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Fate ignoranti (Le) -

Regia:Ferzan Ozpetek
Vietato:No
Video:Medusa
DVD:Panorama
Genere:Drammatico
Tipologia:La condizione femminile, Le diversità
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Gianni Romoli, Ferzan Ozpetek
Sceneggiatura:Gianni Romoli, Ferzan Ozpetek
Fotografia:Pasquale Mari
Musiche:Andrea Guerra
Montaggio:Patrizio Marone
Scenografia:Bruno Cesari
Costumi:Catia Dottori
Effetti:
Interpreti:Margherita Buy (Antonia), Stefano Accorsi (Michele), Erica Blanc (Veronica), Gabriel Garko (Ernesto), Andrea Renzi (Massimo), Serra Yilmaz (Serra), Koray Candemir (Emir), Lucrezia Valia (Mara) Rosaria De Cicco (Luisella)
Produzione:Tilde Corsi, Gianni Romoli
Distribuzione:Medusa
Origine:Italia
Anno:2001
Durata:

105'

Trama:

Antonia e Massimo sono sposati da più di dieci anni, vivono in una bella villetta nella periferia residenziale di Roma e sono una coppia felice. Quando Massimo muore all'improvviso in un incidente stradale, Antonia sprofonda in un lutto totale...

Critica 1:Fragile. Come un sentimento confuso e irrisolto. Il terzo film di Ferzan Ozpetek svela, ma non lacera. Così come in Harem Suare, il regista esplora gli spazi dell’anima, gli interstizi dell’intimità, ma il percorso convince solo in parte. Ad esempio, in termini di struttura. Le prime scene non sembrano pregnanti: la narrazione filmica avrebbe potuto tranquillamente iniziare in media res, a dramma già innescato.
Lo sviluppo dei personaggi è contraddittorio. Siamo resi participi del dolore di un’alto-borghese improvvisamente vedova. Peccato che questa stessa donna, la cui riluttanza a lasciarsi facilmente coinvolgere sul piano sentimentale è puntualizzata con ironia dalla madre, s’invaghisca ben presto di un giovane omosessuale, peraltro ex-amante del marito. "Au fond de l’inconnu pour trouver du nouveau" dice Baudelaire nel suo "Voyage", ma in questo caso l’evoluzione della protagonista appare un po’ troppo subitanea e poco credibile. Inoltre, sebbene vada riconosciuto a Ozpetek il merito di aver evitato scene solo superficialmente scandalose, perché far rimpiangere a Michele-Accorsi, sia pure per un istante, una "vita normale" con Antonia? Soprattutto, quando la famiglia allargata di Michele – fatta di gay, trans, profughi coinquilini – è solare, solidale, affettivamente unita. E poi, che cosa è davvero normale?
In ogni caso, alternando vivaci scene corali ad altre più intimiste e sottotono, il film mostra quanto sia riduttivo confinare l’amore entro gli angusti limiti delle proprie tendenze sessuali e come la profondità dei sentimenti si faccia beffe del pregiudizio ottuso. In un testo aperto che non impone alcuna lettura ultima e definitiva, privo di un epilogo irreversibile. Fra gli interpreti, una segnalazione per Erica Blanc e Gabriel Garko, intenso e malinconico in un ruolo secondario che riscatta a sorpresa la sua immagine di ex-modello.
Autore critica:Paola Daniela Orlandini
Fonte criticatempimoderni.com
Data critica:



Critica 2:Una storia come tante. Una coppia giovane, evidentemente agiata, forse felice, ma di un affiatamento un po' appiattito nel bon ton (come appare nella prima sequenza del finto abbordaggio, un po' forzata e stridente, non si sa bene se per scelta narrativa o per la maldestra recitazione dell'attore che interpreta il marito). Lui muore all'improvviso, e Antonia si isola in un silenzio affranto, finché non scopre che aveva un'amante. Che però si rivela un amante, un uomo, Michele, affranto quanto lei e molto più rancoroso. E qui parte la vera storia che Ozpetek vuole raccontare, quella delle "fate ignoranti", del gruppo di bizzarri, diversi (non solo omosessuali), profughi, ammalati (di Aids e d'amore), di cani sciolti di passaggio, che animano la "famiglia" di Michele e che diventano, tra asprezze e distrazioni, la nuova famiglia di Antonia, fino a farle scoprire volti nuovi nella sua vera famiglia e in se stessa. Non è perfetto, "Le fate ignoranti", sospeso in equilibrio delicato tra la commedia di tutti i giorni e la sofferenza sottile che si nasconde dietro i sorrisi e le battute amare. Ma, anche imperfetto, anche con toni che a volte sfiorano l'abisso soap nel quale è sprofondato il cinema italiano, è un film vivo. Vive del suo vero amore per i suoi personaggi, della voglia non di giustificarli ma di capirli, delle sfumature dell'anima alle quali arriva. Ha coraggio, non solo il coraggio di mettere al centro della scena i "diversi" (Ozpetek insiste su un punto: il suo non è un film gay o di soli gay), ma soprattutto quello di prendersi i suoi tempi: i tempi delle pause addolorate e silenziose, degli sguardi di Margherita Buy persi nel vuoto, nel fiume e nel ricordo, i tempi necessari a una profuga per passare dal buonsenso casalingo alla malinconia, quelli capaci di trasformare una terrazza in un "luogo" narrativo e di rendere plausibili maturazioni e cambiamenti. E i tempi, nel cinema a rotta di collo dal quale siamo circondati, non sono poco.
Autore critica:Emanuela Martini
Fonte critica:Film TV
Data critica:

20/3/2001

Critica 3:Perduto il marito in un banale incidente (è investito da un'auto mentre attraversa la strada parlando al telefonino), Antonia ha una sorpresa che, da quella brava borghese che è, le cade sulla testa come il fulmine: lui aveva l'amante da sette anni, e per di più di sesso maschile. Attraverso il quadro "La fata ignorante" di Magritte, la donna trova l'inaspettato rivale, che si chiama Michele e vive in una cerchia d'amici eterogenea e variopinta, una specie di famiglia più che allargata che sarebbe poco definire alternativa. L'incontro tra i due è un concentrato di diffidenza e aggressività reciproca. Gradualmente, però, Michele e Antonia cominciano a provare una strana attrazione reciproca: non solo hanno amato lo stesso uomo, ma tra loro esistono punti in comune (sono entrambi lettori appassionati, per esempio, del poeta Nazim Hikmet) che Massimo non aveva mai avuto né con l'una, né con l'altro. Antonia, frattanto, scopre un mondo affascinante nella compagnia di gay, poetici immigrati e variamente «diversi» che popola l'appartamento del giovane: fa amicizia con Serra, una profuga turca; presta cure mediche a Ernesto, malato di Aids e d'amore per un compagno di cui ignora ancora la scomparsa. L'esperienza imprime alla sua vita una svolta, che comincia con la scoperta dell'imminente maternità della vedova ma che Ozpetek preferisce, piuttosto che raccontarcene gli esiti, limitarsi a farci intuire. Visto recentemente in concorso alla Berlinale, Le fate ignoranti è un film italiano coprodotto con capitali francesi, diretto da un regista nato a Istanbul e che evoca, nei climi e nell'ideologia, il cinema di Pedro Almodovar, con un riferimento particolare a Tutto su mia madre . Il suo è un cosmopolitismo «buono», autentico e regala alla storia un carattere di diversità molto piacevole. Se tenesse per tutta la durata il passo con la prima parte, il film di Ferzan Ozpeteck (già autore del bel Bagno turco e del meno risolto Harem suaré) sarebbe una completa riuscita. L'idea di partenza è originale; il clima caldo; il tono, piacevolmente amichevole. Col procedere verso la fine, però, Le fate ignoranti sfuma un po' a coda di pesce, non riuscendo sempre a darsi un significato più ampio dell'aneddoto che racconta. Se Margherita Buy, in una parte che riprende e supera i suoi personaggi precedenti, è molto brava, Stefano Accorsi recita un personaggio a controruolo con notevole finezza di tocco.
Autore critica:Roberto Nepoti
Fonte critica:la Repubblica
Data critica:

18/3/2001

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
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