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Dilili a Parigi -

Regia:Michel Ocelot
Vietato:No
Video:
DVD:Eagle Pictures
Genere:Animazione
Tipologia:Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole elementari; Scuole medie inferiori
Soggetto:
Sceneggiatura:Michel Ocelot
Fotografia:Michel Ocelot
Musiche:Gabriel Yared
Montaggio:Patrick Ducruet
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:
Produzione:Nord-Ouest Films, Studio O, Arte France Cinéma, Mars Films, Wild Bunch, Artémis Production, Senator Film Produktion, Mac Guff
Distribuzione:BIM, MOVIES INSPIRED
Origine:Francia-Belgio-Germania
Anno:2018
Durata:

95'

Trama:

Nella Parigi della Belle Époque, la piccola detective Dilili, originaria della Nuova Caledonia, inizia a indagare insieme al giovane fattorino Orel su alcuni misteriosi rapimenti di ragazze. Durante le loro ricerche, i due incontrano uomini e donne straordinari, celebri artisti e pensatori, che forniscono loro una serie di indizi. Dilili e Orel vengono così a conoscenza di un sottobosco di cattivi molto particolari, i Maestri Uomini, e faranno di tutto per fermarli.

Critica 1:È un’opera d’arte il nuovo film d’animazione del regista francese Michel Ocelot. Come tutti i capolavori che lui stesso riprende nella pellicola.
La piccola ragazzina kanak di nome Dilili, troppo chiara di pelle per gli abitanti della Nuova Caledonia e troppo scura per i francesi, ci guiderà in un meraviglioso viaggio nella Parigi della Belle Epoque. Alla ricerca dei Maestri del Male, che rapiscono le bambine portandole sottoterra e costringendole a camminare a quattro zampe, questa principessa che viene dall’altra parte del mondo e che salta benissimo la corda, accompagnata da un fattorino che si chiama Orel, conoscerà tutte le figure più importanti del periodo e soprattutto ce le farà incontrare.
Berremo così l’assenzio nel celebre Moulin Rouge insieme a Toulouse Lautrec e Edgar Degas, nei locali di Montmatre incontreremo la famosa signora con il cappello nero della stampa Divan Japonaise (1893), sempre di Lautrec, conosceremo Marcel Proust, all’epoca ancora aspirante scrittore, La divina Sarah Bernhardt, ammireremo le ninfee di Monet, i dipinti di Renoir, le sculture di Rodin e di Camille Claudel, i manifesti di Mucha e infine ci affacceremo dall’alto della Tour Eiffel insieme al suo grande costruttore e voleremo a bordo di un dirigibile progettato da niente po po di meno che da Ferdinand von Zeppelin.
Tra art déco e stile liberty saremo catapultati in un universo coloratissimo dove l’animazione si mescola con le fotografie reali di Parigi (“perché è una città troppo bella per essere riprodotta”, dice il regista) e guarderemo il mondo con la stessa meraviglia dello sguardo di Dilili. Ma allo stesso tempo da adulti leggeremo tra le righe tante questioni profonde dei nostri tempi che Ocelot, convinto assertore della semplicità, si e ci pone con il suo stile essenziale. Già in Kirikù e la strega Karabà il regista francese aveva sottolineato l’esigenza di un rapporto paritario tra uomo e donna e nel successivo Principi e principesse aveva riletto le fiabe tradizionali in chiave femminista, con Dilili si spinge ancora più avanti nella difesa delle donne.
La nostra eroina è una donna che combatte questo mondo dove il male non vuole che le donne prendano potere e che facciano salotto, questi cattivi che vogliono che le donne camminino a quattro zampe tutte vestite di nero. Un film femminista che sottolinea al tempo stesso il potere della cultura, che è la nostra forza. Per due ore torniamo bambini, ma subito dopo il film riflettiamo su alcune questioni importanti dei nostri tempi. Proprio per questo è un film magico e pedalando il dirigibile sogniamo insieme a Dilili un mondo migliore.

“Da quando sono piccolo non mi faccio una ragione del fatto che le donne siano trattate con violenza”. (...)
“In Francia ogni due giorni e mezzo una donna viene uccisa dal suo compagno. E stiamo parlando di un paese abbastanza calmo – prosegue il regista – Le cifre sono ancora più inquietanti aldilà dell’Occidente. Ogni tre secondi nel mondo una ragazzina minorenne viene data in sposa e negli ultimi cinquant’anni il numero delle donne uccise supera quello dei morti in guerra nel corso del ventesimo secolo”.
Il film è ambientato nell’epoca della Belle Epoque: “Non volevo raccontare solo gli orrori. Quella è stata un’epoca sensazionale. A Parigi ci sono geni in ogni angolo e in tutti i contesti” e sono state usate delle fotografie reali, alcune scattate dallo stesso Ocelot nel corso degli ultimi anni, al fianco dei disegni dell’animazione. “È una tecnica semplice. Abbiamo usato delle foto al posto dei decori. Tutti i musei si sono prestati e sono rimasti aperti anche nei giorni in cui normalmente sono chiusi. Molte degli oggetti fotografati erano all’interno del Museo d’Orsay, come quelli con gli intagli di legno dell’Art Noveau, la poltrona di Sarah Bernhardt e i mobili di Proust. Inoltre ci hanno permesso di fotografare anche l’interno dell’Opéra di Parigi”, spiega il regista che usa le fotografie per combattere quello che succede con cose reali. E poi racconta il lungo percorso di genesi del film durato sei anni da quando è stata scritta la sceneggiatura e riflette: “Nel frattempo sono successe tante cose come gli atti terroristici a Parigi e le ragazze rapite da Boko Haram in Nigeria. Questo mi ha incoraggiato ancora di più a fare un film in difesa della nostra cultura”.
Da Kirikù e la strega Karabà, Ocelot ha sempre avuto a cuore le donne: “Ho scelto di trattare questo argomento perché è di grande attualità, più delle guerre”. E soprattutto ha sempre solo fatto film d’animazione perché: “è il solo linguaggio cinematografico che sappia parlare”. In Dilili in Paris tanti riferimenti alla cultura dell’epoca e ad artisti, pittori, scultori e inventori del passato. Siamo sicuri che i bambini possano capire un film del genere? “Non ho mai fatto film per bambini che hanno una fascia d’età dai tre ai cinque anni perché non sono così intelligente. Molte cose non le capiranno, ma se la storia è corretta e onesta gli piacerà. Alcune cose le indovineranno, mentre altre le registreranno nella loro testa e le utilizzeranno in futuro. Penso che anche gli adulti avranno difficoltà a riconoscere tutti i personaggi, ma non è un problema. L’importante è che siano mostrati i personaggi quindi non vi preoccupate se non li riconoscete! Nel bar per esempio c’è una ripresa panoramica alla fine della quale compare Modigliani”. (...)
Autore critica:Giulia Lucchini
Fonte criticacinematografo.it
Data critica:



Critica 2:Come ha trovato un equilibrio tra la parte di fantasia e quella che affonda nella storia e nei suoi protagonisti?
Ma i miei film sono sempre racconti realistici, parlano del qui e ora, anche se talvolta in modo nascosto. Parlavano di contemporaneità Azur e Asmar, che è la storia di un locale e di un immigrato, dell'incontro tra cristiani e musulmani. In questo volevo raccontare l'orrore di cui è capace l'uomo. Sono partito per fare un film sulla Belle Époque con i personaggi con dei bei costumi e poi mi sono reso conto della stagione straordinaria che è stata quella per le donne, un'epoca chiave: di quel periodo è la prima professoressa universitaria, la prima donna medico, la prima avvocatessa, la prima autista di taxi.
Dilili a Parigi è un film femminista?
Lei può vederlo come un film femminista, ma per me è un film umanista. Con cui denuncio l'imbecillità di certi uomini, perché i maschi che calpestano le donne di certo non sono felici. La felicità è vivere insieme, crescere insieme, arricchirsi. Combatto la stupidità che viene da uomini che non hanno fiducia in sé e che pensano di dover schiacciare le donne perché non arrivano dove vogliono arrivare.
Il film è stato premiato ma ha avuto anche un grande successo di pubblico. Quali sono state le reazioni più interessanti?
Una signora matura alla fine della proiezione commossa mi ha detto 'Questo è il film che avrei voluto vedere da bambina, avevamo diritto solo a principesse vestite di rosa che aspettavano un principe. Come avremmo avuto bisogno di questo film'. Coi giovani spettatori è più difficile, da loro vengono sempre le domande più interessanti e anche più imbarazzanti. Un ragazzo mi ha chiesto perché i maschi maestri rapiscono solo le bambine, perché non prendono anche i bambini? Una domanda che mi ha turbato, avrei dovuto spiegargli tutta una serie di storture che hanno a che fare con le religioni concepite da uomini che lasciano le donne sempre indietro. (...)
Autore critica:Chiara Ugolini
Fonte critica:repubblica.it
Data critica:



Critica 3:
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Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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