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Fuochi nella pianura - Nobi

Regia:Kon Ichikawa
Vietato:No
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La guerra, La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo "La strana guerra del soldato Tamura" di Shohei Ooka
Sceneggiatura:Natto Wada
Fotografia:Setsuo Kobayashi
Musiche:Yasushi Akutagawa
Montaggio:Kon Ichikawa
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Micky Curtis (Soldato), Eiji Funakoshi (Soldato Tamura), Yoshihiro Hamaguchi (Ufficiale), Hikaru Hoshi (Soldato), Asao Sano (Soldato), Osamu Takizawa (Soldato), Masaya Tsukida (Soldato), Mantaro Ushio (Sergente)
Produzione:Daiei - Masaishi Nagata
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Giappone
Anno:1959
Durata:

105’

Trama:

La disfatta dell'esercito giapponese, nelle Filippine nel '45, attraverso gli occhi del soldato Tamura. Crudissimo resoconto sulla guerra, sul cannibalismo e su altri orrori.

Critica 1:Dal romanzo La strana guerra del soldato Tamura di Shokei Oka: nel febbraio 1945 in un'isola delle Filippine, braccati dagli americani e dai guerriglieri, soldati giapponesi uccidono per un pugno di sale, depredano cadaveri, praticano il cannibalismo. Nobi è con L'arpa birmana (1956), ma senza il suo versante idillico e mistico uno dei grandi film pacifisti di Ichikawa: un affresco terribile e impietoso sugli orrori della guerra che degrada l'uomo al suo stato ferino. La bellezza delle immagini, intrise di pioggia e di fango, sublima, senza contraddirlo, lo sguardo lucido da entomologo con cui il regista fruga tra i suoi personaggi come se fossero insetti.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Diciamolo francamente: le occasioni di vedere un bel film si fanno sempre più rare. Né, guardandoci attorno, si ha ragione di nutrire molte speranze per il futuro. Proprio perciò, a salvaguardia del gusto non dobbiamo lasciarci sfuggire Fuochi nella pianura un film giapponese che non suscita propriamente entusiasmo, non eccita festosamente la fantasia, ma pretende quell’ammirazione ferma, seria, convinta, destinata alle opere le quali non ci divertono nel senso più corrente del termine, ché anzi lasciano pensosi e quasi storditi per la loro terribilità, ma ci colpiscono in pieno petto per il significato alto e profondo, e confortano nella certezza che il cinema può avere echi poetici e sensi morali per nulla inferiori a qualsiasi altra espressione artistica. Se mai, come qui, più immediati..
Fuochi nella pianura è del 1959, e perciò di tre anni posteriore a L’arpa birmana, il film sinora più noto dell’eclettico Kon Ichikawa (del quale è in questi giorni in proiezione, ma amputato, anche il film sulle Olimpiadi). Che sia arrivato così tardi sui nostri schermi può stupire soltanto quanti si fanno illusioni sul livello della cultura cinematografica dei nostri distributori. Rallegriamoci invece di vedere finalmente realizzato un voto antico: quello di offrire agli spettatori, come accade nei paesi più progrediti del mondo, i film nella versione originale, fornita di didascalie in italiano. Non è questione di dettaglio, come taluni fingono di credere; il sonoro, soprattutto per i toni della recitazione, è un elemento fondamentale della rappresentazione, da quando il cinema non è più muto.
Il film meritava questo privilegio. Per quello che dice, e per come lo dice. Niente di nuovo, all’apparenza, perché spesso il cinema, anche recentemente, ha trasmesso messaggi di pace descrivendo gli orrori della guerra; ma in Fuochi nella pianura Ichikawa non si mostra soltanto ispirato da un ovvio umanitarismo. Ciò che lo spinge, sulla scia del romanzo di Shohei O-Oka, è un sentimento positivo, la certezza che anche in una atroce selva di barbarie può sussistere un sacrale rispetto per la persona. Ove rimanga anche un solo individuo a battersi per salvare in se stesso la dignità dell’uomo, in lui possiamo trovare speranza di riscatto dalle forze animalesche che la guerra ridesta in noi..
Rispetto all’Arpa birmana Ichikawa fa un passo avanti. Non si tratta soltanto, ora, di trovare nella preghiera e nella pietà per i morti l’unico scampo a una condizione fatale; sparando l’ultima cartuccia sul commilitone che, ridotto a un relitto di carne, ha ceduto all’istinto cannibalesco, e perciò è divenuto più nemico dei soldati avversari, il protagonista di Fuochi nella pianura afferma il valore laico, concreto, della coscienza come forza naturale che deve continuare a distinguerci dalle bestie anche quando ogni altro connotato della figura umana è cancellato dalla fame e dalla disperazione d’una guerra perduta. Tale è l’umile soldato Tamura, che va randagio per campi e foreste delle Filippine nel 1945, combattuto fra l’istinto di conservazione (senza necessità, preso nell’ingranaggio del terrore, egli stesso ha ucciso un’indigena indifesa), lo stupore di ritrovarsi sempre superstite fra corpi massacrati, e la paura di cedere agli stimoli più ignobili; col costante miraggio delle colonne di fumo alte sulla pianura (forse un segnale ostile, forse un’illusione di pace)..
Con un’estrema economia di mezzi, in un paesaggio arso e fangoso, in uno stile asciutto e grave, di plastica durezza, con splendidi squarci lirici (attenti alla scena della formica), il film è il racconto di questa lotta di Tamura contro se stesso, per non degradarsi come i compagni, per non abdicare, benché ormai il corpo si muova come un automa, e non smarrirsi anche nell’anima mentre tutto gli crolla d’intorno e ogni uomo è lupo al suo simile. Ribellatosi alla voce della giungla e ristabilito l’ordine dell’universo, Tamura andrà, agnello di Dio, incontro alla morte..
Interprete della tragica, spesso anche orripilante vicenda, è Eiji Funakoshi, attore eccezionalmente espressivo in un largo registro di chiaroscuri psicologici.
Autore critica:Giovanni Grazzini
Fonte critica:Corriere della Sera
Data critica:

24/11/1965

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



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