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Circo (Il) - Circo (The)

Regia:Charles Chaplin
Vietato:No
Video:Mondadori Video, Ricordi Video
DVD:
Genere:Commedia
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Charles Chaplin
Sceneggiatura:Charles Chaplin
Fotografia:Roland Totheroh
Musiche:Charles Chaplin
Montaggio:Charles Chaplin
Scenografia:Charles D. Hall
Costumi:
Effetti:William E. Hinckley
Interpreti:Albert Austin, Henry Bergman (vecchio clown), Charles Chaplin (vagabondo), Heinie Conklin, Harry Crocker (Rex, l'acrobata), George Davis (Mago), Allan Garcia (padrone del circo), Merna Kennedy (cavallerizza), Bill Knight (poliziotto), Betty Morissey (donna fantasma), Steve Murphy (ladro), Jack Pierce (addetto alle corde), John Rand (Assist. Trovarobe/Clown), Stanley Sanford (Attrezzista Capo), Armand Triller (Clown)
Produzione:Charlie Chaplin per United Artists
Distribuzione:Cineteca del Friuli - Cineteca palatina - Cineteca Griffith - Zari
Origine:Usa
Anno:1928
Durata:

76’

Trama:

Charlot, assunto come inserviente in un circo, suscita, con i suoi gesti maldestri, l'ilarità del pubblico che, richiamato dalla sua presenza, accorre sempre più numeroso. Pur senza saperlo, egli diventa ben presto l'attrazione numero uno dello spettacolo, ma, mentre il circo prospera, la sua posizione e la sua paga restano uguali. Finalmente, una giovane trapezista sua amica, Myrna, gli rivela la verità, riuscendo a fargli ottenere un aumento di stipendio. Segretamente innamorato di lei, Charlot si illude, in seguito alla predizione di una chiromante, di essere l'uomo destinato a sposarla. Il fortunato, invece, è Rex, l'equilibrista. Divenuto incapace di far ridere e, per questo, minacciato di licenziamento, Charlot si allena segretamente sulla corda per diventare come Rex e una sera, in sua assenza, viene chiamato a sostituirlo. La sua esibizione scontenta il proprietario e viene licenziato. Per stargli accanto, Myrna abbandona il circo, ma Charlot, generosamente, fa in modo che Rex la raggiunga e la sposi.

Critica 1:The Circus è una delle opere chapliniane più istintive e immediate, disperate e vaghe, precorritrici di Limelight (Luci della ribalta) e della vittoria (solo in parte mediata dall'ironia) del "cuore" sulla "mente". E non è un caso che, proprio come Limelight, The Circus sia uno dei film in cui l'autobiografia sia più trasparente. Innanzi tutto entrambi sono discorsi sul comico: qui Chaplin ne sottolinea le esigenze di spontaneità (durante le prove Chaplin è un disastro, solo nell'improvvisazione di fronte al pubblico riesce a far ridere); poi non deve portare dentro di sé tristezza, ma usarla come una molla nascosta. ....Entrambi i film si chiudono con una rinuncia, che ha il tono della sconfitta solo in quanto la sconfitta è una misura costante della vita e si può quindi, rovesciando la prospettiva, uscirne paradossalmente vincitori."
Autore critica:Giorgio Cremonini
Fonte criticaCharlie Chaplin, Il Castoro
Data critica:

1995

Critica 2:(…) nel successivo The Circus (…) Chaplin dà ampio risalto, forse per la prima volta, al suo antagonista istituzionale, il Padrone. La figura del Direttore del Circo è tutt'altro che comica: è questi che maltratta Merna, con modi che rimandano a certe descrizioni dickensiane; è questi che, quando Charlot fa il "numero" sul filo e un inserviente mormora « Si ucciderà », risponde « Niente paura. L'ho assicurato ». Figura tutta d'un pezzo, essa chiarisce i limiti ideologici del discorso chapliniano, il suo scivolare verso tentazioni idealistiche; se in The Gold Rush il Capitale o, meglio, il denaro trovava una significativa convergenza di significanti con la Natura, configurando in questo modo l'altro come totalità extrastorica, qui l'altro si identifica con il Potere: non un meccanismo sociale, ma un'entità assoluta - alla quale si oppone la libertà naturale di Charlot (questi infatti non ha coscienza del proprio ruolo subordinato, accetta la situazione nella misura in cui questa gli permette di sopravvivere). Quando si ribella, lo fa per uno di quei gesti folli che lo contraddistinguono: rifiutato implicitamente da Merna, che ama l'equilibrista Rex, la aiuta a realizzare il suo "sogno d'amore". Da questo momento il timido, introverso, pauroso Charlot si trasforma in un uomo cosciente dei propri diritti, battagliero, generoso. Ciò non toglie che la trasformazione rimanga chiusa in un ambito individualistico: Charlot è colui che può aiutare gli altri, ma non è mai colui che si unisce agli altri. E The Circus si chiude ancora una volta sulla sua solitudine.
Il film si sviluppa, contrariamente a The Gold Rush, su un filo poco omogeneo, frequentemente frammentato, come « un meccanismo frenato, sorto per combinazioni successive, pezzo per pezzo » (Baldelli). Tutta la sequenza iniziale (il furto e l'inseguimento nel Luna Park) potrebbe costituire una comica a sé, di tipo keystoniano - tosi come alla tradizione Keystone appartengono i numerosi gag con gli animali che costellano il film: il mulo che perseguita Charlot; Charlot chiuso nella gabbia del leone; il cane che abbaia svegliando il leone; il gatto che impaurisce Charlot appena sfuggito al pericolo; le scimmie. Essi diventano però autentici portatori d'incubo. L'ambiente del circo è un universo assurdo, dominato dall'irrazionale e dalla violenza: irrazionale (gli animali) e violenza (il direttore) sono le facce complementari della stessa mostruosità. Nella struttura di apparenza tradizionale dei gag è sempre in gioco qualcosa che esce dalla connotazione specifica dei rapporti umani; la stessa lotta per la sopravvivenza, che nel primo incontro con Merna restituisce a Charlot la sua misura di egoismo e perciò di umanità, viene successivamente dilatata; nella lunga sequenza sui filo (nel finale) il pericolo assume dimensioni apocalittiche; il filo oscillante e le scimmie si traducono in lancinante (e non piú comica) parafrasi della vita, che attraverso il comico viene restituita alla sua naturale tragicità. La scelta di Charlot di essere equilibrista, malgrado gli infantili tentativi di proteggersi dai rischi di una caduta disastrosa, diventa immagine virtuale di un suicidio, negazione della vita contenuta in ogni gesto della vita stessa. Forse Chaplin non è mai stato (e non sarà mai piú) cosí pessimista: da questo pessimismo nasce la solitudine come orgogliosa vittoria dell'individuo, che lascia che la società (il circo) proceda da sola - non senza dolore, certo, ma con la convinzione che in fondo sia meglio cosí.
Questo procedere per concetti astratti fa di The Circus una delle opere chapliniane piú istintive e immediate, disperate e vaghe, precorritrice di Limelight e della vittoria (solo in parte mediata dall'ironia) del "cuore" sulla "mente". E non è un caso che, proprio come Limelight, The Circus sia uno dei film in cui l'autobiografia sia piú trasparente. Innanzitutto entrambi sono discorsi sul comico: qui Chaplin ne sottolinea le esigenze di spontaneità (durante le prove Charlot è un disastro, solo nell'improvvisazione di fronte al pubblico riesce a far ridere); poi non deve portare dentro di sé la tristezza, ma usarla come una molla nascosta (il pathos come molla del comico e non come compresenza). Entrambi i film hanno come protagonista un attore, con i suoi problemi, il recupero del sentimento come sola forma esternata dell'arte; entrambi si chiudono con una rinuncia, che ha il tono della sconfitta solo in quanto la sconfitta è una misura costante della vita e si può quindi, rovesciando la prospettiva, uscirne paradossalmente vincitori.
The Circus racconta inoltre dell'arrivo di Chaplin negli USA (il circo) e i suoi esordi cinematografici. Egli giustifica se stesso di fronte alle mediocrità imposte da Sennett e si attribuisce il ruolo di rinnovatore del cinema comico americano (il circo torna ai suoi splendori solo grazie alla freschezza delle "trovate" di Charlot). Ma la condizione dell'artista è sempre solitudine e lotta: egli gioca su un filo, aggredito convulsamente da scimmie che vogliono farlo cadere e può salvarsi solo rifiutandosi a chi in fondo non ha saputo accoglierlo. Il film nasce probabilmente in un periodo particolare della vita di Chaplin, in cui le vicende sentimentali hanno un peso non trascurabile. L'autobiografismo diventa cosí autogiustificazione, moto compassionevole verso se stesso e ribellione presuntuosa e sprezzante. Questo Charlot non ha piú molto del piccolo uomo debole e indifeso di altre opere: Chaplin lo trasforma, pur conservandone gli aspetti patetici del perseguitato, del timido, dell'introverso, in una sorta di genio incompreso cui non è riservata quella libertà individuale e quella serie di privilegi che avevano sostenuto i surrealisti in Hands of Love. Ma The Circus nasce soprattutto in un momento particolare della storia del cinema, mentre si comincia ad affermare clamorosamente il sonoro. Per il momento Chaplin sembra semplicemente accantonare il problema del nuovo medium, ma sia The Gold Rush che The Circus ribadiscono l'appartenenza del cinema chapliniano al mondo del muto e della pantomima. (…)
Autore critica:Giorgio Cremonini
Fonte critica:Charlie Chaplin, Il Castoro Cinema
Data critica:

1978

Critica 3:
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Libro da cui e' stato tratto il film
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