibrato, più misurato, più fuso e più accurato anche se non il più estroso di Visconti.
Il quale ha trovato in Burt Lancaster un impareggiabile interprete. Quest'attore non è mai stato così grande, con un'interpretazione fatta di misura, di finezza, di eleganza, d'impassibilità e d'autorità, che da sola costituisce la parte principale dello spettacolo. Intorno a Burt Lancaster, si muovono, in interpretazioni più caratteristiche e tutte assai felici, Romolo Valli che è padre Pirrone, Rina Morelli che è la moglie del principe, Stoppa che è Don Calogero e Leslie Franch che è Chevalley. Meno ci convincono Serge Reggiani nella parte di don Ciccio Tummeo e Alain Delon in quella di Tancredi. Quanto a Claudia Cardinale: Visconti ha colto nel segno facendone una bellezza isolana proterva, acre, un po' bestiale, al limite della volgarità, senza dubbio autoritaria e ambiziosa. Ma Angelica non è che una presenza. Poiché, per motivi di “sanità” classica, gli amori di Tancredi e Angelica non ci sono, la Cardinale non agisce.
Autore critica:Alberto Moravia
Fonte criticaL'Espresso
Data critica:

7/4/1963

Critica 2:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Gattopardo (Il)
Autore libro:Tomasi di Lampedusa Giuseppe

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