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Piccolo Buddha - Little Buddha

Regia:Bernardo Bertolucci
Vietato:No
Video:Penta
DVD:Master
Genere:Allegorico
Tipologia:Infanzia di ogni colore
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Bernardo Bertolucci
Sceneggiatura:Mark Peploe, Rudy Wurlitzer
Fotografia:Vittorio Storaro
Musiche:Ryuichi Sakamoto
Montaggio:Pietro Scalia
Scenografia:James Acheson
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Santosh Bangera (Canna), Jo Champa (Maria), Bridget Fonda (Lisa Konrad), Tsultim Gyeles Geshe (Lama Dorie), Chris Isaak (Dean Konrad), Mantu Lal (Mantu), T.K. Lama (Sangay), Keanu Reeves (Principe Siddhartha)
Produzione:Jeremy Thomas
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Gran Bretagna
Anno:1993
Durata:

139’

Trama:

Jesse Konrad è un bambino che vive a Seattle con il padre, ingegnere, Dean e la madre, insegnante, Lisa. Un giorno la famiglia trova sulla porta di casa una delegazione di monaci buddisti del lontano regno del Bhutan. I monaci, guidati dal Lama Norbu con il suo assistente Champa, credono che Jesse sia la reincarnazione di uno dei loro più rispettati lama e vorrebbero portare Jesse in Bhutan a studiare le pratiche buddiste. Increduli, ma curiosi, i Konrad accolgono i monaci e permettono loro di passare del tempo con Jesse. Dean, intanto, viene travolto da una crisi professionale e personale e decide di accettare la proposta dei monaci e accompagnare Jesse in Bhutan, superando le obiezioni di Lisa. Guidato da Lama Norbu, Jesse scopre il Bhutan, un mondo completamente diverso dal suo, vivendo alcuni giorni in monasteri dove vengono ancora seguite regole di vita antiche e tradizionali. Tra il bambino e il vecchio lama si instaura un legame profondo. Il lama si trova così a raccontare a Jesse la storia, avvolta nel mito, del principe Siddhartha, vissuto duemilacinquecento anni fa, e destinato a diventare, dopo una straordinaria vicenda umana, la personificazione storica del Buddha.

Critica 1:Film a due versanti: la favola moderna di Jesse, bambino nordamericano di Seattle che, scortato dal padre, è portato dal Lama Norbu nel Bhutan (versante sud dell'Himalaya) perché potrebbe essere il tulku, la reincarnazione del Lama Dorje, morto otto anni prima; e la favola antica del principe Siddharta Gautama (ca. 565-486 a.C.) detto il Buddha, il Risvegliato, che s'avvicenda con la prima, letta su un libro illustrato ora da questo, ora da quel personaggio. Primo film di Bertolucci senza conflitti drammatici, tormenti, trasgressioni. Se si toglie la lotta di Siddharta con Mara, dio del Male, non c'è una sola figura malvagia o antagonista. Primo suo film di bambini, sui bambini, per i bambini. E come se, per adeguarsi alla "via di mezzo" tra i due estremi del piacere e dell'ascetismo spinto di cui il Buddha fu un esempio, il regista avesse scelto una via stilisticamente e narrativamente intermedia, al di là dei conflitti drammatici. Persino la nascita di Siddharta è risolta in canto, con grazia delicata: il dolore esiste, ma superato e trasfigurato. Anche nel ricorso agli effetti speciali la sua cinefilia rifugge dall'esibizionismo della moderna tecnologia digitale: vicino più alla magia di Méliès che a Spielberg. Anche nella luce e nei colori, governati dalla maestria di Vittorio Storaro, c'è una ripartizione: freddi, grigiazzurri, quasi acciaiati a Seattle (Occidente); caldi, fastosi o festosi (col giallo-arancione che inclina al rosso-nero nelle scene finali di morte) nel Nepal e nel Bhutan (Oriente). Scritto con Rudy Wurlitzer, esperto di buddismo, e Mark Peploe. Musiche di Ryuichi Sakamoto, scene e costumi di James Acheson, montaggio di Pietro Scalia.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Avvince il respiro unitario che fonde il gusto meraviglioso dei quadri metastorici con gli inserti inquietanti del nevrotico presente. Tanto da farci scrivere in prima battuta, e qui lo confermiamo, che in Piccolo Buddha ci sono due film; un affresco spettacolare alternato alle sequenze di un "Family Plot" minimalista, De Mille più Antonioni. Si ammira la versatilità delle luci di Vittorio Storaro, non solo nell'evocazione dell'India ancestrale ma anche in quella vibrante Seattle protesa sull'Oceano verso l'Asia; e, ovviamente, si apprezzano le scene e i costumi di James Acheson e le musiche di Ryuichi Sakamoto. Rifulge la bravura degli attori, a cominciare dal formidabile cinese Ying Ruocheng nella parte del "Lama" proseguendo con Keanu Reeves che fa di Siddhartha una stupenda Icona e senza dimenticare i moderni Chris Isaak e Bridget Fonda; nonchè il ragazzino Alex Visendanger e i suoi amichetti orientali, depositari del dono comunicativo di vivere ludicamente un'ineffabile esperienza spirituale. E benchè Bertolucci abbia più volte affermato che la sua opera è il contraltare di Jurassic Park, il che in parte è vero essendo il film incomparabilmente più colto, sofisticato e (vogliamo dire la parola che disturba gli americanofili nostrani?) "europeo", piuttosto che dal buddhismo il nostro ci sembra condizionato proprio da quella particolare forma della cinereligione che ha per fondatore Disney e per profeta Spielberg. Nel senso di puntare a un cinema fatto per incantare grandi e piccini, per attirare frotte di appassionati, creare nuove vocazioni e restaurare in un momento di crisi la prevalenza del grande schermo. Su tale piano Bertolucci ha fatto un viaggio altrettanto straordinario di quello dal marxismo al misticismo, coprendo l'enorme distanza tra il cinema per pochi e il cinema per molti. Con qualche apprensione, tenacemente autoriale, che i molti non diventino troppi.
Autore critica:Tullio Kezich
Fonte critica:Il Corriere della Sera
Data critica:

10/12/93

Critica 3:... D'altronde Bertolucci, quando parla di bambini, dà sempre il meglio di sè, come nel primo capitolo di Novecento e nella prima parte - la più bella - dell'Ultimo Imperatore. Qui, lo fa giocando anche due scommesse cinematografiche di grande impegno. E vincendole entrambe, a nostro parere. La prima: legare l'Oriente e l'Occidente, una città modernissima come Seattle e il Bhutan dei monasteri, con l'aggiunta dell'India fantastica "sognata" da Jesse. Bertolucci confessa tre modelli, uno per ciascun ambiente: Antonioni per le scene girate a Seattle (la casa vuota, le luci fredde orchestrate da un Vittorio Storaro più bravo che mai), il Francesco giullare di Dio di Rossellini per le sequenze del monastero, il cinema visionario di Powell & Pressburger (soprattutto Narciso nero) per la parte indiana. Tutto condivisibile, ma certo i momenti più emozionanti del film sono i passaggi da un ambiente all'altro, risolti con bellissime soluzioni di montaggio (non è un caso che in moviola ci sia un premio Oscar, quel Pietro Scalia che ha magistralmente montato J.F.K. di Stone). La seconda scommessa, ancora più difficile: narrare una storia priva dei conflitti su cui si basa, per convenzione, la drammaturgia cinematografica occidentale. Nel Piccolo Buddha tutti i personaggi sono buoni e tolleranti, ciò nonostante il film non è melenso. Pur con i mezzi e lo spiegamento spettacolare di una produzione hollywoodiana, Piccolo Buddha è assai più "orientale" dell'Ultimo Imperatore. Anche se l'assoluta purezza Zen non è raggiungibile, forse, da un occidentale (ah, potersi rivedere quel gioiello di Perchè Bodhidharma è partito per l'Oriente, film coreano apparso nei nostri cinema come una meteora). Ma il film di Bertolucci è un primo passo verso l'apertura a culture diverse dalla nostra. E senza un primo passo, non si comincia mai a camminare.
Autore critica: Alberto Crespi
Fonte critica:L'Unità
Data critica:

10/12/93

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
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