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Flags of Our Fathers -

Regia:Clint Eastwood
Vietato:No
Video:
DVD:Warner Bros - Biblioteca Panizzi
Genere:Drammatico
Tipologia:La guerra, La memoria del XX secolo, La storia
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:dal libro di Ron Powers e James Bradley
Sceneggiatura:Paul Haggis, William Broyles Jr.
Fotografia:Tom Stern
Musiche:Clint Eastwood
Montaggio:Joel Cox
Scenografia:Henry Bumstead
Costumi:Deborah Hopper
Effetti:Digital Domain
Interpreti:Ryan Phillippe (John 'Doc' Bradley), Adam Beach (Ira Hayes), Jesse Bradford (Rene Gagnon), Jamie Bell (Ralph 'Iggy' Ignatowski), Joseph Cross (Franklin Sousley), Neal McDonough (Capitano Severance), Paul Walker (Hank Hansen), Barry Pepper (Sergente Mike Strank), John Benjamin Hickey (Keyes Beech), Matt Huffman (Tenente J.K. Wells), Robert Patrick (Colonnello Chandler Johnson), Stark Sands (Walter Gust), Tom Verica (Tenente Pennel), Jason Gray-Stanford (Tenente Harold Schrier) John Slattery, (Bud Gerber) Scott Reeves (Lundsford)
Produzione:Clint Eastwood, Steven Spielberg, Adam Goodman per Malpaso Productions, Dreamworks, Warner Bros. Pictures Inc., Amblin Entertainment
Distribuzione:Warner Bros.
Origine:Usa
Anno:2006
Durata:

130'

Trama:

Storia di amicizia, coraggio, sopravvivenza e sacrificio sullo sfondo della sanguinosa battaglia di Iwo Jima, un'isola sperduta con spiagge scure e cave di zolfo, presidio giapponese durante la II Guerra Mondiale. Il film segue le vicende dei sei soldati americani - cinque Marines e un ufficiale sanitario della Marina - passati alla storia per essere stati immortalati nell'atto di piantare la bandiera Americana sul Monte Suribachi.

Critica 1:C'è una bella congiura di talenti all'origine di Flags of Our Fathers: Clint Eastwood regista, Paul Haggis (Oscar per Crash) sceneggiatore, co-produttore Steven Spielberg, che sulla seconda guerra mondiale aveva dato già il suo punto di vista in 'Salvate il Soldato Ryan'. (...) La prima parte del film che mette in scena lo sbarco degli americani sull'isola, è caratterizzata da una regia ampia e solenne, ma allo stesso tempo semplice e ad altezza d'uomo: nello stile di un John Ford, del quale certe inquadrature ricordano i documentari di marina girati proprio durante la guerra. Dove Clint si dissocia, implicitamente, dal grande predecessore è invece nell'atteggiamento di fronte alla leggenda. Ne 'L'uomo che uccise Liberty Valance' Ford sostiene che, ove la leggenda sia più bella della realtà, deve prevalere la leggenda. Lui, però, celebrava la nascita di una nazione, mentre Clint sconta il disincanto e l'amarezza di un'epoca che ha imparato a diffidare delle leggende. E non è difficile leggere in controluce l'allusione a Bush, quando spinge sul pedale del patriottismo per mandare gli americani a combattere guerre sbagliate. I soldati di Eastswood non si battono per una bandiera o un'idea astratta, ma per proteggere chi condivide il loro destino di sofferenza e di morte. Tutto interno alla tradizione umanista del cinema americano 'Flags of our fathers' ha il suo punto debole nella tendenza alla ripetitività e si smarrisce, a tratti, nei flashback a catena dislocati su troppi piani temporali. Però, il messaggio resta forte e chiaro.
Autore critica:Roberto Nepoti
Fonte criticala Repubblica
Data critica:

10/11/2006

Critica 2:E' il lato più vistoso del film: la propaganda. Quando quella foto finisce su tutti i giornali Usa, il governo piegato dallo sforzo bellico decide di usarla per una colossale campagna a favore dei buoni di guerra. Ed ecco i soldatini rimpatriati e spediti in giro per l'America tra feste, stadi e majorettes a ramazzare quattrini. Soffocando i sensi di colpa per i compagni rimasti a morire laggiù, e la vergogna per un titolo usurpato. Perché 'gli eroi in realtà non esistono'; e perché loro piantarono solo la seconda bandiera, a sostituire la prima, più piccola. Ma la prima foto era meno potente, inoltre quei soldati sono tutti morti. Così il ruolo tocca a loro. Con conseguenze devastanti specie sul soldato pellerossa. Protagonista occulto che prima assaggia il razzismo quotidiano degli americani. Poi, a guerra finita, scende tutti i gradini dell'emarginazione per morire povero e solo. Chissà, forse stringendo su di lui il film sarebbe risultato più emozionante. Così, tra flashback e insistenze, Eastwood appare meno potente del solito. Ma lascia il segno nelle scene di guerra, da non paragonare a 'Salvate il soldato Ryan' (Spielberg co-produce) poiché seguono un principio opposto. Là protagonisti erano pur sempre i soldati. Qui sono le cose, i cannoni, i mitra, o i blindati colpiti dai mortai, a dominare la scena. Gli uomini, già figurativamente, sono dettagli, teste mozzate, corpi travolti dai cingoli o abbandonati nell'immensità dell'Oceano. Prospettiva raggelante quanto, temiamo, esatta.
Autore critica:Fabio Ferzetti
Fonte critica:Il Messaggero
Data critica:

10/11/2006

Critica 3:
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Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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