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Anna dei miracoli - Miracle Worker (The)

Regia:Arthur Penn
Vietato:No
Video:MGM Home Entertainment
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Giovani in famiglia, Le diversità
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal dramma "The Miracle Worker" di William Gibson
Sceneggiatura:William Gibson
Fotografia:Ernest Caparros
Musiche:Laurence Rosenthal
Montaggio:Aram Avakian
Scenografia:George Jenkins, Mel Bourne
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Anne Bancroft (Annie Sullivan), Patty Duke (Helen Keller), Victor Jory (il capitano Keller), Inga Swenson (Kate Keller), Andrew Prine (James Keller), Kathleen Comegys (la zia Eve), Beah Richards (Viney), Jack Hollander (Mr. Anagnos), Michael Darden (Percy a dieci anni), Dale Ellen Bethea (Martha a dieci anni), Peggy Burke (Helen a sette anni), Donna Bryan (Martha a sette anni)
Produzione:Playfilms (United Artists)
Distribuzione:Zari Film
Origine:Usa
Anno:1962
Durata:

106’

Trama:

Alabama, anni Venti. La piccola Helen Keller, figlia di una ricca famiglia di proprietari terrieri, in seguito a una malattia infantile trascurata dal pediatra perde completamente la vista e l’udito. Alcuni anni dopo, i Keller decidono di ricorrere a una governante per cercare di guarire la bambina. Da un istituto di Boston arriva Annie Sullivan, nata cieca e guarita dopo una serie di interventi chirurgici. La donna si rende immediatamente conto che il pietismo con cui la famiglia Keller si relaziona alla bambina è d’ostacolo ai suoi metodi, per cui chiede il permesso di stabilirsi per due settimane in un capanno poco distante dalla villa, in modo da poter intervenire autonomamente nell’educazione della piccola Helen. Trascorse le due settimane, Annie pare essere riuscita soltanto a mitigare gli eccessi di Helen e non a farle capire il nesso esistente tra le parole che le ha insegnato a compitare e le cose a cui fanno riferimento. La famiglia Keller, però, è soddisfatta perché la bambina sembra più educata e serena. Ma una volta a casa, Helen ricomincia a comportarsi in maniera indisciplinata, sfruttando la consueta indulgenza dei genitori. Ne segue uno scontro verbale tra Annie e il padre di Helen, ma la sorpresa si verifica quando la bambina, vicina alla fontana del giardino, riesce a pronunciarne la parola «acqua», mettendo subito dopo in relazione i nomi che ha imparato a compitare con la realtà presente fuori dalla villa.

Critica 1:Annie Sullivan (A. Bancroft) è assunta dai coniugi Keller (V. Jory e I. Swenson) per rieducare la piccola Helen (P. Duke), cieca e sordomuta dalla nascita. L'insegnante di Boston riesce a far passare la ribelle Helen dallo stato animale a quello umano, e a fare di lei sua figlia, nel senso più profondo della parola. Ispirato a una vicenda che la stessa Helen Keller raccontò in The Story of My Life, il film deriva da un teledramma (1957) di William Gibson, diretto dal 35enne A. Penn, e da una pièce (1959) dello stesso Gibson, messa in scena a Broadway ancora da Penn e interpretata da A. Bancroft, P. Duke e Patricia Neal (…). È la descrizione epica di una battaglia che culmina nella straordinaria scena di 9 minuti tra Annie e Helen intorno al tavolo da pranzo. Pur non trascurando la complessità sentimentale e ideologica del testo di Gibson, mette con furia l'accento sulla dimensione fisica della battaglia. Il suo vero tema non è l'handicap fisico e nemmeno l'insegnamento o la comunicazione, ma il principio stesso della vita e della liberazione: il modo con cui le energie vitali, se abbastanza tenaci, possono vincere barriere od ostacoli. Ingiustamente accusato di teatralismo, dunque sottovalutato. Due Oscar per A. Bancroft e P. Duke, meritatissimi. Soltanto la nomination per Gibson e Penn.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Anna dei miracoli può essere tranquillamente considerato un robusto melodramma in cui la posta in gioco è il sofferto raggiungimento di un fine educativo ritenuto all’inizio particolarmente difficile. Ancor più difficile e angosciante se lo si rapporta al vissuto della protagonista, la cui memoria è costante preda di immotivati sensi di colpa causati della prematura morte del fratello James – scomparso alla stessa età di Helen per una grave tubercolosi ossea –. Annie, tuttavia, è in grado di avvicinarsi e comprendere il mondo oscuro nel quale si dibatte la bambina, poiché ha vissuto un’identica situazione di handicap da cui è uscita solo dopo lunghi e ripetuti interventi chirurgici. La corrispondenza del vissuto fa in modo che Annie, pur apparendo particolarmente dura e spietata alla famiglia Keller, riesca a far emergere Helen da quelle tenebre che la attanagliano e le impediscono di rapportarsi adeguatamente al mondo, dandole quindi la possibilità di “vedere” le cose attraverso quella luce (ossia gli occhi) di cui, naturalmente, non può disporre.
La famiglia, al contrario, con il suo pietismo e la sua superficiale indulgenza (evidente durante la prima cena di Annie a casa Keller, durante la quale il nucleo familiare tollera il comportamento eccessivo di Helen soltanto per poter parlare tranquillamente delle ferite non ancora rimarginate della guerra di Secessione e non farsi disturbare nelle sue consuetudini), risulta un ostacolo che rischia di diventare emblematico nelle relazioni tra educatore e soggetto da educare: quello che i Keller pensano di mettere in gioco è l’affetto per la figlia sfortunata, non accorgendosi che la loro compassione si trasforma in facile rifugio per la bambina che deve invece essere trattata con un piglio saldo e inflessibile per evitare che si ripieghi maggiormente nel suo mondo fatto di mugugni, buio e atteggiamenti selvatici. La difficoltà di comunicazione, palese nelle prime fasi tra Helen e Annie, mostra il suo risvolto anche nell’impossibilità di far comprendere alla famiglia Keller che quella esercitata dalla governante nei confronti della bambina non è crudeltà, bensì un metodo distaccato per permetterle di legarsi al mondo attraverso il nesso che intercorre tra la teoria (il compitare le parole attraverso la gestualità) e la pratica (il comprendere, cioè, il significato di tale gestualità). Lo sforzo nel cercare un canale di corrispondenza tra Annie e Helen (e tra Helen e il mondo) implica necessariamente un duro conflitto tra le due parti in questione, uno scontro che si traforma in contesa fisica, materiale, come nella lunga sequenza in cui la governante impedisce alla bambina di mangiare con le mani, riuscendo alla fine a farle piegare un tovagliolo. Il conflitto è reso come se fosse un rapporto tra domatore e fiera, sottolinenando la selvatichezza a cui l’eccessiva accondiscendenza familiare ha portato una bambina che ha sempre e soltanto avuto bisogno di vedere il mondo con gli occhi degli altri.
Autore critica:Giampiero Frasca
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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