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Guerra è finita (La) - Guerre est finie (La)

Regia:Alain Resnais
Vietato:14
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Jorge Semprun
Sceneggiatura:Jorge Semprun
Fotografia:Sacha Vierny
Musiche:Giovanni Fusco
Montaggio:Eric Pluet
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Jean Buise (Ramon), Genevieve Bujold (Nadine), Paul Crauchet (Roberto), Jean Daste' (il capo di rete), Yves Montand (Diego), Michel Piccoli (Ispettore), Jean François Remi (Juan), Dominique Rozan (Jude), Gerard Sety (Bill), Ingrid Thulin (Marianne)
Produzione:Gisele Rebillon/Catherine Winter - Sofracima (Parigi) - Europa Film (Stoccolma)
Distribuzione:Ambasciata di Francia
Origine:Francia
Anno:1966
Durata:

121’

Trama:

Storia di un fuoruscito spagnolo che vorrebbe tornare in patria per combattere Franco. Come uomo d'azione conclude poco, come uomo privato è pieno di dubbi e oltre alla rivoluzione pensa alle donne.

Critica 1:Nel 1965 a Parigi Diego, militante del Partito Comunista spagnolo, conosce lo scetticismo: quel tipo di lotta contro il regime franchista non è più adatto alla realtà. I suoi compagni di partito l'accusano di pessimismo. Riparte per una nuova missione in Spagna. E il film più politicamente impegnato di A. Resnais. Scritto dallo spagnolo (allora in esilio) Jorge Semprun, è un film sull'azione, sull'ostinazione, l'allegria e la stanchezza dell'azione: il flusso della coscienza riguarda il contrario della memoria, l'avvenire invece del passato. La pazienza e l'ironia sono le due virtù del rivoluzionario, dice Diego Mora. Nel corso labirintico del racconto affiora il motivo conduttore di un omaggio all'uomo e alla sua integrità, in coincidenza tra livello pubblico e livello privato, continuamente intrecciati.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(...) Diversamente da Hiroshima, in cui la dialettica temporale è centrata sul rapporto presente-passato, ne La guerre est finie la dialettica temporale è orientata sul rapporto presente-futuro: anche se l'oggetto delle anticipazioni mentali è a volte banale, questa costante testimonia l'atteggiamento esistenziale del protagonista, il suo essere proiettato in una coerente operatività volta alla trasformazione progressiva del reale. Sotto tale aspetto l'inizio del film è tra le parti piú riuscite: grazie alla tensione narrativa interiore, raggiunge un notevole grado di letterarietà, proprio attraverso l'uso controllato di flash-towards ambigui, problematici, in cui si progetta costantemente una possibilità di agire (la corsa di Diego per il treno di Perpignano) o un aspetto possibile e ipotetico della realtà (le immagini dell'amico catturato dalla polizia franchista, o quelle di giovani diverse, come avvicinamento alla figura reale di Nadine, ancora sconosciuta).
Un secondo procedimento, usato da Resnais per realizzare uno straniamento nel contesto della narrazione, è il ricorso all'impiego del tu, negli interventi o f} del narratore, con la funzione di coscienza interpretante che si rivolge al protagonista. Il significato dell'operazione è almeno duplice. Da un lato si tratta evidentemente di insistere sul carattere di finzione dell'opera d'arte, sul suo costituirsi come cinema, proprio all'interno del processo di utilizzazione di materiali reali (in questo il regista sviluppa un postulato fondamentale dell'arte moderna, orientata sostanzialmente sulla linea dell'antiphysis). Resnais stesso, infatti, afferma: « Se tenevo molto a questo narratore dentro il film, è perché era anche un modo per dire "Siamo al cinema. Vi presentiamo elementi reali, ma non tentiamo di farvi credere che si tratti di qualcos'altro che di cinema". È una specie di onestà e questo effetto non mi sembra che debba ridurre l'emozione; al contrario la rafforza, quando è riuscito ». Dall'altro, il parlato è in fondo una ricapitolazione, come flusso di coscienza razionalizzato della situazione generale del personaggio, il recupero dell'essenzialità dei rapporti in una visione totalizzante. (...)
In La guerre est finie (...) il rapporto con la storia è rapporto scelto deliberatamente, fondato su di un fine preciso, costruito su un determinato progetto di trasformazione, e non si caratterizza piú come oggettività drammatica della storia che la negatività soggettiva subisce, ma come decisione politica. In questo senso il rapporto strutturale tra individuo ed ambiente assume un carattere sostanzialmente nuovo, in quanto trova nella politica il perno operativo, il momento di storicizzazione positiva. La politica acquista una funzione di mediazione tra l'individuo e la storia, provocando una trasformazione del rapporto tra i due orizzonti, che ha uno sbocco immediato nella struttura narrativa. Forma dialettica, quindi, in cui i due orizzonti si fondono e si dinamizzano reciprocamente, offrendo una sintesi che è qualcosa di più della pura somma delle componenti, o assorbimento dell'orizzonte politico nel fluire continuo della temporalità soggettiva?
Invero il film non realizza compiutamente nessuna delle due ipotesi strutturali. Non è forma dialettica perché il destino soggettivo tende a fagocitare ed a psicologizzare le realtà storico-politiche, inserendole nel proprio sviluppo progressivo. Non è neppure un continuum psicologico, perché la dimensione tonale dell'opera attesta sempre da un lato una presenza ideologica e dall'altro una sospensione, una neutralità, che sono il riflesso di qualcosa d'altro, e non si esauriscono nella sentimentalità soggettiva. D'altronde, la linearità e la naturalità di sviluppo della struttura narrativa costituiscono, piuttosto che una forma di registrazione mimetica della realtà, il fondamento per la formazione - nel contesto narrativo e nella singola immagine - di una tensione, di un senso di sospensione, di una dinamica, che rivelano la complessità e la plurivalenza del narrato, la presenza di qualcos'altro oltre a ciò che è rappresentato.
Il fatto è che tutto il film è costruito su una piramide di significati che alludono progressivamente ad altre realtà. La dialettica individuo-storia attraverso la sintesi della politica non è che la forma piú evidente del rapporto tra una volontà che progetta ed un molteplice che resiste. La struttura ideologica del film è data proprio dal rapporto tra il momento dinamico-progettuale della volontà di cambiare il mondo e la resistenza pratico-inerte del mondo stesso, tra la realtà chiusa, apparentemente impermeabile ed insieme autosufficiente, della vita quotidiana e l'aspirazione totalizzante, la fissazione volontaristica del protagonista. Nasce, questa struttura, dal dissidio interiore di una vita vissuta tra la normalità dei rapporti consueti, delle relazioni intersoggettive naturali e la anormalità della lotta, della organizzazione. (...)
E tuttavia il discorso della Guerre est finie è costruito su una struttura ideologica e su una pratica di soluzione dei problemi, che non può non suscitare forti elementi di perplessità. Il protagonista, infatti, vive le incertezze dell'azione politica, le sue difficoltà di realizzazione, la consistenza precaria dell'esperienza sentimentale, sperimenta la dicotomia tra la concretezza del presente e la fuga nell'immaginario, ma tutto risolve nella responsabilità operativa, affrettandosi a richiudere il vuoto problematico che cominciava a manifestarsi, respingendo la pressione dell'altrove in favore del mero impegno di militante. La contraddizione è appena abbozzata, rimane embrionale, e poi si chiude organicamente nella soddisfazione positiva della moralità risolta. L'impegno politico è di per sé la salvezza, anche se il mondo resta immerso nel negativo.
Autore critica:Paolo Bertetto
Fonte critica:Alain Resnais, Il Castoro Cinema
Data critica:

5/1976

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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