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Esercito delle dodici scimmie (L') - Twelve Monkeys

Regia:Terry Gilliam
Vietato:No
Video:Cic Video
DVD:
Genere:Fantascienza
Tipologia:Natura e ambiente
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Terry Gilliam, David Peoples, Janet Peoples
Sceneggiatura:Terry Gilliam, David Peoples, Janet Peoples
Fotografia:Roger Pratt
Musiche:Paul Buckmaster
Montaggio:Mick Audsley
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Bruce Willis, Madeleine Stowe, Brad Pitt, Ernest Abuba
Produzione:Charles Roven per Atlas Entertainment
Distribuzione:Uip
Origine:Usa
Anno:1996
Durata:



Trama:

Nel 2035 la gente vive un'altra dimensione. Miliardi di esseri umani si sono estinti a causa di un virus mortale che ha infettato il mondo: l'ha scoperto il virologo Leland Goines, premio Nobel. La superficie della Terra è diventata inabitabile; i pochi superstiti vivono nelle viscere di quella che fu Philadelphia, con il virologo e la sua équipe di gelidi scienziati ed un gruppo di prigionieri. Fra costoro vi è James Cole, che viene scelto ed equipaggiato per spedirlo in quella metropoli, all'indietro nel tempo a raccogliere informazioni. Cole sbuca nelle strade nevose di una città terrificante pressoché morta, dove passeggiano le fiere e i rarissimi relitti umani. Lo spirito e le forze di Cole (il riluttante "volontario") non sono però esauriti. " preso per pazzo (e forse lo è, ridotto tale dalla convivenza con gente folle, tra cui soprattutto Jeffrey, il giovane figlio di Leland, che lo ha fatto internare): ha intuizioni acute (pensa che il destino degli uomini sia ormai decretato per sempre) però si aggrappa ad un brandello di memoria infantile: la visione di un aeroporto, dove un bimbetto assiste ad una sparatoria. Incontrata ora una psichiatra, Kathryn Railly, questa lo assiste e Cole se ne innamora. Per il "volontario" il problema è di cercare indizi ed informazioni sulla tragedia mondiale che ha colpito chi allora era vivo con l'epidemia del virus, di decifrare quella immagine infantile e, infine, di lottare contro il malvagio e folle Jeffrey, messosi a capo dell'esercito delle 12 scimmie. Il cosiddetto esercito non è che una modesta banda di teppisti, animalisti fanatici (e infatti le fiere dello zoo, da loro liberate, scorrazzano per la città).In aeroporto decisi a partire insieme e liberi verso l'Oceano Pacifico, James e Kathryn si trovano nello stesso scenario (il bambino, la giovane) sedimentato nella memoria del "volontario". All'imbarco c'è l'assistente del dottor Goines, colui che aveva con qualche fialetta mandato alla rovina il mondo, da New York a Pechino.Cole ha ormai raccordato indizi sulla condanna dell'umanità con quel crimine, ma non può certo impedirne l'olocausto, anche se ora sa che la sua mente non è quella di un pazzo. Con Kathryn egli conclude che, comunque, è infinitamente meglio per tutti gli umani che il futuro resti avvolto nel mistero e che vale la pena di vivere il presente. Ma un proiettile mortale arriva su Cole: negli occhi ha la visione di un bambino - lui stesso - "quello" della memoria.

Critica 1:Puntando il dito sui cerchi disegnati dai secoli nel tronco di un grande albero, Madeleine/Judy tenta di "localizzare" il tempo della sua vita precedente: così faceva Kim Novak in Vertigo ( La donna che visse due volte, 1958). E così torna a fare in L'esercito delle 12 scimmie, di nuovo inquietandoci. Come nel film di Alfred Hitchcock, anche in questo di Terry Gilliam l'occhio e la mente sono indotti a smarrirsi. La "vertigine" non è più quella del perturbante, del rimosso che torna come doppio. L'esercito delle 12 scimmie esplode e deborda almeno quanto Vertigo stava all'interno della (cattiva) coscienza del protagonista. Anch'esso tuttavia è un continuo, reciproco rimando del prima e del poi, un susseguirsi di cerchi in cui tentiamo di "localizzare" il presente di James Cole, finendo forse per avere dubbi sul nostro. Dal 2035 al 1996, dal 1996 al 2035... Dove conduce il viaggio nel tempo? Dove sta il punto di fuga dallo smarrimento del cerchio alla certezza della linea? C'è da qualche parte un futuro che sia futuro e un passato che sia passato? All'inizio del film si direbbe di sì. L'oggi narrativo è il (nostro) futuro, lo ieri narrativo è il (nostro) presente: così tentiamo di "dominare" il succedersi della narrazione (nell'espressione succedersi c'è già l'idea che una narrazione stia e debba stare su una linea). Il viaggio nel tempo di James si sembra un po' quello tradizionale della fantascienza: che si fugga dall'oggi verso lo ieri o che all'oggi si voglia tornare dal domani, il riferimento resta comunque il presente. Gilliam invece complica la questione seguendo l'idea originale d'un film francese del '62, La Jetée di Chris Marker (pseudonimo di Christian François Bouche-Villeneuve). In quel vecchio cortometraggio l'umanità è quasi distrutta da un'esplosione atomica (le angosce del presente di ieri non hanno in comune molto con quelle del presente di oggi, a parte il fatto d'essere angosce). Il protagonista, testimone da bambino d'un omicidio all'areoporto d'Orly, viene mandato indietro nel tempo, finendo per trovarsi nella stessa situazione di James. I 28 minuti di Marker, dunque sono dilatati da Gilliam, la sua storia esplode e, soprattutto, la sua staticità si trasforma in una dinamicità iperbolica. ( La Jetée era un montaggio di immagini fisse, con una sola sequenza in movimento). Per l'universo chiuso e totalitario del 2035 Gilliam torna al cinema di Brazil (1985): il tragico e grottesco si sovrappongono, annichilendo l'individuo, deformandone la via in un gigantesco effetto grandangolo. E' questo il futuro che ci attende? Di certo, è questo il futuro che la fantascienza ci anticipa. E noi proviamo uno strano sollievo, involontariamente autoironico, nell'idea che la nostra epoca stia sull'orlo dell'abisso (nel film, una donna parla con l'"untore"; il mondo è agli sgoccioli, dice; ma poi, candida, aggiunge di lavorare “nel ramo assicurazioni”). E il mondo del 1996? Gilliam ne descrive la complessità, ossia ne descrive l'esperienza che, su per giù, tutti ne abbiamo. E' questa complessità che, nella fantascienza, viene elaborata ed espulsa nel futuro. Lo stesso James, che pure viene dal 2035, dalla catastrofe realizzata, nel 1996 reagisce alla complessità - al fatto d'essere individuo, impotente di fronte alla "macchina" del dominio, o anche solo dell'entropia, che nega ogni illusione di durata - augurandosi che l'umanità s'estingua. E' questo un cerchio, uno dei tanti di "L'esercito delle 12 scimmie": l'angoscia del presente si sublima nella paura del futuro, e questa stessa paura viene invocata come rimedio dell'angoscia che la produce. Ora, non siamo più tanto sicuri del "succedersi" della narrazione. Davvero James Cole viene dal futuro? Non sarà, invece, che dal presente fugge verso il futuro? Oppure è, quel futuro, nient'altro che la descrizione di questo presente? D'altra parte, muore davvero? E quando? Come può morire, se vede se stesso morire? Nel 1996 ha 8 anni o 47? In ogni caso, nel 1996 ha di fronte a sé altri 39 anni prima di morire. Ma allora saremo, di nuovo, nel 1996. Così, dovranno passare ancora 39 lunghi anni, prima che James sia qui, a prendersi una pallottola nei polmoni. Nel frattempo, James sarà necessariamente vivo. Nel cerchio del tempo non riusciamo più a "localizzarci" univocamente. Indecisi come eravamo fra passato e futuro, ora ci troviamo nella paradossale eternità del frattempo. Questo è l'effetto dell'esplosione visionaria orchestrata da Gilliam: sentiamo la precarietà non del futuro, e neppure del passato, me proprio del presente, e per questo ne sentiamo la bellezza. Un sospetto, anzi una speranza: forse, è solo il frattempo che ci appartiene. Forse - come James e Kathryn, alla fine - faremmo bene a tentare di viverlo appassionatamente prima che il futuro ci smentisca.
Autore critica:Roberto Escobar
Fonte criticaSole 24 Ore
Data critica:



Critica 2:
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Critica 3:
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Libro da cui e' stato tratto il film
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