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Valzer con Bashir - Vals Im Bashir

Regia:Ari Folman
Vietato:No
Video:
DVD:No
Genere:Animazione
Tipologia:La guerra
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Ari Folman
Sceneggiatura:Ari Folman
Fotografia:
Musiche:Max Richter
Montaggio:Nilli Feller
Scenografia:
Costumi:
Effetti:Roiy Nitzan
Interpreti:
Produzione:Bridgit Folman Film Gang-Les Films D'ici-Razor Film Produktion-Arte France-Hot Telecommunication-Itvs, Israel Film Fund-Medienboard Berlin-Brandenburg-New Israeli Foundation For Cinema And Television-Noga Communication-Channel 8
Distribuzione:Lucky Red
Origine:Francia-Germania-Israele
Anno:2008
Durata:

87’

Trama:

Ari, regista israeliano, in piena notte ha un appuntamento in un bar con un amico in preda a crisi ricorrenti durante le quali si ritrova sistematicamente inseguito da una muta di 26 cani. Esattamente lo stesso numero di cani che lui ha dovuto uccidere durante la guerra in Libano, all'inizio degli anni Ottanta. Il giorno dopo, Ari, per la prima volta, ritrova un ricordo di quel periodo della sua vita. Un'immagine muta, lancinante: lui stesso, giovane soldato che fa il bagno con dei commilitoni davanti a Beirut. Sente allora la necessità vitale di scoprire la verità a proposito di questo periodo della Storia e di se stesso. Decide quindi, per venirne a capo, di andare a intervistare in gio per il mondo qualche suo vecchio compagno d'armi. Più Ari affonda nella sua memoria e più sente riaffiorare immagini scomparse.

Critica 1:Valzer con Bashir è il bel reportage di animazione di Folman, che racconta le stragi di Sabra e Shatila con gli occhi di un soldato.
Un cane nero corre latrando per le vie di Tel Aviv. Altri cani neri si uniscono a lui, travolgendo in branco tutto quello che incontrano. I loro occhi gialli e i loro denti scoperti cercano qualcuno, o forse annunciano qualcosa. Finalmente si fermano, e tendono le fauci verso l'alto. La loro voce si fa ancora più terribile, e i loro occhi più feroci. Da una finestra un uomo li osserva. Inizia così, con questi mostri urlanti, Valzer con Bashir (…), scritto, realizzato e prodotto dall'israeliano Ari Folman.
Nato nel 1962, a vent'anni Folman si trovava in Libano. Con l'esercito del suo Paese partecipava all'assedio di Beirut, e all'accerchiamento di 15mila combattenti dell'Olp e dei loro alleati siriani e libanesi. A quei fatti lontani torna ora con questo film d'animazione raccontato quasi in soggettiva – il personaggio principale in originale ha la voce del regista –, e come se fosse il ritorno suo e di un piccolo gruppo di suoi coetanei ai mesi terribili che culminarono nel «large-scale massacre of Palestinian civilians in the Sabra and Shatila refugee camps». Ossia, nel «massacro su larga scala di civili palestinesi nel campo profughi di Sabra e Shatila». Così appunto si legge nella risoluzione dell'Onu che il16 dicembre 1982 lo definisce «atto di genocidio».
Molto è stato scritto su Sabra e Shatila, e sugli uomini, le donne e i bambini che a centinaia o a migliaia (per alcuni 700, per altri 3.500) furono sterminati fra il 16 e il 18 settembre 1982 dai libanesi cristiano- falangisti di Elie Hobeika, come ritorsione per l'uccisione di Bashir Gemayel, leader falangista e neoeletto Presidente della repubblica. Più d'un tribunale ha tentato di districare i fili complessi di quell'eccidio, distinguendo le ragioni dai torti. Da parte sua, per altro, Folman proprio a questo non è interessato: alle ragioni e ai torti. Quella che lo muove, e che lo tormenta, è una preoccupazione molto meno generale e insieme molto più concreta: una preoccupazione che si può ben dire di carne e di sangue.
Per quanto Valzer con Bashir sia raccontato in gran parte come un'inchiesta giornalistica, o forse come un reportage televisivo – Folman è anche autore televisivo –, il realismo dei suoi disegni è attraversato da due sogni, da due incubi. Il primo è quello su cui il film si apre, con i cani latranti. A sognarlo, e da più di 2 anni, è Boaz, coetaneo del regista e suo compagno nella guerra in Libano. Per lui non ci sono dubbi. I cani, 26 in tutto, sono i morti lontani e mai dimenticati che tornano, e che urlano alla sua coscienza. L'altro incubo, anch'esso ricorrente, è invece quello che tormenta le notti di Ari. Insieme con tre compagni, Ari emerge dal mare calmo di fronte a Beirut. È buio, e i quattro sono nudi. Poi, arrivati sulla terraferma, si vestono e si armano. Il sogno s'interrompe qui, senza svelare nient'altro.
E però, quando Boaz gli racconta dei cani, Ari intuisce che quella sorta di resurrezione dalle acque sia anch'essa legata alla guerra,e in particolare a Sabra e Shatila. D'altra parte,nella sua memoria ben poco è rimasto di quei mesi lontani, e niente addirittura del massacro. Da qui, da questo buio nella mente, prende il via "l'inchiesta". Ari si interroga. Lo fa per la prima volta dopo più di vent'anni. E lo fa spinto dalla scoperta improvvisa del vuoto, del niente che in lui sembra rimasto di un'esperienza dura, feroce, densa di paura. Cerca, dunque, Ari. Si mette in cammino nel tempo, indietro verso la guerra, e anche nello spazio, per ritrovare amici e testimoni. Pian piano, qualcosa torna alla luce: notti e giorni passati su un autoblindo, mitragliando e uccidendo, nella speranza di non essere mitragliati e uccisi; i corpi crivellati di un libanese e della sua famiglia riversi dentro un'auto; e poi ancora corpi di feriti e di morti ammassati come cose, in attesa d'essere caricati su grandi elicotteri... Tutto questo non parla di ragioni o di torti. Quello che "dice" è invece la carne e il sangue di cui s'è fatto scempio. E dice anche l'orrore incredulo che pian piano si diffonde tra i soldati israeliani schierati attorno il campo di Sabra e Shatila, a partire dal pomeriggio di quel 16 settembre. Dall'alto delle loro postazioni, vedono e sentono i falangisti all'opera. E quel che vedono e sentono – così dice un personaggio ad Ari –, i loro nonni e padri hanno visto e sentito quarant'anni prima, in Europa. Di questo parla il sogno di Ari? Di un eccidio che ritorna, e che le coscienze dei singoli non riescono a fermare? A noi non resta che ammirare il coraggio di chi arriva a porsi domande tanto dolorose. Quelli non hanno da temere latranti cani neri.
Autore critica:Roberto Escobar
Fonte criticaIl Sole-24 Ore
Data critica:

18/1/2009

Critica 2:È una tragica attualità, nei giorni funestati dai morti di Gaza, quella che accompagna l' uscita italiana di Valzer con Bashir; però il film aveva già impressionato molto a Cannes: per la drammaticità degli eventi che rappresenta come per la forma del suo linguaggio. Che è quello di un "documentario d' animazione", variante inedita del nuovo filone di cartoon politico di cui abbiamo fatto la conoscenza con Persepolis. Il realizzatore del film, il cineasta israeliano Ari Folman, è stato testimone in prima persona del massacro di Sabra e Chatila, compiuto nel 1982 dai falangisti cristiani libanesi come reazione all' assassinio del presidente del Libano Bashir Gemayel: vittime migliaia di inermi rifugiati palestinesi; consapevoli, ma senza intervenire, le autorità d' Israele. All' epoca giovanissimo soldato dell' esercito israeliano, Folman è perseguitato da incubi spaventosi e indecifrabili, partoriti dal suo inconscio devastato. Intraprende allora una serie d' incontri-intervista con i suoi antichi compagni d' armi, traumatizzati quanto lui; alla fine, decide di dare a quella sorta di reportage psicanalitico che ha realizzato la forma espressiva del disegno animato, alternando come in un puzzle alle interviste (ridisegnate immagine per immagine, non ricalcate dipingendo la fotografia con la tecnica del rotoscopio) sequenze di guerra e scene puramente oniriche. Lo coadiuva, per la direzione artistica, David Polonsky. Ammirevole l' eclettismo delle tecniche impiegate - secondo i casi animazione classica, tridimensionale, flash ed effetti speciali - eccezionale la creatività del montaggio: tra iconografie, "tempi" e generi differenti (qualità che, pur non avendo ricevuto riconoscimenti ufficiali a Cannes, dove il film era in competizione, lo hanno candidato ai Golden Globes e gli sono valsi altri premi). Fino a una manciata di secondi finali, dove le vere immagini fotografiche delle vittime del massacro si sostituiscono a quelle stilizzate del cartoon. Un' obiezione è legittima. Non potrebbe, la tecnica del disegno animato, funzionare come uno schermo di protezione, una presa di distanza rispetto a eventi di una tragicità così definitiva? Ecco, bisogna dire che ciò non accade affatto. Sarà il fitto intreccio tra il piano storico e quello onirico e psicanalitico, ma il film si afferma senza retorica né forzature come una delle opere contro la guerra più impressionanti che il cinema abbia mai prodotto: sintesi allucinatoria tra demenza del fronte (vedi la seconda parte di Full Metal Jacket o Apocalypse Now) e traumi del reducismo trascritta in immagini destinate a durare. Due sequenze, tra tutte, restano più tenacemente marchiate nella memoria: quella d' apertura, certo, in cui un uomo è perseguitato da una muta di cani feroci (i cani che, in Libano, aveva dovuto uccidere perché non abbaiassero all' arrivo dei soldati israeliani); ma soprattutto la scena del militare che, come in trance, si abbandona a un valzer con l' immagine di Bashir sotto una pioggia di proiettili; o la bellissima, perturbante sequenza dei soldati che escono dalle acque dinanzi a Beirut devastata dalle bombe.
Autore critica:Roberto Escobar
Fonte critica:La Repubblica
Data critica:

9/1/2009

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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