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Spartacus - Spartacus

Regia:Stanley Kubrick
Vietato:No
Video:Cic Video
DVD:Pioneer Electonics
Genere:Storico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo omonimo di Howard Melvin Fast
Sceneggiatura:Dalton Trumbo
Fotografia:Russell Metty
Musiche:Dirette da Alex North e Joseph Gershenson
Montaggio:Fred Chulack, Robert Lawrence, Irving Lerner, Robert Shulte
Scenografia:Alexander Golitzen, Eric Orbom
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Kirk Douglas (Spartaco), Laurence Olivier (Marco Crasso), Jean Simmons(Varinia), Charles Laughton (Sempronio Gracco), Peter Ustinov (Lentulus Batiatus), John Gavin (Giulio Cesare),Nina Foch (Helena Glabra),Tony Curtis (Antonino), Joanna Barnes(Claudia), Peter Brocco (Ramon), John Dall (Marco Publio Glabro), Nick Tennis (Dioniso), James Griffith (Ottone), Joe Haworth (Mario), Vinton Hayworth (Metallio), John Ireland (Crixus), Paul Lambert (Gannicus),Herbert Lom (Tigranes), Dayton Lummis (Symmachus), Charles McGraw (Marcello), Harold J. Stone (David), Woody Strode (Draba)
Produzione:Edward Lewis, Kirk Douglas (Universal-International-Bryna Production)
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Usa
Anno:1960
Durata:

198’

Trama:

Il gladiatore Spartaco organizza una rivolta con l'intenzione di raggiungere un paese libero. L'esercito degli schiavi, comincia a dare serie preoccupazioni al Senato romano che decide di fermarlo. Ma Antonino, grande amico di Spartaco, avverte che una legione romana sta avanzando. Grazie a questo, Spartaco riesce, in una imboscata, a sconfiggerla, dirigendosi poi verso il sud. Non essendo però riuscito a corrompere dei pirati arabi per ottenere in cambio alcune navi, non gli rimane che una alternativa: attaccare Roma. La guerra tra le armate di Crasso ed i 60.000 schiavi ha inizio. Decine di migliaia di uomini vengono massacrati in una immane lotta e Spartaco viene sconfitto. Crasso fa crocifiggere tutti i prigionieri, ad eccezione di venti, che si dovranno battere a meno che non rivelino il nascondiglio di Spartaco. Questi allora gli si presenta ridotto in uno stato pietoso, a causa delle ferite e della lunga marcia; obbligato a combattere nella arena con Antonino, dopo averlo ucciso, viene inchiodato su una croce e posto vicino ad una delle porte di Roma. Spartaco, con gli occhi sbarrati dal dolore ma nello stesso tempo colmi della luce del trionfo, segue la biga che porta sua moglie Varinia e suo figlio verso un avvenire migliore.

Critica 1:Dal romanzo (1952) di Howard Fast: nel 73 a.C. il gladiatore trace Spartaco promuove una rivolta di schiavi contro il governo di Roma, sconfigge una legione e si dirige verso il sud. E sconfitto dall'armata di Crasso che fa crocifiggere seimila schiavi sulla via Appia. Come film di S. Kubrick è un ibrido: troppe paternità (lo sceneggiatore Dalton Trumbo e soprattutto il produttore-attore K. Douglas che in un primo tempo aveva ingaggiato il regista Anthony Mann) e una certa eterogeneità stilistica. È poco kubrickiano il richiamo a una nozione di progresso di cui la vicenda del "primo rivoluzionario della storia" è simbolica portatrice. Gli appartiene per le scene di battaglia e di violenza (cui collaborò il grafico Saul Bass), la mescolanza di ragione e passione nei personaggi principali, la splendida direzione degli attori tra cui spiccano L. Olivier e C. Laughton. E, comunque, il migliore e il più adulto dei colossi storici di Hollywood. Ridistribuito nel 1991 in un'edizione restaurata con l'aggiunta di una quindicina di minuti.
Autore critica:
Fonte critical Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Come abbiamo detto nel capitolo dedicato alla vita e alla carriera di Kubrick, Spartacus si colloca in maniera anomala all'interno della produzione del regista. Subentrato ad Anthony Mann all'interno di un progetto sostanzialmente voluto e coordinato da Kirk Douglas, Kubrick non poté controllare come suo solito l'intero apparato del film, ma dovette limitarsi a mettere in scena un soggetto e una sceneggiatura già disposti, senza avere troppa libertà di rielaborazione. Data questa storia di lavorazione, la critica americana è solita non considerare neppure il film tra quelli di Kubrick; questa tendenza viene peraltro incoraggiata dallo stesso regista che in alcuni interventi ha rigettato una piena paternità dell'opera. A tale opinione si oppone la critica europea, soprattutto francese, che sottolinea invece le sotterranee parentele che collegano Spartacus al resto della produzione kubrickiana. A nostro avviso la verità sta nel mezzo: non si può dire che il film sia a tutti gli effetti un film di Kubrick, ma neppure che esso sia del tutto estraneo alla sua opera, né soprattutto che esso non costituisca una tappa importante del cammino di formazione dell'autore.
A livello tematico, anzitutto, è certo che l'ottimismo progressista del soggetto e di alcuni dialoghi non si accorda con la visione filosofica del regista. Tuttavia altri aspetti sono senz'altro in sintonia con la sensibilità dell'autore. Spartaco è un eroe fallimentare, come tanti altri personaggi di Kubrick. Egli si oppone a un ordine sociale e a un potere improntati alla ratio, alla ragione latina; un ordine e una ratio che nascondono in effetti un gioco di poteri e una lotta di classe potenzialmente esplosivi. La rivolta degli schiavi rappresenta appunto il momento di messa in crisi di quest'ordine, che prelude a un suo rovesciamento: gli schiavi si trattano da uomini liberi, i senatori tendono invece a sopraffarsi. In questo senso Kubrick sembra voler recuperare, al di là dell'ombra di Marx che impronta sia il romanzo originale che la sceneggiatura del film, il puro meccanismo della dialettica servo-padrone descritta da Hegel. Tra il mondo degli schiavi e quello dei padroni c'è insomma un rapporto speculare, un rapporto di doppio e di rovesciamento, che si ritrova anche a livello individuale nel rapporto tra Spartaco e Crasso. L'ultima parte del film introduce il dubbio che Crasso nutra per Spartaco una paura «metafisica», la paura del doppio. Questo rapporto di specularità viene sottolineato sia a livello di plot (i due personaggi sono entrambi generali; si innamorano della stessa donna e, in trasparenza, dello stesso uomo: Antonino, ecc.), sia a livello di scelte stilistiche (i due discorsi in preparazione della battaglia vengono mostrati in montaggio alternato sottolineando le analogie tra le due scene). Si tratta di temi e spunti che si ritrovano tutti in altri film di Kubrick.
In conclusione, si può dire che «al di là della pletora di dichiarazioni di disconoscimento del film, Kubrick riesce a sfruttare ogni piega del soggetto per imprimere a Spartacus una sua impronta inconfondibile» (Toffetti, 1978, p. 23).
Anche a livello stilistico Kubrick non rinuncia a fornire un'impronta personale al film. L'elemento determinante per lo stile di scrittura è rappresentato dalle nuove possibilità figurative offerte dagli ingenti mezzi produttivi: pellicola a 70 millimetri e schermo panoramico, uso del colore (per la prima volta nel cinema di Kubrick), possibilità di mobilitare migliaia di comparse contemporaneamente, uso di mezzi tecnici imponenti come le gru. Kubrick usa questo apparato tecnico-figurativo con due intenti.In primo luogo, mette al servizio del soggetto alcune idee visive: cosí l'opposizione tra Roma e i gladiatori è sottolineata a livello di taglio delle inquadrature (dall'alto quelle di ambiente romano, in orizzontale quelle degli schiavi), nonché a livello cromatico (prevalenza di bianco e rosso nel caso di Roma, prevalenza di blu, verde e bruno nel caso degli schiavi).
Il secondo scopo di Kubrick è quello di sperimentare alcuni procedimenti di scrittura (in particolare di composizione dell'immagine) resi possibili proprio grazie ai nuovi mezzi messi a sua disposizione. Sintomatico a questo proposito l'uso della gru, che viene utilizzata come un carrello aereo: quasi un'acquisizione di tridimensionalità per i carrelli orizzontali già usati nei film precedenti. Ancora sintomatica, sotto questo aspetto, la sequenza della battaglia finale tra romani e ribelli (accuratamente analizzata da Bernardi, 1990, pp. 179-183). Il regista fornisce molto spazio alla fase di preparazione della battaglia e ritorna insistentemente su un'inquadratura delle legioni romane che sfilano ritmicamente, incolonnate in dieci blocchi quadrati. Si tratta di un'inquadratura frontale, prospettica, teatrale; essa costituisce inoltre una soggettiva dello stesso Spartaco. Quest'inquadratura è importante almeno sotto tre aspetti. In primo luogo, fa emergere un'idea della guerra come grande messa in scena, come danza maestosa, gioco di (precaria) geometrizzazione della violenza; tale precarietà riemergerà di lí a poco nella seconda parte della sequenza dedicata alla battaglia, dominata dal disordine e dalla violenza. In secondo luogo essa rivela il potere, proprio della macchina cinematografica, di costruire uno sguardo sul mondo (precariamente) saldo, razionale, centrato (simile per certi aspetti al grandioso ed eclatante apparato visivo di un musical); anche questa saldezza verrà messa in crisi quando, nella seconda parte della sequenza, subentra l'uso della camera a mano e di inquadrature mosse, confuse e decentrate. Il cinema esibisce in tal modo un duplice potere: quello di costruire e quello di distruggere, il potere di una messa in scena maestosa e il potere della sua distruzione. In ultimo, l'inquadratura sottolinea, grazie alla presenza della soggettività dello sguardo e l'implicito riferimento allo spettatore, il valore del cinema come esperienza; esperienza forte e coinvolgente legata alle possibilità offerte dai nuovi mezzi (lo schermo panoramico, la lunga durata, il colore, ecc.).
In conclusione, possiamo dire che la regia di Spartacus, pur non permettendo all'autore di esprimere a pieno il proprio stile, segna profondamente Kubrick sotto l'aspetto stilistico. Kubrick può maturare sotto due aspetti, potendo operare con dovizia di mezzi, e dovendo costruire uno spettacolo consistente e maestoso. In primo luogo, approfondisce l'idea del cinema come meccanismo di potere, cioè come macchina di organizzazione dello sguardo sul mondo, nonché di autodistruzione di questo stesso sguardo. Questo aspetto, già presente nel film precedente, viene qui amplificato sia dalla possibilità di intervenire sul profilmico in modo massiccio, mediante una manipolazione degli spazi e delle comparse impossibile in un film di ordine normale; sia dall'uso di strumenti tecnici particolari come le gru, forti elementi di esibizione del potere dell'autore sul mondo. Ne deriva un cinema fortemente feticistico, dominato dal piacere dell'immagine, ma anche capace di mettere in crisi questo piacere.
In secondo luogo, Kubrick inizia a elaborare l'idea del film come «macchina esperienziale», cioè come forma di esperienza totalizzante per lo spettatore precostituita e guidata dall'autore. La magia delle immagini, lo schermo panoramico, l'uso del colore e soprattutto la durata anomala del film ne fanno un'esperienza totalizzante. Si tratta di aspetti che matureranno gradatamente in Kubrick e che riemergeranno decisamente al momento di realizzare i grandi kolossal che renderanno famoso l'autore: 2001 e Barry Lyndon, in particolare.
Autore critica:Ruggero Eugeni
Fonte critica:Invito al cinema di Kubrick, Mursia Editore
Data critica:

1995

Critica 3:
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Fonte critica:
Data critica:



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