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Incantesimo napoletano -

Regia:Paolo Genovese; Luca Miniero
Vietato:14
Video:Eyescreen
DVD:
Genere:Commedia
Tipologia:Le diversità
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Paolo Genovese, Luca Miniero
Sceneggiatura:Paolo Genovese, Luca Miniero
Fotografia:Andrea Locatelli
Musiche:Enzo Avitabile
Montaggio:Paola Freddi
Scenografia:Valentina Scalia
Costumi:Marzia Tardone
Effetti:
Interpreti:Gianni Ferreri (Gianni), Marina Confalone (Patrizia), Clelia Bernacchi (Assuntina anziana), Serena Improta (Assuntina ventenne), Chiara Papa (Assuntina a 10 anni), Riccardo Zinna (Riccardo), Lello Giulivo (Ciro), Luciana De Falco (Renata), Danny Zullino (marito di Renata)
Produzione:Gianluca Arcopinto, Andrea Occhipinti e Amedeo Pagani per Axelotil - Eyescreen - Storie - Il Verme Ghiottone
Distribuzione:Lucky Red - Cineteca Lucana
Origine:Italia
Anno:2001
Durata:

80’

Trama:

In una famiglia napoletana la felicità della nascita di Assuntina si trasforma ben presto in dramma. La piccola infatti, appena è in grado di pronunciare le prime parole anziché parlare in dialetto napoletano si esprime in perfetto milanese. Con il passare del tempo le cose peggiorano ulteriormente e "Cotoletta" (soprannome dato alla ragazza da amici e conoscenti) invece di apprezzare babà e sfogliatelle, parla, pensa e si comporta come un'autentica abitante della città di S. Ambrogio. A nulla valgono i vari tentativi fatti dai genitori per convertirla alla cultura napoletana, tra cui una "vacanza-studio" presso alcuni zii residenti a Torre Annunziata, patria del napoletano verace.

Critica 1:Le identità culturali, quali grandi (anche inutili?) illusioni (anche "imbrogli"?). Nonostante l'argomento sia molto di moda - soprattutto in Italia, e da diverso tempo - il cinema di casa nostra non se ne è occupato poi così tanto, soprattutto in maniera ironicamente diretta (sono invece molti i film "cartolina" sul tema, soprattutto Nord versus Sud, e viceversa). Incantesimo napoletano ha innanzitutto questo di buono, un soggetto che ti pone uno spunto di riflessione in maniera quasi invisibile; se la struttura (apparente) è quella della commedia comica all'italiana (della tradizione), il registro (vero) del film è quello surreale, che riesce a portare a galla i problemi perché li va a prendere dal fondo della mente (collettiva). Come si potrebbe infatti inquadrare la storia di una bambina piccola che sfoggia una lingua e un accento non propri, cioè opposti rispetto al proprio ambito familiar/culturale d'appartenenza? Tutti gli elementi filmici corrono lungo questo (ironico) filo di surrealtà fattosi commedia: le buone interpretazioni di Marina Gonfaloni e Gianni Ferreri, le musiche (di Enzo Avitabile: decisamente molto contaminate), pure la fotografia di Andrea Locatelli, che ritrae la Napoli dei vicoli (cioè del "cuore collettivo") e non quella dei monumenti (cioè della "retorica"): tant'è che c'è pure una scena importante girata col cielo nuvoloso (non è questa forse una forma di "surrealtà partenopea"?). È per questo che la denuncia di un Sud che sta diventando succursale (mentale) del Nord risulta "digeribile" per lo spettatore (indigesta è invece, per la piccola "peste" del film, la pastiera napoletana: scandalo...): a prevalere sono infatti le immagini, il sogno (l'incubo?), il cinema...
Autore critica:Marco Lombardi
Fonte criticaDuel
Data critica:

1/2/2002

Critica 2:È possibile che una bambina nata a Napoli da una coppia di napoletani veraci, appena comincia a parlare si esprima in milanese e, cresciuta, alla pastiera, al capitone e al babà preferisca il panettone e il risotto con lo zafferano. Naturalmente no, tuttavia Paolo Genovese e Luca Miniero, esordendo nel lungometraggio sulla base di un corto con titolo e argomento eguali realizzato da loro nel 1997, sono partiti da questo paradosso per imbastire una beffa ai danni di un certo integralismo napoletano pronto, nei casi più estremi, a sconfinare addirittura nel razzismo. Senza la minima polemica, è chiaro, unicamente per arrivare a una commedia amabile e bonaria intenta a giocare sia con i caratteri sia con le situazioni. Con ironia ma anche con affetto, in cifre lievi, senza calcare la mano.
L'"anormalità" della bambina, che si chiama Assunta, è sofferta con triste dignità della madre ma, al contrario, è a tal segno vissuta dal padre come un'onta che prima fa di tutto per tenerla nascosta ai parenti e ai vicini, poi se ne ammala, aggravandosi anche di più quando, avendo spedito Assunta da certi zii di Torre Annunziata che parlano il napoletano più stretto, se la vede tornare incinta (senza neanche sapergli dire il nome del responsabi!e.)
Non è però la storia in se quella che conta e nemmeno la sua assenza voluta di una conclusione, ma il clima in cui i due autori l'hanno immersa e i modi, fra la sceneggiata e il dramma popolare, con cui poi ce l'hanno raccontata.
Il clima, quando irreale, quando grottesco, parte da una Napoli dei vicoli, quasi sempre senza sole, tra pescatori, cultori del ragù, parenti desiderosi di sapere, vicini scandalizzati dediti ai mestieri più diversi. Inseriti, ciascuno, quasi con funzioni di coro: guardando sempre verso gli spettatori, come in teatro, e commentando i fatti che via via si svolgono ognuno secondo la propria mentalità e alla luce, sempre, della riprovazione più decisa per quella napoletana "diversa".
Sono questi commenti, e il loro continuo ripetersi nelle occasioni più varie, a reggere tutte le fila del film: con due zii che fanno cucina quasi con religione, con un'altra coppia di parenti mentre si dà furiosamente da fare per concepire un figlio, con gli zii di Torre Annunziata (doppiati da un traduttore in simultanea come nelle interviste in TV) pronti a biasimare anche lo scandalo di quella "milanese" di facili costumi. Con l'aggiunta di una Assunta proposta in tre età diverse e la terza, da ottuagenaria, intenta a riassumere fatti e caratteri con saggezza ed equilibrio.
Un'opera prima piacevolissima, di gusto fine anche quando sembra facile e leggera. E recitata per di più da tutti con colori e sapori ghiotti. Specie da Marina Confalone, la madre in ambasce.
Autore critica:Gian Luigi Rondi
Fonte critica:il Tempo
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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