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Giorni del cielo - Days of Heaven

Regia:Terrence Malick
Vietato:No
Video: 20th Century Fox
DVD:Dvd 20th Century Fox (2002)
Genere:Drammatico - Psicologico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Terrence Malick
Sceneggiatura:Terrence Malick
Fotografia:Nestor Almendros
Musiche:Ennio Morricone e musiche da "Carnevale degli animali" di Camille
Saint-Saens
Montaggio:Billy Weber
Scenografia:Jack Fisk
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Richard Gere Bill, Brooke Adams Abby, Sam Shepard Chuck, Linda Manz Linda, Robert Wilke Amministratore, Gene Bell Danzatore, Doug Kershaw Violinista, Frenchie Lemond Lottatore del Vaudeville, Richard Libertini Direttore d’orchestra, Stuart Margolin Amministratore azienda, Sabra Markus Danzatrice di Vaudevillem Tim Scott Operaio agricolo, Jackie Shultis Jackie, Bob Wilson Contabile
Produzione:Bert e Harold Schneider per la Paramount
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Usa
Anno:1978
Durata:

95'

Trama:

Bill, un operaio costretto a fuggire da Chicago per una lite con il padrone, si dirige verso i campi del Midwest insieme alla giovane amica Abby e alla sorellina Linda. Trovato lavoro presso la immensa fattoria del giovane Chuck, Bill e Abby notano l'interessamento del padrone per la ragazza che, tra l'altro, si è fatta passare per sorella di Bill. Per pura casualità Bill viene a sapere che il ricco rivale è condannato a sicura e rapida morte da male incurabile e, per conseguenza, spinge Abby ad accettarne l'offerta di matrimonio. L'avvenimento permette a Bill e a Linda di stabilirsi nella casa di Chuck a stagione finita, assaporando i piaceri della ricchezza. Tuttavia, quando Bill s'accorge che Abby si sta innamorando del marito, tenta di riconquistarla; quindi si allontana per un po' di tempo. Quando, non potendo dimenticarla, torna dall'amata, Chuck ha modo di consolidare i sospetti propri e quelli dell'anziano fattore. Infuriato, il marito tradito dà fuoco alla piantagione invasa dalle cavallette; lega la moglie e affronta Bill che lo uccide. Bill, Abby e Linda devono nuovamente vagare. Vengono raggiunti dal fattore e dalla polizia che colpisce a morte Bill. Linda, che ha annotato diligentemente tutti i fatti e li ha raccontati, scappa dall'istituto dove è stata internata da Abby e si trova a vagare di nuovo accanto ad una ragazza con la quale ha fatto amicizia.

Critica 1:Storia di anime dannate nella cornice di una saga rurale in cui i paesaggi del Texas (trovati in Canada) sono esaltati dalla splendida fotografia di Nestor Almendros che ebbe un Oscar. Emozionante. Accattivante partitura di Ennio Morricone che ebbe la nomination all'Oscar. Spicca S. Shepard, nobile e malinconico feudatario. Premio della regia a Cannes.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Come BadIands, il film rivisita uno dei topoi classici del cinema americano: quello della coppia criminale. Inutile a questo proposito perdersi in citazioni: da You only live once (Lang) a They live by night (Ray), da Bonnie and Clyde (Penn) a Thieves like us (Altman) il panorama è ricchissimo. Piuttosto ci preme far notare come, rispetto all’opera di esordio, I giorni del cielo sia più preciso nella determinazione di un contesto poIitico e sociale, in cui i personaggi sono irrepa-rabilmente ingabbiati al punto da risultare mere funzioni di es-so. La mistificazione della mobilità sociale, cardine portante del “sogno americano”, viene immediatamente smascherata nel film.
Già le foto d'epoca dei titoli di testa (da Lewis Hine a Henry Hamilton Bennett, da Frances Benjamin Johnston a Eddie Baskin, una vera rassegna della “fotografìa sociale” degli anni '10) definiscono ben più di una generica “atmosfera” e preparano agli stracci del tugurio di Abby e Bill e alle fiamme della fonderia. Cambia il paesaggio, ma anche il lavoro dei campi presenta i suoi “tempi” (il fattore multa Abby perchè non è riuscita a tenere il ritmo infernale della mietitrice) e le fornaci dei trattori a vapore, così simili alle “bocche” delle officine, la dicono lunga su una pretesa diversità dell'ambiente e della fatica dei braccianti.
Intanto in Europa c'è la guerra (siamo nel 1916), lo “sforzo agricolo” statunitense si giustifica anche in essa, ma nel film il conflitto è assente (solo nella penultima sequenza vediamo dei soldati che partono col treno), così come la “visita” del presidente Wilson si risolve nel fantasmatico passaggio di una locomotiva.
Le determinazioni storico-sociali, sfuggendo ai protagonisti, relegati ad un ruolo di pura passività, assumono la misteriosa coloritura di un destino. Questa oscura percezione della impotenza a modificare la propria sorte priva i personaggi di una precisa spinta motivazionale. È quindi conseguente la foro “amoralità”, la mancanza quasi totale di psicologia, la relativa indifferenza con la quale essi si pongono di fronte agli avvenimenti. Nel loro “fare quello che accade” sembra trovare concretezza l'unico “sentimento” che li accomuna: l'istinto di conservazione.
L'altro estremo rispetto al quale i protagonisti si definiscono è costituito da una natura indifferente e splendida, nei confronti della quale essi sono a loro volta necessariamente indifferenti. Come in Badlans i personaggi sembrano accorgersi della bellezza della natura (e goderne, ed entrare in sintonia con essa) soltanto dopo avere rotto (violentemente, tramite il delitto) con le norme sociali e morali.
Esistono tuttavia, sotto questo punto di vista, alcune differenze sostanziali tra i due film. In Badlands, anche dopo l'uccisione del padre, il rapporto dei due protagonisti con la natura (e con gli animali, possibili e “impossibili”) è sempre filtrato dalla dimensione alienata dello spettacolo, che caratterizza il personaggio di Kit, o comunque da una devitalizzazione letteraria e fiabesca (il “National Geographic Magazine” o il “KonTiki” di Holly).
Ambientando il suo secondo film negli anni '10, Malick ha in un certo senso storicizzato questo atteggiamento, rendendolo più sfumato, pur mantenendone sostanzialmente analoghe le componenti fondamentali.
Così Bili e Abby conoscono momenti di abbandono quasi panico, sembrerebbe, grazie alla loro situazione sessualmente anomala (si fingono fratelli, e questo conferisce ai loro rapporti un'aura di incesto); ma immediatamente la mdp li situa, danzando loro intorno, sullo sfondo dei compagni di lavoro e delle loro miserabili baracche.
Nella notte d'amore rubata al farmer la trasgressione acquista connotati più esplicitamente sociali, e l'acqua dello stagno potrebbe fare spropositare di banalità amniotiche. Ma cade un bicchiere, i pesci gli nuotano attorno con indolenza, e l'insistenza con cui il regista lo inquadra ci avverte della natura simbolica di questo “segno”: la sequenza allude alla fragilità dei “giorni dei cielo” dei due amanti e insieme prepara, nell'analogia della costruzione e del taglio dell'inquadratura, la morte di Bill. Tra questa e l'uccisione del farmer è racchiuso il momento di maggiore sintonia con la natura da parte dei personaggi: la trasgressione suprema, il delitto, liberando da qualsiasi “prospettiva” sociale, scatena l'illusorio trionfo del “principio di piacere”.
La presenza degli animali (anche qui spesso “impossibili”, come i bisonti, o addirittura pietrificati, come il cervo che fa “pendant” con lo gnomo) è un'altra costante dei cinema di Malick, e suggerisce l'elemento fantastico e misteriosamente oscuro nella vita degli uomini.
Parzialmente estranee a questa funzione risultano le cavallette, il cui incombere minaccioso è annunciato già durante la sequenza del matrimonio (primissimo piano di uno di questi insetti su uno stelo d'erba) e culmina nella straordinaria orchestrazione dell'incendio.
Flagello biblico (quindi divino), esse sfuggono alla legge della natura, appartengono piuttosto al soprannaturale, cosicché la loro caratterizzazione risulta specificamente simbolica.
Con uno di quei parallelismi che sono frequenti nel film, Malick sembra inoltre suggerire l'analogia con gli sciami di uomini che, seguendo le stagioni e il caso, migrano attraverso le sterminate praterie dell’ovest. In essi non c'è nessuna presunzione (o coscienza) di poter padroneggiare il proprio destino: come pesci racchiusi in un acquario, fanno spettacolo delle loro attonite ed attutite emozioni, circondati da un'aura di miserabile e carnevalesca magia.
Come Badlands, I giorni del cielo accumula una serie di riferimenti, cinematografici, innanzitutto, ma anche pittorici, fotografici, musicali. Il procedimento è il solito: per fare un film sugli anni '10, Ma-lick usa l'ottica dei grandi maestri del muto. In particolare, so-no riconoscibili il Murnau americano, soprattutto, ma anche Griffith, Dovzenko e, tra i cantori del difficile rapporto tra l'in-dividuo e l'ambiente naturale, lo Siostrom de Il vento. Della musica e della “fotografia sociale” abbiamo già parlato; rima-ne da dire qualcosa sulla pittura. Innanzitutto è da citare l'in-fluenza di Edward Hopper, autore di paesaggi urbani ed agre-sti, da una cui tela deriva la incredibile casa del farmer (anche se l'idea dell'isolamento in un “mare d'erba” è presa pari pari da Il gigante). Più in generale si può fare riferimento alle scuole del regionalismo e del precisionismo, con particolare accento su Grant Wood, al quale si deve il celeberrimo ritratto di coppia detto “Gotico Americano”. Ma si potrebbe andare più in là, coinvolgendo autori europei non direttamente riferi-bili alla situazione storica e dal contesto, quali Holman Hunt (un preraffaellita, alla cui “Luce del mondo” ci pare debba molto la sequenza del matrimonio) e, buon ultimo, Max Ernst, nella luce surreale che talvolta sospende le atmosfere della
sterminata pianura.
Quello che ci pare distingua I giorni del cielo dall'opera prima di Malick è il maggiore amalgama fra tutti questi “elementi del discorso” (o, che è lo stesso, la superiore padronanza di uno stile).
Ciò che in Badlands poteva risultare a volte fastidiosa citazione, qui è perfettamente assimilato e utilizzato con funzionalità.
Altra analogia rispetto al primo film è data dalla voce fuori campo, mediante la quale una protagonista - là principale, qui comprimaria - sembra raccontarsi la vicenda. Malick, in una conferenza stampa a Cannes, ha dichiarato che era sua intenzione utilizzare il commento “off” di Abby; in seguito, conosciuta Linda Manz, si è convinto ad aggiungere il personaggio della sorellina come io narrante. Ciò ha provocato, rispetto a Badlands, uno spiazzamento ovvio, con una perdita di soggettività ma anche di attendibilità dell'informazione. La bambina, infatti, vive la vicenda marginalmente, il suo commento didascalico offre allo spettatore molto meno di quanto testimonino le immagini. Come la rarefazione della psicologia dei personaggi, questo artificio tende a valorizzare, nemmeno tanto paradossalmente, la componente specificatamente cinematica, fungendo quasi da didascalia di film muto.
Saldamente fissato su una lontananza irrecuperabile se non attraverso la stilizzazione, il film fa del suggerimento ellittico la sua cifra stilistica: un treno schiacciato dal teleobiettivo su un ponte filiforme allude con essenzialità al grande esodo, le ombre nel gazebo inoculano nel farmer il terribile dubbio, la lontana percezione di una carezza lo conferma. E la premonizione, che è nelle cose e nella natura, vale più del fatto stesso.
Ma, a differenza di BadIands, l’atteggiamento di Malick (come quello di Linda nel confronti del farmer) è tutt'altro che univoco, oscilla tra il distacco e il lirismo, tra la contemplazione e la partecipazione.
Nell’assenza di psicologia, nella mancanza di motivazioni individuali, il pathos è purtuttavia presente, nel senso della natura e nell'ineluttabilità della tragedia e del destino: I giorni dei cielo è un film epico e commovente.
Autore critica:Paolo Vecchi
Fonte critica:Cineforum n. 187
Data critica:

9/1979

Critica 3:
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