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Chien andalou (Un) - Un chien andalou

Regia:Luis Buñuel
Vietato:No
Video:In Antologia Surrealista
DVD:
Genere:Psicologico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:
Sceneggiatura:Luis Buñuel, Salvador Dali'
Fotografia:Albert Duverger
Musiche:Da frammenti di Tristano e Isotta di Wagner e tanghi Argentini
Montaggio:
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Pierre Batcheff, Luis Bomuel, Salvador Dali' Il giovane, Jaime De Miravilles, Simone Mareuil La ragazza
Produzione:Ddss Bunuel (Francia)
Distribuzione:Cineteca di Bologna
Origine:Francia
Anno:1929
Durata:

17'

Trama:



Critica 1:Primo film di L. Bunuel, da lui prodotto (con il denaro della madre), sceneggiato (con S. Dali) e diretto. Vi appare all'inizio come l'uomo che affila il rasoio con cui recide trasversalmente l'occhio sinistro di una donna, una delle più celebri immagini-choc del cinema, collegata con quella della luna piena. Non c'è una "trama", ma soltanto insinuazioni, associazioni mentali, allusioni; non c'è una logica, tranne quella dell'incubo; non c'è una realtà, tranne quella dell'inconscio, del sogno e del desiderio. Nato nell'ambiente parigino del surrealismo, è probabilmente il più celebre film d'avanguardia del mondo, anche se non il più significativo e importante. Molti gli preferiscono il successivo L'Age d'or (1930). E il corrispettivo filmico del Primo Manifesto del Surrealismo (1924, ristampato da André Breton nel 1929) di cui condivide l'estetica di Lautréamont, l'influsso di Freud, la volontà rivoluzionaria di ispirazione marxiana con spunti presi da Buster Keaton e René Magritte. Il titolo incongruo deriva da Un perro andaluz, raccolta di poesie e prose di Bunuel, pubblicata nel 1927 sulla Gaceta Literaria di Madrid. Non è da escludere che abbia una connotazione polemica contro Federico Garcia Lorca che nel 1928 aveva pubblicato Primero romancero gitano, accolto da molti con entusiastici elogi, ma non dall'amico Bunuel che gli rimproverava il "terribile estetismo". Proiettato dal giugno 1929 allo Studio des Ursulines di Parigi, tenne il cartellone per molte settimane. Nel 1960 il regista-produttore ne cedette i diritti e fu sonorizzato con le musiche (Morte di Isotta di Wagner, tanghi argentini) scelte da Bunuel. L'attore protagonista, P. Batcheff, si suicidò pochi mesi dopo la fine delle riprese.
Autore critica:
Fonte criticaIL Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:È il primo film di Buñuel: circa 17 minuti di proiezione. Lo produsse lui stesso, con denari di sua madre. Gli si addice, secondo gli schemi classificatori della pratica cinematografica, la qualifica di cortometraggio sperimentale. Ma è anche qualcosa (molto) di piú. È un film surrealista, riconosciuto e accettato da Breton, che invece rifiutava La coquille et le clergyman (1926) di Germaine Dulac (“si tratta soltanto di un saggio estetico”). Del resto, Buñuel si attenne - nel realizzare Un chien andalou - alla definizione “ufficiale” del surrealismo, inteso come “un automatismo psichico inconscio capace di restituire alla mente la sua reale funzione, fuori di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, dalla morale o dalla estetica”.
Ne consegue, anzitutto, il carattere estremistico del film. Non ci sono cani (né andalusi né di altre province): il titolo, suggerito da Dalí, riproduce quello di una raccolta poetica di Buñuel. Non c'è, in apparenza, una linea narrativa. C'è, invece, la visualizzazione di alcuni processi inconsci. Quanto siano connessi surrealismo e psicoanalisi è noto. Il film si avvale della materia e dei meccanismi dei sogni per cucire “illogicamente” una serie di associazioni mentali e ricavarne un effetto di choc sullo spettatore. Se ci riesca, e in che misura, è questione demandata non solo alla psiche di ognuno (giacché ognuno reagisce diversamente) ma anche alle tendenze delle varie epoche in cui il film è stato proiettato (non tutte le epoche, e non tutte le situazioni culturali, hanno assunto un atteggiamento univoco dinanzi al surrealismo). Un chien andalou non potrà non essere oggetto di polemiche, domani come lo fu ieri (nonostante lo strepitoso successo che ebbe: dopo la “prima”, avvenuta nell'aprile del 1926 al parigino Studio des Ursulines, tenne il cartellone per nove mesi allo Studio 28).
Raccontare il film non significa nulla, ma il racconto (compresso e falsato, perché ogni inquadratura “scoppia” di segni) è questo. Un uomo affila un rasoio e taglia, in una notte di luna, un occhio di donna. Un giovanotto abbigliato in modo stravagante percorre in bicicletta una via: ha sul petto una scatola con il coperchio a strisce. Una donna lo vede dalla finestra, scende, lo bacia. Nella stanza della donna, lo strano abbigliamento del giovane è disposto sul letto. Una mano del giovanotto ha un buco al centro, pieno di formiche. Un'ascella di donna. Un riccio di mare. Dall'alto si vede una ragazza dai tratti mascolini che tocca con un bastone una mano tagliata. Un poliziotto le consegna la scatola col coperchio a strisce. La coppia nella stanza. Lui le salta addosso, le stringe i seni (in dissolvenza li si vede nudi). Poi trascina due pianoforti (che contengono asini morti) e due preti. La ragazza fugge, lui la insegue. Gli resta la mano intrappolata fra i battenti della porta, ancora piena di formiche. Il giovanotto è sul letto, vestito come prima. Entra un altro giovane, ma scopriamo che è lo stesso. Prende due libri, che si trasformano in pistole. Spara, uccide l'altro (cioè se stesso). Il cadavere in un bosco. La ragazza rientra nella stanza, vede una farfalla “testa di morto”. Rivede lui, che si passa una mano sulla bocca e la “cancella”. Su una spiaggia deserta la ragazza e il suo innamorato trovano gli strani indumenti e la scatola. Raccolgono, guardano e gettano via.
Le pulsioni dell'inconscio provocano le saldature fra gli oggetti e i gesti, determinano le apparizioni, le sparizioni e le sostituzioni. Il desiderio può realizzarsi solo dopo molte prove. O mai. Il desiderio, oppure la libertà. Un chien andalou è una violenza assoluta contro una realtà (sociale, psichica, morale) che della violenza si nutre. Il senso di questa violenza sul reale può essere interpretato in vari modi: l'essenziale è esercitarla, sino in fondo.
Autore critica:Fernaldo Di Giammatteo
Fonte critica:100 film da salvare Mondadori
Data critica:

1978

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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