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Un film parlato - Un filme falado

Regia:Manoel De Oliveira
Vietato:No
Video:
DVD:Dolmen, De Agostini
Genere:Drammatico
Tipologia:Migrazioni
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Manoel De Oliveira
Sceneggiatura:Manoel De Oliveira
Fotografia:Emmanuel Machuel
Musiche:
Montaggio:Valerie Loiseleux
Scenografia:Ze' Branco
Costumi:Isabel Branco
Effetti:
Interpreti:Leonor Silveira (Rosa Maria), John Malkovich (Capitano John Walesa),Catherine Deneuve (Delfina), Stefania Sandrelli (Francesca, Irene Papas (Helena), Filipa De Almeida (Maria Joana), Luis Miguel Cintra (Attore portoghese), David Cardoso (Pescatore), Ilias Logothetis (Prete ortodosso)
Produzione:Paulo Branco per Madragoa Filmes, Gemini Films, Mikado Film, France 2 Cinema, Icam, Rtp, Cnc, Canal+, Cine' Cinemas, Eurimages
Distribuzione:Mikado
Origine:Francia, Italia, Portogallo
Anno:2003
Durata:

96'

Trama:

Rosa Maria è una giovane professoressa di Storia. Con la figlia Maria Joana, parte per una crociera attraverso il Mediterraneo con destinazione Bombay, in India, dove si trova il marito Pedro, pilota di aerei. Finalmente Rosa Maria ha l'occasione di vedere con i propri occhi i luoghi di cui ha parlato tante volte in aula e che non aveva mai visto prima. Sulla nave, conosce tre donne che la colpiscono molto - un'imprenditrice francese, una famosa ex modella italiana e un'attrice greca - e fa amicizia con il comandante, un americano di origine polacca. Ma giunta nei pressi del Golfo Persico, la crociera viene messa in pericolo da una strana minaccia...

Critica 1:Ammirevole e amorevole, trasparente e didattico nonno Oliveira. Come dietro ogni suo film, anche qui c’è ovviamente un piano: preordinata, lucido! Questo “filme muito falado” è composto da due film più un epiloghetto finale che manda a monte (anzi: a fondo) le prime due parti. Primo film: una volenterosa mammina, professoressa universitaria di storia, parte da Lisbona in nave con la figlioletta per raggiungere il marito a Bombay. Il viaggio deve servire alla bambina per imparare la storia del mondo, il Portogallo colonizzatore, la Marsiglia fondata dai greci, le sirene, il Vesuvio e Pompei, Atene patria dell’arte e della filosofia, Istanbul porta sull’Oriente, l’Egitto dei faraoni, della biblioteca di Alessandria e del canale di Suez. Un compendio di storia e cultura del Mediterraneo (che sarebbe piaciuto a Braudel), raccontato a spettatori infantili e all’oscuro di tutto, Secondo film: sulla nave sono via via salite tre eleganti signore, la Deneuve, la Sandrelli e la Papas. Insieme al capitano americano, a cena, parlano con raffinata eleganza in inglese, francese, italiano e greco: e tutte capiscono tutto perché oltre che raffinate sono anche colte, Parlano della babele delle lingue, della loro vita sentimentale, del futuro dell’Europa e del crollo della civiltà occidentale. Poi, l’epilogo, rapido ed efficace, che non si deve raccontare. Film di disarmata semplicità, teorema geometrico, apològo cultural-politico-beffardo. Oliveira non si fa illusioni. C’era una volta l’Occidente.
Autore critica:Bruno Fornara
Fonte criticaFilm Tv 14
Data critica:

2004

Critica 2:Partita da Lisbona, una nave passa Gibilterra. La sua meta è Bombay, ben oltre i confini del Mediterraneo. il grande Manoel de Oliveira – 95 anni l’il dicembre 2003 – ne mostra la chiglia che fende l’acqua, a ritrovare l’abbraccio di un mare da cui è nata l’ Europa. Poi, di porto in porto, si vedono luoghi e si odono lingue che dell’Europa hanno segnato l’anima.
Questo è Un film di un parlato (Um filme falado, Portogallo, Italia e Francia, 2003, 96’): un viaggio a ritroso fino alle nostre radici. Forse, giunti in Asia, scopriremo che là c’è qualcosa di noi, qualcosa che l’Occidente condivide con l’Oriente. Così vien da pensare, nella prima parte del film. Ce lo suggerisce il suo procedere, da Ovest a Est, verso la Grecia. Da dove vengono molti suoi e nostri miti e dèi, se non dall’Asia e dall’Egitto? Lo stesso Apollo, dio della luce e del limite, dio profondamente ‘occidentale”, nasce in Asia, insieme con Dioniso, cui è fraternamente legato.
Questo pensiamo, mentre procede il viaggio di Rosa Maria (Leonor Silveira) e della piccola Maria Joana (Filipa de Almeida). Siamo ottimisti. Vogliamo esserlo, e ne abbiamo bisogno. Dunque, siamo grati a de Oliveira, al suo cinema chiaro e lineare. Siamo grati alla sua curiosità di magnifico novantenne, che – così ci sembra – ci porterà dall’altra parte del mondo, per ritrovare qualcosa cui apparteniamo, e che abbiamo dimenticato.
Tra Lisbona e Ceuta, il viaggio di Rosa Maria “attraversa” la storia del Portogallo, la sua antica potenza di provincia d’Europa, i suoi miti ed eroi. De Oliveira sembra prender congedo dal suo proprio Paese, o almeno sembra volersene mettere a distanza, per osservarlo. Però, arrivato a Marsiglia, il film smette d’essere portoghese, e si fa ampio, europeo. Alla sceneggiatura – dello stesso de Oliveira – basta un pescatore (Michel Lubrano) sullo sfondo del porto vecchio della città, per farcene avvertire il passato arcaico, che è già greco, e il presente, somma di molte lingue e di molti colori mediterranei.
Qui, come per altro in tutto il film, la macchina da presa viene mossa poco: le inquadrature fisse lasciano venire in primo piano le parole e i luoghi, e anche le leggende. Così accade a Napoli, sul lungomare davanti al Castello dell’Ovo. E ancora di più accade a Cuma, nell’antro della Sibilla, nei cui pressi il mito narra lo sbarco di Enea. Poi, dopo Pompei – città riemersa dalla morte, luogo spaesante della nostra memoria storica – Un film parlato giunge in Grecia, ad Atene,cuore e inizio dell’Occidente, come amiamo pensare.
Eppure basta un’altra tappa, a Istanbul. per sospettare che l’Europa non finisca affatto alle sue porte, ma che proprio al di là di esse si trovino le sue radici più arcaiche e profonde. I confini, così pensiamo in platea, non sono limiti, ma soglie. Questo, soprattutto questo ci è suggerito dalla stessa curiosità cui dobbiamo la nostra anima: c’è sempre un oltre, e al di là di ogni oltre c’è sempre qua!cosa che ci sorprende per la sua familiarità insospettata, e che ci chiama. Così vorrebbe il nostro ottimismo.
Tuttavia, giunti in Egitto, il viaggio sembra perder memoria della propria meta. Il cinema non rivolge più la sua curiosità ai luoghi e agli eventi, ma si sofferma sulle interiorità di alcuni personaggi, a bordo della nave. Per qualche sequenza (forse una di troppo), la macchina da presa gira attorno a un tavolo dove siedono un americano, il comandante (John Malkovich), e tre donne europee (Irene Papas e Catherine Deneuve, davvero perfette, e Stefania Sandrelli, insicura).
Ancora una volta, de Oliveira ci sorprende per l’originalità e la freschezza di sguardo e di racconto: seduta a quel tavolo c’è l’Europa, e ci sono le sue lingue, tutte diverse, eppure così “vicine” da dialogare con naturalezza felice. D’altra parte, quello che i quattro si dicono è tanto raffinato quanto chiuso dentro se stesso, del tutto separato dal mare estraneo che ormai la nave sta solcando. Il viaggio al di là delle porte d’Europa smette d’essere (di sembrare) un ritorno alle radici. L’Oriente non è più l’altro lato di una stessa soglia, ma lo spazio buio di una minaccia.
D’improvviso, appunto, s’addensa l’angoscia sulle immagini e sui dialoghi del film. Poi, senza scampo, arriva la tragedia. Il comandante la osserva da lontano, impotente. Così vuole il pessimismo del grande de Oliveira, o forse il realismo disincantato di un uomo di 95 anni. La sua, la nostra Europa è come la nave di Un film parlato? Come quella nave, non ha più soglie da varcare? I suoi confini non sono che i suoi limiti? Ha perso curiosità? Non le resta che la paura? Per quel che ci riguarda, preferiamo insistere con l’ottimismo. Ci è necessario.
Autore critica:Roberto Nepoti
Fonte critica:Il Sole-24 Ore
Data critica:

11/4/2004

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



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