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Partitura incompiuta per pianola meccanica - Neokoncennaja p'esa dlja mekhaniceskovo pianino

Regia:Nikita Mikhalkov
Vietato:No
Video:Multivision
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:letteratura drammatica
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto da "Platonov" di Anton Pavlovic Cechov
Sceneggiatura:Aleksandr Abadas'jan, Nikita Mikhalkov
Fotografia:Pavel Lebesev
Musiche:Eduard Artemyev
Montaggio:Lyudmila Yelyan
Scenografia:Aleksandr Abadas'jan, Aleksandr Samulekin
Costumi:Maya Abar-Baranovskaya
Effetti:
Interpreti:Aleksandr Kalyagin (Platonov M.Vasilevic), Elena Solovej (Sofia Saloviej), Evgenja Glusenko (Sasenka), Ksenja Minina (Liza), Serghej Nikonenko (Yakov), Jurij Bogatyryov (Ivan I Triliezikij), Antonina Suranova (Anna Petrovna Vojniceva)
Produzione:Mos Film Mosca
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Urss
Anno:1976
Durata:

106’

Trama:

Anna Petrovina, vedova di un ufficiale russo e proprietaria di una grande villa, pensa di riunire un gruppo di amici e di vicini e prepara per loro balletti di zingari, la sorpresa di una pianola e fuochi di artificio. Si incontrano così persone tra loro già legate o da parentela o da conoscenza, tutte del ceto borghese, più o meno deluse dalla vita ed eternamente annoiate: tra di esse Platonov Mikhail, Sofia (la nuora di Anna) con il fragile marito Sasha, Glushenko, la timida e giovanissima moglie dello stesso Platonov, un medico sfiduciato ed altri ancora. Tutta la cornice e tutti i conversari appaiono frivoli e forzatamente gai, ma Platonov, che è maestro nel vicino villaggio, ritrova in Sofia la donna, solo pochi anni prima, profondamente amata. Egli si aggrappa ai più toccanti e dolci ricordi, per ravvivare in lei una fiamma che era più che vivida. Ma la sua azione, a cui Sofia non è insensibile, perché anche lei amava l'uomo, finisce con il determinare inquietudini e disordine nell'eterogeneo gruppo degli invitati, venendo con ciò a galla le frustrazioni, i risentimenti e le reazioni di tutti, malgrado la giornata che voleva fornire solo una occasione di spensierata evasione, mentre ora non vi sono che irritazione e lacrime. Platonov tenterà di suicidarsi, lanciandosi disperato nel fiume che lambisce la proprietà, ma il suo corpo non incontra a riva che pochi centimetri di acqua. Dovrà continuare a vivere, nella mediocrità e nella noia, come gli altri, amato però ed accettato dalla trepida sua sposa. Sullo sfondo domina sempre, scettica e sarcastica, Anna, la padrona di casa, che tranquillizza gli ospiti, assicurandoli che "tutto tornerà come prima. E tutto andrà bene". Così le accensioni, i turbamenti e le prese di coscienza si attenueranno di nuovo, fino a spengersi e seppellirsi sotto la eterna, soffocante coltre della delusione e della noia.

Critica 1:Libera trasposizione (scritta dal regista trentenne con Aleksandr Adabas'jan) di un dramma senza titolo del ventenne Anton Cechov (1860-1904), pubblicato postumo nel 1923. Eroe del disgusto e dell'indeterminatezza, Michail Platonov è il personaggio principale di un'azione corale che "scorre placida come un fiume russo". N. Michalkov ne ha smorzato il dongiovannismo e sottolineato l'abulia dell'intellettuale fallito che porta il lutto di sé stesso. Anche il finale è mutilato: invece della revolverata con cui Sofia (E. Solovej) lo uccide, c'è il ridicolo e patetico tentativo di suicidio di Platonov, ultimo segno di quell'altalena tra melodramma e grottesco, dolore e beffa, sospiri e scherzi su cui Michalkov ha tenuto la sua riscrittura cechoviana. C'è una compagnia di attori di raro affiatamento tra cui lo stesso regista nella parte del medico Trileeski. Distribuito in Italia nel 1985.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) Parlando della sua rilettura del Platonov di Cechov, Michalkov sostiene di aver voluto riscoprire un autore il cui «segno d'interpunzione preferito non è né il punto, né il punto interrogativo o esclamativo, ma i puntini di sospensione». La dichiarazione fa il paio con quell'altra, per cui il regista avrebbe eliminato dalla commedia ogni aspetto «ultimo stadio della società in decadenza». Niente estenuazioni insomma, ma soprattutto niente percorsi predeterminati con finale (tragico) obbligato. In Platonov c'è un morto fuori scena (Osip, il ladro di cavalli, che esemplarmente conclude ammazzato la sua parabola di personaggio romantico votato all'estinzione nella nuova società di mercanti) e c'è l'assassinio in scena del protagonista, vittima del carosello infernale in cui si è cacciato per la propria instabilità sentimentale ma più ancora per l'ansia di autodistruzione che lo domina negli ultimi due atti. Ci sono inoltre due tentati suicidi da parte di Sašenka, la moglie, e un paio di agguati. (…)
La commedia come luogo di un dramma non consumato e deviato in espressioni via via più grottesche: è questa un'interpretazione di Cechov al secondo livello, della forma più che del contenuto delle sue opere, ben diversa da quella di chi prende lo scrittore alla lettera e mette in scena fronti aggrottate o ispirati languori. Michalkov, operando con libertà, rinserra anzitutto lo svolgimento in ventiquattr'ore; inoltre unifica il luogo dell'azione nella villa di Anna Petrovna, in modo da creare uno spazio che esalta ripetizioni e varianti di una medesima situazione, nonché la simultaneità delle strategie dei vari personaggi destinate a smussarsi l'una con l'altra. In effetti i creditori della padrona di casa, alla stregua delle tre donne che ruotano intorno a Platonov, vedono frustrate le proprie aspettative non tanto per l'abilità della «generalessa» o del protagonista a sfuggire agli impegni (i due anzi si rivelano a loro volta deboli e perdenti) ma per il continuo spostarsi del punto focale, per l'accavallarsi di elementi eterogenei nei faccia a faccia così come nei momenti collettivi.
Laddove si sta per giungere a un chiarimento o a una decisione, Michalkov è pronto a far intervenire una figura di disturbo (vedi il duetto sull'amaca fra Platonov e Anna Petrovna interrotto da un servo) oppure a dissolvere il diapason drammatico in un controcanto irriverente (la sfuriata del protagonista contro l'irresponsabile Trileckij, che si è rifiutato di correre al capezzale di un malato, è troncata dalla buffa imitazione del cervo in amore da parte di un terzo personaggio). Altre volte è la situazione in partenza scherzosa a esser virata d'un tratto verso toni accesi. Si prenda la scena del bacio fra Anna Petrovna e Platonov, che nasce come scherzo e diventa manifestazione passionale, creando stupore e scompiglio fra gli astanti e sancendo la momentanea vittoria della padrona di casa sulle contendenti. Ogni ospite della villa segue in realtà una propria partitura e dentro le forme leziose di una commedia, dove il confronto definitivo è sempre rimandato, Michalkov si diverte a creare attriti o uscite un po' fuori registro. Talvolta gli basta lasciare che il personaggio vada a fondo nella propria ottusa inconsapevolezza del gioco altrui: si pensi al sorriso ebete di Sašenka nella citata scena del bacio, alla gestualità magniloquente che accompagna le nebulose dichiarazioni di impegno filantropico dello sfaccendato Vojnitzev, del tutto cieco di fronte ai turbamenti della moglie Sofia per Platonov, o al ridicolo romanticismo del timido Porfirij, pieno di buoni sentimenti e di senso della dignità e tenacemente innamorato della «generalessa». Non sempre però le smagliature all'elegante schermaglia di una società a porte chiuse nascono dalla marcatura grottesca di questo o quel carattere; il regista non rinuncia a far sentire anche il peso di un «esterno» che preme su quelle forme ormai vuote e su quei rituali compensativi. AI culmine della cena, quando il reazionario Serbuk declama per l'ennesima volta le sue idee sui «figli delle serve», il vero proprietario della tenuta, Petrin, un borghese di umili origini, fa notare che anche i divertimenti di lor signori son stati pagati da un figlio di contadini: «Voi vivete perché vivo io», è l'impeccabile conclusione. Ma Michalkov non costruisce il tragicomico balletto degli aristocratici solo con il controcanto di una visione di classe. Lo sguardo esterno da prendere in considerazione nell'analizzare il suo film è anche quello del ragazzino capitato per caso nella villa che nell'ultima inquadratura volge le spalle alla macchina da presa, respingendo sia il ruolo di rappresentante di un futuro che si dà a vedere, sia quello di giudice di una società ormai al tramonto. In fondo anche la figura di Platonov appare nel film caratterizzata da una sostanziale evasione rispetto al «presente» degli altri personaggi: egli vive al passato nell'immagine di una storia d'amore interamente idealizzata (vista la pochezza che contraddistingue la Sofia reale); l'ironia che rivolge a quanti lo circondano è uno strumento di difesa, per mantenere le distanze, prima che di accusa, e la disperazione lo coglie non già alla scoperta del marciume dell'aristocrazia, ma all'inevitabile ricongiunzione finale con la sua epoca, al disincanto del sogno giovanile. Il grido «Sono uno zero, ho trentacinque anni» suona infatti, più che come il riscontro di un fallimento generazionale, come un doloroso risveglio al presente dopo un lungo autoinganno. Il ritrovamento della materna Sašenka, dopo l'infantile tentativo di suicidio, corrisponde forse a un'ulteriore regressione verso il grembo materno: quasi un'anticipazione di quel l'«oblomovismo» dal tratto fortemente edipico che troveremo nella successiva traduzione per lo schermo del libro di Goncarov.
In realtà l'atteggiamento di Michalkov verso la materia del suo film è quello di una sottile sospensione del giudizio. Il frenetico ricercare scambi e autoconferme da parte dei personaggi non approda che a un improduttivo gioco al massacro; le singole partiture non si ricongiungono in un'unica armonia, anzi a un certo punto la «musica» sfugge di mano, come suggerisce il bell'episodio che motiva il titolo del film: quello di una pianola meccanica che accellera parossisticamente un brano di Listz mandando in deliquio la candida Sašenka. Anche a livello cinematografico troviamo delle «storpiature» che spezzano progressivamente il placido fluire del racconto, consacrato nelle prime sequenze da una serie di morbide dissolvenze sulla villa che esce dalla cattiva stagione e da un perfetto integrarsi, dopo l'entrata in scena dei personaggi, di primi piani e campi lunghi. Su quel ritmo iniziale, che restituisce uno scorcio idillico, separato dal tempo e dalle tensioni, la macchina da presa gradualmente innesta delle varianti: indugia sui volti e ne rivela l'imbarazzo, ricorre a ellissi (l'inquadratura di un'amaca che dondola; l'immagine vista attraverso un canocchiale) e infine separa l'interno della villa dall'esterno, trasformando un ambiente realistico senza soluzioni di continuità in un teatro, con riprese attraverso le finestre in cui i personaggi sono di volta in volta spettatori o attori.
L'arrivo di Platonov che, come abbiamo detto, rappresenta un'infrazione al «presente» della commedia, introduce una visionarietà onirica, ben resa dal primo dialogo intimo fra lui e Sofia, in cui i due, nascosti dalla penombra di un sottoscala, emergono e scompaiono alternativamente a sancire una compresenza e una distanza (Platonov in effetti parla della donna al passato). La sequenza dei fuochi d'artificio, girata in bianco e nero, risospinge il protagonista in un tempo cristallizzato, immergendolo nuovamente in un sogno giovanile che tende però a farsi incubo. Siamo infatti ormai al disincanto ed è sintomatico che l'ultima soggettiva di Platonov, che accompagna il forzato ritorno al presente, sia un vorticoso piano-sequenza: non più cioè la morbidezza delle immagini iniziali del film, che integravano l'uomo nella natura, ma la violenta separazione, il sobbalzare della camera a mano. L'armonia, quell'armonia mitica, non è più raggiungibile e il ritorno della calma, con i personaggi che ritrovano una solidarietà nelle prime luci dell'alba, partecipa di una farsa. In attesa di più cocenti disillusioni.
Autore critica:Ludovico Stefanoni
Fonte critica:Cineforum n. 248
Data critica:

10/1985

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Platonov
Autore libro:Cechov Anton Pavlovic

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