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Black Rain - Pioggia sporca - Black Rain

Regia:Ridley Scott
Vietato:14
Video:Cic Video
DVD:
Genere:Poliziesco
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Craig Bolotin, Warren Lewis
Sceneggiatura:Craig Bolotin, Warren Lewis
Fotografia:Jan De Bont
Musiche:Hans Zimmer
Montaggio:Tom Rolf
Scenografia:Norris Spencer, Kazuo Takenawa
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Michael Douglas (Nick Conckilin), Andy Garcia (Charlie Vincent),Ken Takakura (Mashiro Matsumoto),Kate Capshaw (Joyce Kingsley), Yusaku Matsuda (Satu),Tomisaburo Wakayama (Sugai), Shigeru Koyama(Ohashi), Takakura Ken (Mashiro Matsumoto),Yuya Uccida (Mnuki Ono), Matsuda Yusako (Sato)
Produzione:Stanley Jaffe e Sherry Lasing per Paramount
Distribuzione:Uip
Origine:Usa
Anno:1989
Durata:

125'

Trama:

In un locale pubblico di New York scoppia una rissa, seguita da una sparatoria fra la mafia locale e Sato, un esponente della potente Yakuza giapponese. Sato viene coraggiosamente catturato dall'agente Nick Concklin, presente per caso nella sala con il collega Charlie Vincent. Poichè le autorità nipponiche hanno chiesto l'estradizione, i due poliziotti consegnano il criminale all'aeroporto di Osaka ad alcuni agenti di polizia. Ma è un imbroglio; si tratta in realtà di finti agenti della stessa banda di Sato. Beffati, i due americani restano sul posto e affidati all'integerrimo e scrupoloso ispettore Matsumoto, che conosce l'inglese, incaricato di scovare Sato, scomparso nel nulla. Nick, però, di fare l'osservatore non ha alcuna voglia: con l'amico si mette in caccia lui pure, mescolandosi alla folla sterminata, girando per mercati e ritrovi finchè trova la pista giusta, aiutato da una giovane americana (Joyce Kingsley) che fa la hostess in un club di lusso. Sato è l'ex braccio destro di Sugai (l'onnipotente padrino della Yakuza), deciso a mettersi in proprio in concorrenza con l'altro nella stampa di dollari falsi (allo stesso Sugai Sato aveva sottratto, nella rissa a New York, una delle due matrici necessarie, inviata in esame alla mafia della metropoli americana). Le due bande si spiano e lottano per il predominio: dopo la morte di Charlie, Sugai contatta Nick e lo incarica di far fuori Sato, in occasione di un raduno di altri boss della Yakuza nei dintorni di Osaka. Sato sembra dapprima fare un gesto di sottomissione (mutilandosi della falange di un dito), poi ferisce con un coltello il suo ex principale, ma Nick lo insegue e dopo una lotta cruenta lo cattura, consegnandolo quindi al capo della polizia. All'aeroporto, Nick e Matsumoto si salutano. Il giapponese sa da tempo che non tutte le passate imprese di Concklin sono limpide, ma gli tocca di rimanere stupito quando l'americano lascia nelle sue mani il proprio dono: sotto una camicia vi sono le due matrici, che erano state destinate a fabbricare dollari falsi.

Critica 1:Inviati a Tokyo per prelevare un capo della mafia nipponica da processare negli Stati Uniti, due poliziotti americani se lo lasciano sfuggire e sono costretti, per riprenderlo, a collaborare con la polizia locale di cui non capiscono né la lingua né i metodi. Raro esempio di film in cui la discrepanza tra contenuto e forma balza agli occhi: a una storia fondata su stereotipi, personaggi convenzionali e un'ideologia yankee di scoperto conformismo si contrappone il brio registico di Scott, squisito grafico della violenza che filma con maestria i paesaggi urbani di New York e Osaka. Vicino al misurato A. Garcia l'istrionismo macho di M. Douglas straripa.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Il déjà vu domina in molto cinema d'azione americano a cavallo tra anni '80 e '90. Thriller metropolitano postmoderno, Black Rain contiene echi che vanno da altre opere di Scott (in particolare l'ormai mitologico Blade Runner, ma anche Chi protegge il testimone) all'ovvio Yakuza di Pollack (di cui si porta dietro anche un interprete, lo splendido e paziente Ken Takakura), da Squadra omicidi sparate a vista! di Don Siegel, del quale ricalca quasi alla lettera il nocciolo narrativo, a L'anno del dragone di Cimino.
Poco male. Non staremo a strapparci i capelli per la presunta mancanza di originalità del plot, nella piena consapevolezza che non si gioca su questo terreno la grandezza di un racconto cinematografico (non, cioè, sulla presunta impurità dei materiali, bensì nella loro aggregazione). E vorremmo anche sgombrare
campo dalle solite querimonie sul "formalismo" di Scott. Il regista inglese è uno dei più grandi manipolatori di spazi filmici attualmente in circolazione: il respiro delle sue inquadrature, il ritmo interno ed esterno, pulsare di una violenza asciutta e laica, la furibonda ma nel contempo rituale astrazione anche delle scene più forti, sono le connotazioni di un cinema tra i più grandi degli ultimi vent'anni.
Certo, Scott non condivide con Cimino la visione apocalittica di un universo dove Male e Bene si confondono nell'apoteosi di un'insopportabile inquietudine, né con Pollack l'atteggiamento filosofico delle due culture a confronto. Così il suo Giappone, la sua Osaka è prevalentemente set: luccicante, avveniristico, improbabile, pullulante di minacce e suggestioni. E questo accentua la sostanziale estraneità di Nick e Charlie, i due poliziotti americani, in un mondo biologicamente ostile (il boss mafioso ricorda ancora la "pioggia sporca" caduta su Hiroshima dopo l'atomica) e spazialmente inafferrabile.
Le distanze, nella metropoli giapponese, sono enormi, fisicamente e psicologicamente: e Scott le accentua maniacalmente. Pochi metri divengono interminabili, un inseguimento ripreso frontalmente col teleobiettivo sembra non aver mai fine. Lo spazio, che è da sempre la vera ossessione del regista, si dilata e si distorce come non mai in Black Rain e la tensione si interiorizza, contagiando i personaggi come un'epidemia. Chi non si adegua, soccombe. Il passaggio di Scott dall'aspetto cosiddetto "formale" alla sostanza dello scontro psicologico e istituzionale in atto (la violenza belluina ma organizzatissima dei giapponesi, contro il nobile ma improduttivo agitarsi a vuoto degli americani, sia pur alla fine vincente) si consuma nel sacrificio di
Charlie e nell'alleanza tra il rabbioso Nick (un Michael Douglas perfettamente in parte) e il collega giapponese Masa.
La collaborazione fra lo sbirro violento e poco pulito e l'onesto, incorruttibile funzionario orientale è la chiave di volta per dominare non solo la terribile ferocia dell'avversario (quasi umiliato nell'essere riconsegnato alla polizia, anziché semplicemente eliminato) ma anche il dissidio tra due modi di concepire valori come giustizia, onestà, amicizia. Scott si ritrova così a fare un film di grande nitore morale, ben oltre la semplice esaltazione di un tandem interrazziale o della vittoria del Bene sul Male: una parabola tesissima e straordinariamente incalzante sull'indecente inutilità della violenza e sulla difficile arte della sopravvivenza.
Autore critica:Roberto Pugliese
Fonte critica:SegnoCinema n. 41
Data critica:

1/1990

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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