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Signorinaeffe -

Regia:Wilma Labate
Vietato:No
Video:
DVD:Rai Cinema - Biblioteca Panizzi
Genere:Drammatico
Tipologia:Conflitti sociali, Il lavoro
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Wilma Labate, Francesca Marciano, Carla Vangelista
Sceneggiatura:Domenico Starnone, Wilma Labate, Carla Vangelista
Fotografia:Fabio Zamarion
Musiche:Pasquale Catalano
Montaggio:Francesca Calvelli
Scenografia:Gian Maria Cau
Costumi:Nicoletta Taranta
Effetti:
Interpreti:Filippo Timi (Sergio), Valeria Solarino (Emma), Sabrina Impacciatore (Magda), Fausto Paravidino (Antonio), Clara Bindi (Nonna Martano), Gaetano Bruno (Peppino), Luca Cusani (Felice), Fabrizio Gifuni (Silvio), Giorgio Colangeli (Ciro), Marco Fubini (Angelo), Veronica Gentili (Cecilia), Luigi Lavagetto (Ing. Federico Ferri), Ulderico Pesce (barista), Rosa Pianeta (Gianna), Franco Ravera (Carlo), Alessandra Vanzi (Prof.ssa Ferrero)
Produzione:Donatella Botti per Biancafilm in collaborazione con Rai Cinema
Distribuzione:01 Distribution
Origine:Italia
Anno:2008
Durata:

95'

Trama:

Torino, settembre 1980. Emma Martano, proveniente da una famiglia operaia di origine meridionale, ha davanti a sé un ottimo futuro: laureanda in matematica, ha già un impiego nel settore informatico della Fiat ed è in procinto di sposare Silvio, un suo collega dirigente, vedovo con una bambina. Tuttavia, l'ondata di scioperi e gli scontri tra la classe operaia e i dirigenti della Fiat per scongiurare il licenziamento di quindicimila dipendenti, porteranno Emma a vivere esperienze lavorative e sentimentali che le faranno mettere in discussione i suoi progetti per il futuro.

Critica 1:Nella migliore tradizione del cinema italiano, Wilma Labate sceglie una storia privata per parlare di quella pubblica, stringe l'obbiettivo sui personaggi per allargarlo sui paese. E ad ulteriore merito, decide di usare una giovane donna come perno dell'intera costruzione narrativa e filmica. La stessa macchina da presa sembra muoversi assieme alle emozioni della giovane, alle sue impennate di passione, alla carnalità dei suoi vent'anni. Restano fuori terrorismo e pistole, ma trova invece corpo la fabbrica, anche se poco inquadrata. Quella delle presse, del rumore assordante, del grasso. La Fiat come cittadella medioevale del fordismo, con le sue scale, i passaggi, le gerarchie, i corridoi, i cancelli. Ancora più bella, l'atmosfera umana che Labate riesce a ricreare, restituendoci un'epoca oscura dove però alla tavola della domenica sedevano famiglie assieme a sconosciuti e dove per le strade d'Italia ci si amava felici, e con orgoglio. Per quell'Italia, sì, che nostalgia ...
Autore critica:Roberta Ronconi
Fonte criticaLiberazione
Data critica:

18/1/2008

Critica 2:È una strana storia 'non d'amore' Signorinaeffe, il film che Wilma Labate ha scritto e ideato con un gruppo di compagni (anche del movimento di allora, come Francesca Marciano e Domenico Starnone) perché lo sfondo emozionale non disperda la sostanza conoscitiva di un 'film operaio', quello che il resto del cinema italiano di solito nasconde con disinvoltura per piacere alle commissioni statali che sganciano soldi ideologici e alla critica pre-moderna, fanatico-chic. Qui l'eros in più è tra 'story' e 'history'. Il clima, l'atmosfera, la realtà, profonda (i materiali di repertorio sono mozzafiato) e superficiale (l'enciclopedia 'Conoscere' ancora alla parete, le 500 più lillipuziane di quanto ricordavamo), di un passaggio nodale del nostro paese, fanno dunque corpo con la tempesta emozionale di chi non riuscendo a ricomporre socialmente gli sfruttati si sgancia e si getta da allora nella mischia individualista. Sarà 'celibe' o sarà democratico l'individualismo anni 80? Sarà una scelta opportunista, cinica e paurosa, come quella di Emma e di Antonio (Fausto Paravicino), l'amico di Sergio, che passa dall'eroina al matrimonio con mille bambini come programma massimo. Sarà defilata e delirante, come quella dell'operaio spremuto dai padroni e poi gettato via, diventato un ristoratore, ma sempre pronto a imbracciare il fucile? Sarà nelle lotte dentro la nuova 'fabbrica sociale', nei collettivi nascenti dell'alter-modernità, passando dalla catena alla rete, come quella di Sergio, tassista su un automezzo Fiat? Catorci, oltretutto. Solo le lotte dure producono macchine indimenticabili.
Autore critica:Roberto Silvestri
Fonte critica:Il Manifesto
Data critica:

18/1/2008

Critica 3:
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