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Lola - Lola

Regia:Rainer Werner Fassbinder
Vietato:14
Video:Avo Film
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Rainer Werner Fassbinder, Pea Frohlich, Peter Marthesheimer
Sceneggiatura:Rainer Werner Fassbinder, Pea Frohlich, Peter Marthesheimer
Fotografia:Xaver Schwarzenberger
Musiche:Peer Raben
Montaggio:Rainer Werner Fassbinder, Juliane Lorenz
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Mario Adorf (Schuckert), Karin Baal (madre di Lola), Matthias Fuchs (Esslin), Armin Mueller-Stahl (Von Bohm), Barbara Sukowa (Lola)
Produzione:Rialto Film, Berlino -Trio-Film, Duisburg
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Germania
Anno:1981
Durata:

114'

Trama:

Siamo nella Germania Federale, negli anni cinquanta, gli anni di Adenauer, della ricostruzione, che si realizza, secondo il regista, nella più sconcia corruzione sociale e politica. Centro d'attrazione nella vicenda del film è il bordello di una cittadina di provincia, ove s'incontrano e si scontrano i personaggi di una degradata società, che vive solo di vizi, di intrallazzi e di sfacciati profitti. Questo bordello, secondo Fassbinder, è l'emblema della Germania anni Cinquanta. Protagonisti corrotti e corruttori sono il costruttore Schuckert, un brutale speculatore, proprietario del bordello e la sua amica Lola, prostituta e cantante. Fanno corona i notabili della cittadina, profittatori e vittime della stessa corruzione. La facciata è quella ipocrita del perbenismo borghese. Ma un giorno giunge in città il nuovo assessore all'urbanistica, il quale è tutto dedito al dovere e sembra incorruttibile. Difatti i primi segni di moralizzazione si manifestano. Schuckert e compagni corrono ai ripari e la loro salvezza sarà Lola, della quale lo scapolo assessore si innamora perdutamente fino a sposarla. Così si lega anch'egli alla masnada di Schuckert, che continua nei suoi loschi affari e si conserva Lola per amante.

Critica 1:Lola è l'attrazione di un bordello di provincia il cui padrone è il ricco costruttore Schuckert. Seduce un incorruttibile funzionario, lo sposa e rileva il bordello. Scritto dagli stessi sceneggiatori di Il matrimonio di Maria Braun, è meno riuscito, ma più divertente. Morale: sesso e denaro, strettamente legati, determinano la vita degli uomini. Come in Balzac.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) La morte di Fassbinder, come è stata descritta, contiene il senso di questa lotta disperata e perdente contro il non-essere della vita. L'hanno trovato riverso davanti a un televisore acceso dove scorreva a vuoto uno dei tanti «classici» videoregistrati che ultimamente non si stancava di vedere e rivedere; in bocca ancora la cicca, in mano uno dei molti copioni a cui stava lavorando. Si dice che stesse preparando sette film contemporaneamente: un'indigestione di cinema, così come di valium, grappa e sostanze stupefacenti. È ciò che l'ha portato alla morte, all'insegna di un «troppo» che ormai si reggeva solo su se stesso.
Non era più l'andar sopra le righe inevitabile e quasi naturale dei personaggi fassbinderiani dei primi anni Settanta, che avevano il solo torto di voler vivere in una realtà che negava e reprimeva qualsiasi espressione vitale: la vedova innamorata di La paura mangia l'anima, la ragazza ingenua e sognatrice di Effi Briest, l'omosessuale de Il diritto del più forte emanavano un'energia positiva, perchè il regista trattava queste figure con amore, non le esauriva nella sconfitta, ancorchè inevitabile; creava loro intorno una zona di libertà che era funzionale a produrre le oscillazioni del melodramma, tra momentanee illusioni e cocenti colpi del destino o degli uomini. Quella «zona» era già probabilmente per il regista terra di nessuno, frutto di follia romantica, ma tuttavia resa conflittuale e strenuamente difesa dal personaggio, che diventava «bello» e «vero» in una lotta perdente. Le recenti eroine di Fassbinder invece non devono combattere nessuna guerra: gli ambienti che le circondano sono in disfacimento, non oppongono un'effettiva resistenza; sono anzi le protagoniste stesse a plasmarli con la loro presenza: il corpo, investito come puro valore di scambio, è l'ultimo elemento forte che prende rilievo nella perdita di senso del reale. Le sorti del Reich finiscono per dipendere da una comparsa in pubblico di Lili Marleen, il governo di una città si regge sui traffici della prostituta-cantante Marie Louise, in arte Lola. Nella riduzione della Storia a un palcoscenico di cabaret e delle grandi decisioni a uno scambio postribolare c'è indubbiamente del sarcasmo, ma anche la mancanza di una vera dialettica. Tutti sono nel gioco e tutto, nello stesso tempo, sembra un gioco.
In Lola il funzionario comunale che istiga l'assessore von Bohm a far giustizia della speculazione edilizia ha un secondo lavoro come batterista nel locale dove si esibisce la cantante. La trovata, prima che grottesca, è strampalata, sa di sceneggiatura buttata giù con approssimazione, senza dignità nella costruzione dei personaggi (che è altra cosa dalla dignità dei personaggi, che può anche mancare completamente; ma allora, come ha mostrato Brecht, ci vuole molta arte a riprodurre la meschineria). L'imprenditore-Mangiafuoco interpretato da Mario Adorf è decisamente sopra le righe, ma qui, a ben vedere, a non esserci sono proprio le righe, l'orizzonte anche stilizzato, ma non di meno definito, solido, chiuso (se no dove sta l'emblematicità?) di un kammerspiele. C'era forse da parte di Fassbinder l'intento di un teatro didattico, che però il più delle volte si riduce alla declamazione nè stentorea, nè stridente, nè straniata di questo o quel ruolo sociale. Alcune presenze «aliene» risultano fastidiosamente pleonastiche, sono appena schizzate dalla sceneggiatura e schizzano via sullo schermo, si riducono a una contaminazione di precedenti film dell'autore: vedi il festoso negro americano, a pensione con von Bohm nella casa della madre di Lola, figura che viene direttamente dal set de ll matrimonio di Maria Braun. C'è nel film troppa disinvoltura operettistica, troppo ammiccare di personaggi, se non addirittura di attori della «famiglia» Fassbinder, i quali, caduto ormai il referente del verosimile cinematografico, citano parti già recitate. C'è l'affanno del racconto e l'enfasi del fumetto già riscontrabili in Lili Marleen, ma senza l'effetto implosivo e un po' grottesco della passine amorosa gigantografata sullo sfondo storico. Lola stessa non è sviluppata oltre la sua immagine glamour e a discapito del personaggio va anche l'interpretazione di Barbara Sukowa, che si cala nei lustrini con la stessa teutonica fermezza con cui vestiva i panni della terrorista ne Gli anni di piombo. Dov'è finito il sorriso sardonico, lo sguardo sospeso, il «vibrato» di Hanna Shygulla? Dietro di lei ci poteva essere sì Marlene, molto più che in questa Lola, derivata dallo stesso romanzo di Heinrich Mann che ispirò L'angelo azzurro. (…)
Autore critica:Lodovico Stefanoni
Fonte critica:Cineforum n. 217
Data critica:

9/1982

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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