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Montagna sacra (La) - Holy Mountain (The)

Regia:Alexandro Jodorowsky
Vietato:14
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Drammatico-Fantastico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Alexandro Jodorowsky
Sceneggiatura:Alexandro Jodorowsky
Fotografia:Rafael Corkidi
Musiche:Don Cherry, Ronald Frangipane, Alexandro Jodorowsky
Montaggio:Federico Landeros
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Juan Ferrara, Alexandro Jodorowsky, Valerie Jodorowsky, Burt Kleiner, Nick Nichols, Adriana Page, Richard Rutowsky, Horacio Salinas, Ramona Saunders
Produzione:Klein (Usa Messico)
Distribuzione:Cineteca dell’Aquila – Cineteca Lucana – Collettivo dell’Immagine
Origine:Messico
Anno:1973
Durata:

115’

Trama:

Il film è una parabola storica. Si apre con una scena di iniziazione quasi a preparare lo spettatore al clima misterioso in cui dovrà vivere per circa due ore. La tripartizione della vicenda è chiara. La prima parte è come un prologo ove agisce da protagonista un uomo denudato, seguito da un relitto umano: un nanerottolo senza gambe e senza dita. L'uomo fa la parte di un "povero cristo". E' in croce all'inizio e porta poi la sua croce, mentre attorno a lui si agita tutta una società gaudente e militarista, oltre a un mondo di fantasmagorie, e tutti hanno in comune quale mezzo usuale, l'oppressione umana più selvaggia e la dissacrazione. Basta ricordare la processione dei soldati con pecore scuoiate confitte su croci, i balli di soldati e civili nel cortile d'una chiesa, il messale che brulica di vermi, la scena del vescovo a letto con un crocifisso; il magazzino con crocifissi di gesso; mentre ricchi turisti stranieri fotografano le varie scene. Al di là delle sequenze violente e delle immagini apocalittiche, è abbastanza chiaro l'intento del regista di rappresentare la situazione disumana di un continente, l'America latina, oppressa e sfruttata dal capitalismo nord-americano, dalla prepotenza dei regimi militari, sostenuti ambedue dalla religione. Sul continente pesa anche una storia di violenze. Basta ricordare la scena dei "conquistadores" spagnoli, violentemente rappresentati in una scena al circo dall'arrivo di tre caravelle crociate, simboleggiati da camaleonti e ranocchi rivestiti di corazze crociate o di sai frateschi e dall'assalto alle torri Maia, con le colate di sangue che le inondano, prima della loro completa distruzione. L'accenno è fin troppo palese a una religione che sostiene e benedice la violenza. Intanto il "povero cristo", a cui si sono accodate delle ragazze piuttosto procaci, fa piazza pulita dei crocifissi di gesso, scaccia a colpi di staffile i grassi commercianti. Sembra voglia purificare la religione, ma fondamentalmente rimane un personaggio ambiguo, che al termine della prima parte sale su un'altissima torre, mentre ha spedito in cielo, con grappoli di palloncini multicolori, il crocifisso che portava. Nell'altissima torre c'è un alchimista che trasforma le feci del nuovo venuto in oro: l'oro non è altro che sterco; sei tu, afferma l'alchimista, che devi cambiarti in oro. Rompendo una pietra gli insegna come crearsi un'anima, e viene iniziato al sapere (bastone) all'osare (spada) al volere (vaso sacro) al tacere (medaglia con stella di David). Per compiere questa alchimia umana avrà altri collaboratori. Inizia così la seconda parte del film che si protrae nella vicenda di sette personaggi, i quali sintetizzano il potere oppressivo economico-politico militare della società del benessere. Inutile soffermarsi su ognuno di essi, basta rilevare che hanno in comune la depravazione sessuale, l'abuso del potere, le aberrazioni del consumismo, il condizionamento violento degli uomini per ridurli a macchine, a "robots". Ognuno dei sette ha un diverso segno zodiacale, quasi che forze misteriose cosmiche agissero nella loro sopraffazione disumana. L'accesa violenza e il sarcasmo nella denuncia del mondo consumistico non può sfuggire ad alcuno. In questo mondo degradato, di cui le stesse bestie si vergognerebbero, l'uomo non può vivere senza sentirsi oppresso dallo schifo di un cumulo ineguagliabile di lordure. Si inizia così la terza parte. Ai sette si unisce il "povero cristo" della prima parte, e maestro dei riti di purificazione è l'alchimista. La prima condizione è la rinuncia al denaro, anche se è solo un biglietto di banca rubato, com'è per il "povero cristo". Tutto viene incenerito in un rogo, nel quale bruciano anche gli io egoistici degli iniziati, rappresentati da altrettanti manichini. Solo così può iniziare il viaggio verso la montagna sacra dove vivono i nove saggi che hanno scoperto il segreto dell'immortalità. Altre purificazioni, specie del subconscio, avvengono; altre tentazioni come quelle del Pantheon consumistico, devono essere superate, per giungere alla cima della Montagna sacra e diventare immortali. Intanto il "povero cristo" lascia l'impresa, su consiglio del Maestro alchimista, e ritorna alla vita ordinaria con una ragazza che, accompagnata da una scimmia, ha seguito la comitiva fin quasi alla vetta della Montagna. Realizzeranno la loro vita nell'amore. Gli altri viandanti giungono in vista dei nove saggi, assisi attorno a un tavolo rotondo. Quando li assaltano si accorgono, che sono nove fantocci. L'immortalità è impossibile. Il film si conclude con l'invito a ritornare tutti, dopo l'esperienza purificatrice, a realizzare la propria esistenza nelle attività della vita di ogni giorno.

Critica 1:In una emblematica nazione latinoamericana, repressa e sottosviluppata, un giovane ladro e nove potenti ricorrono a un alchimista perché li faccia partecipi del segreto dell'immortalità. Devono raggiungere nove saggi che da tremila anni vivono in cima a una mitica montagna... Frutto di una cultura sincretica in cui sembra di ravvisare le tracce lasciate da Buñuel, Dali, Fellini, Topor e Arrabal insieme, questo film surreale e simbolista può sconcertare o avvincere.
Autore critica:
Fonte criticaKataweb Cinema
Data critica:



Critica 2:In un paese latino americano senza connotazioni precise, di fantasia, un giovane ladro assiste inerme a una serie di episodi che sconvolgono la vita della città, abbruttita da un regime militare che miete vittime senza dare spiegazioni. Il ragazzo, che all'inizio vediamo crocefisso, quasi fosse prima morto e poi risuscitato dopo che un gruppo di bambini lo colpisce con alcuni sassi, osserva lugubri processioni che innalzano agnelli squartati; è spettatore di una battaglia che rane iguane combattono per significare la conquista del Messico (dove il film è stato girato) da parte della Spagna, con cascate di sangue finale; entra in una Chiesa, osserva una Bibbia le cui pagine sono corrose dai vermi e si trova improvvisamente circondato da una teoria di manichini che simboleggiano il Cristo, uno dei quali, s'invola in cielo sorretto da palloncini multicolori dopo che il suo viso è stato in parte addentato come fosse pasta di mandorle; infine, sempre accompagnato da un nano privo di braccia e di gambe, giunge al limite di una alta torre, dando la scalata alla quale si troverà a ,contatto con un grande alchimista che possiede il segreto della immortalità Fino a questo punto il film è totalmente privo di dialogo e il suo grande fascino, che nella prima mezz'ora si sprigiona come un flusso di emozioni senza limiti precisi, è rotto solo da suoni, musiche e rumori.
La prima battuta è dell'alchimista, che chiede al giovane: « Vuoi l'oro? », ed egli risponde « Sì ». Lontano dalla repressione della città e circondato invece da enormi tarocchi, il giovane conosce 9 personaggi che, ciascuno a suo modo, detengono il potere industriale, politico e artistico condizionando la maggioranza. Ciascuno di essi si presenta come appartenente a uno specifico pianeta: fra questi c'è chi costruisce maschere artificiali del volto umano per fare che la gente sembri quella che non è, dando finanche ai cadaveri congegni elettronici che permettono di simulare una vita post-mortem; c'è chi vende armi potentissime, gas cancerogeni e virus letali per la causa della pace, concependo particolari strumenti bellici per gli hippies (armi mistiche, collane di bombe psichedeliche) ; un altro ha un laboratorio artistico dove produce macchine erotiche capaci di arrivare ad un orgasmo elettronico; un altro ancora fabbrica giocattoli bellici rivolti ai bambini per condizionarli, fin dall'infanzia, ad odiare, in senso razzistico, quel nemico che si prevede dover combattere, anche con quindici anni di anticipo, attraverso un complesso sistema di informazioni a computer con il governo; c'è poi il consigliere economico del presidente, che alleva in una culla un serpente come fosse il proprio figlio neonato, e si assume il compito di ridurre drasticamente il numero della popolazione attraverso la creazione di scuole, musei, night e bordelli a gas; c'è il capo della polizia, il cui compito precipuo è quello di collezionare testicoli umani fino al numero di 1000, torturatore e massacratore; c'è un architetto che costruisce un enorme complesso multifamiliare dove il concetto di abitazione è ridotto a quello di rifugio, dove si potrà anche prender sonno in una bara.
Questi uomini, che sono immortali in quanto a censo e denaro, devono distruggere le proprie ricchezze per incamminarsi, con il ragazzo e l'alchimista, verso la montagna sacra dove risiedono i detentori dell'immortalità dello spirito. Il viaggio è lungo e periglioso, biblico ed epico: i componenti del gruppo devono scalare le montagne, assistere alle visioni di proprie raccapriccianti morti e di torture; abbandonare il senso della vita terrena per riunirsi all'infinità del mondo, del cosmo nella sua accezione più totale, cessando di essere, come suggerisce l'alchimista, individuali per essere invece collettivi, in un « unicum » immanente che comprende tutta la natura. « Il fiore » dice l'alchimista « conosce i segreti del mondo ».
Arrivati sulla vetta scorgono i saggi riuniti e pensierosi, ma avvicinandosi ad essi, scoprono che non sono che dei manichini di morte. A questo punto il film si ribalta: l'alchimista-regista (che, non a caso, è interpretato dallo stesso Jodorowsky) spiega che la vera immortalità non è potenza ma saggezza, carità, conoscenza, da ricercare dentro e non fuori di noi stessi. L'eternità è amore e dalla favola si passa alla realtà. « Questo è solo un film » dice mentre si scorgono i parchi lampade e il meccanismo delle riprese balza in primo piano, « la realtà è ancora al di là, la nostra è stata solamente una rappresentazione fittizia ».
Nella prima parte la pellicola ha una cifra stilistica dichiaratamente surreale, mescolando eventi extra temporali secondo le linee di una fantasia irrompente, ricca e « spaventosa », tenendo massimo conto delle sensazioni e non del raziocinio. Nella presentazione dei personaggi invece, il regista acquista una sua dimensione critica e politica nei confronti della società precostituita, accusando a destra e a sinistra chiunque detenga le leve del potere senza averne specifico diritto. Nella terza parte infine il film assume il sapore carismatico di una ricerca filosofica e morale, di una parabola dell'uomo e della sua avventura sulla terra. Mai come in questo caso è giusto e utile differenziare la forma con cui il film si esprime ed i concetti che invece esso porge, dato che la prima tende ad avere una netta supremazia sulla seconda, invasa com'è dalla sapienza espressiva e scenografica e dell'accorto uso del montaggio, della fotografia, della musica. In questo senso La montagna sacra è un capo d'opera, nella misura in cui si delimita la sua forza poetica nell'irruenza dell'immagine, anche se tutto ciò porta talvolta a una sorta di saturazione visiva. Dal punto di vista ideologico il film è alquanto più confuso. Il regista afferma trattarsi di opera « surreale » nella forma, giacché è il mondo moderno che è surreale e non reale, e « mistica » nella sostanza, perché indica la vittoria del potere spirituale su quello temporale. « I pensieri sono sempre più grandi del corpo ».
Il concetto, di sapore idealistico con vaga sfumatura hegeliana (gli individui cosmico storici che si innalzano sopra la maggioranza), che il regista definisce profondamente cristiano si sposa a una sorta di epicità non marxista. Il finale, con il film che diventa elemento riduttivo e limitativo, possiede una sua acre carica di humor nero (viene in mente a tratti ciò che di compiuto v'era ne Last movie di Hopper, che mostrava la dicotomia finzione-realtà fra i peruviani a contatto con una troupe di Hollywood), imparentandosi allo stile fantastico ed insostituibile della letteratura sud-americana, ricordando le eroiche gesta dei Buendìa di «Cent'anni di solitudine» di Garcia Marquez e di Garabombo, l'eroe di Manuel Scorza che parla con gli animali e conversa con i vicini di tomba. (…)
Autore critica:Maurizio Porro
Fonte critica:Cineforum n.129
Data critica:

1/1974

Critica 3:
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Fonte critica:
Data critica:



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