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Lotte in Italia -

Regia:Jean-Luc Godard
Vietato:No
Video:Biblioteca Decentrata Rosta Nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Documentario
Tipologia:Il lavoro
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:
Sceneggiatura:
Fotografia:
Musiche:
Montaggio:
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Cristiana Altan (Paola Taviani), Jerome Hinstin (il ragazzo di Paola), Anne Wiazemsky (commessa)
Produzione:Cosmeseion, Roma - Anouchka Films, Parigi
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:
Anno:1970
Durata:

55’

Trama:

Il film è una riflessione nostalgica sul '68 e sulla fine di un'epoca.

Critica 1:Il film fu commissionato dalla Rai e in seguito rifiutato e portato a termine con un produttore privato.In esso Godard, dopo le ultime esperienze, la nozione di racconto e di personaggio : riguarda , infatti, il processo di trasformazione di una ragazza borghese, militante di un gruppo extraparlamentare ma ancora legata all'ideologia della sua classe d'origine. Eppure è soprattutto un film teorico, che si interroga sui rapporti fra film, rappresentazione, ideologia.
Il film è diviso in tre parti: la prima mostra varie fasi della vita di Paola, fra una sequenza e l'altra vi sono tratti abbastanza lunghi di schermo completamente nero. Nella seconda parte gli spazi neri (che sono l'ideologia - nel senso marxiano e negativo del termine - e cioè un rapporto immaginario con la realtà) saranno sostituiti per considerare la propria esistenza come un tutto e non nella forma parcellizzata delle varie fasi della propria giornata. Nella terza parte, infine, ricomincia da capo riprendendo le immagini già utilizzate inserendole in nuove catene, non più interrotte da spazi neri, ma intervallate da inquadrature di fabbriche, lavoro, operai, cioè inquadrature di rapporti di produzione. Nessun discorso si può fare insomma prescindendo dalla realtà dell'organizzazione del lavoro, dei rapporti di produzione. Così uno dei film più teorici di tutta la Storia del cinema è anche uno dei film più militanti. Il film, che conclude la più che decennale ricerca di G. tesa all'esibizione del lavoro cinematografico, nel momento in cui raggiunge il suo risultato più geniale ed esemplare (poiché si presenta come produttività ininterrotta al di fuori dalle leggi della rappresentazione e dello scambio significante), scopre anche il relativo disinteresse di questa operazione, chiede di essere giudicato secondo altri parametri: "Noi non cerchiamo forme nuove, cerchiamo rapporti nuovi. Ciò consiste innanzitutto nel distruggere i vecchi rapporti, anche solo sul piano formale, poi nel rendersi conto che se li si è distrutti sul piano formale è perché questa forma veniva da certe condizioni sociali di esistenza e di lavoro comune che implicano lotte di contrari, dunque un lavoro politico".
Autore critica:
Fonte criticawww.frosinone.org/oltreloccidente
Data critica:



Critica 2:Dall'esperienza di Pravda nasce, fra il 1969 e il 1970, Lotte in Italia, un film commissionato a Godard dalla RAI-TV e in seguito rifiutato e portato a termine con l'aiuto di un produttore privato. Il film, di lunghezza anormale (dura 55 minuti), non ha mai avuto una distribuzione. Riprende, dopo le ultime esperienze, la nozione di «racconto» e di «personaggio»: riguarda, infatti, il processo di trasformazione di una ragazza borghese, militante in un gruppo extraparlamentare ma ancora legata all'ideologia della sua classe d'origine. Eppure, è soprattutto un film teorico, che si interroga sui rapporti fra film, rappresentazione, ideologia.
Nella prima parte si assiste a varie fasi della vita di Paola. La ragazza prepara un volantino politico, discute coi compagni, contesta all'università le lezioni di un professore idealista, va in un negozio per acquistare una camicetta, parla con il suo ragazzo, è costretta a sopportare la vita familiare e le discussioni sempre uguali coi genitori, si scontra con l'autorità (che nel film ha sempre la stessa voce, sia essa rappresentata dal padre, dal professore, dal bidello, dal poliziotto). Fra una sequenza e l'altra vi sono tratti abbastanza lunghi di schermo completamente nero. Un nuovo cartello col titolo Lotte in Italia introduce la seconda parte:
Sí, chi è? Sono io ma nello stesso tempo non è me che avete visto finora, non ero veramente io, erano delle parti di me, dei riflessi; non era la realtà, era un riflesso.
Mentre Paola fa queste constatazioni è inquadrata in uno specchio: la nozione di riflesso è cioè ribadita dalle stesse immagini che cercano di rivelare la loro illusorietà attraverso la metafora e la deformazione. Il semplice resoconto descrittivo della vita di Paola era dunque, nella prima parte, mistificato: contrabbandava per realtà un riflesso della realtà. Gli intervalli neri fra le sequenze non erano casuali; indicavano da una parte la frammentarietà della considerazione descrittiva, che non può vedere un fenomeno che diviso in varie rubriche (casa, scuola, sesso, ecc.), e dall'altra le lacune, le assenze e i vuoti teorici di tale modo di considerare il reale. Queste assenze hanno un nome preciso: ideologia. L'ideologia (nel senso marxiano e negativo del termine) è un rapporto immaginario con le proprie condizioni reali di esistenza. Lo spazio nero del film è appunto lo spazio dell'immaginario, quello che confonde reale e immaginario, realtà e riflesso. Per andare oltre la considerazione immaginaria e ideologica della realtà, bisogna allora cambiare sia la realtà che il film. Paola adotta un atteggiamento diverso, non si parcellizza piú in una serie di funzioni isolate, comincia a considerare la propria vita come un tutto. Entra in fabbrica, conduce su nuove basi il suo lavoro politico, trasforma il suo rapporto prima puramente individualistico col suo ragazzo e cerca di far nascere un coppia, una coppia rivoluzionaria. Contemporaneamente il film procede all'eliminazione dell'ideologia da se stesso, dalle proprie immagini. Cioè all'eliminazione e alla sostituzione degli spazi neri.
Terza parte del film. Ricerca. Cos'è successo? Qualcosa è cambiato. Qualcosa è cambiato per me dopo la prima parte, a causa della seconda parte. Va bene.
Misuriamo questo cambiamento (...). Primo punto: pensare il rapporto del
mio pensiero con le mie condizioni sociali d'esistenza e con ciò che le definisce, cioè oggi, in Italia, il rapporto di produzione capitalistico. Pensare a questo rapporto, cioè nel film situare il mio discorso tra due inquadrature di rapporto di produzione.
Cosí il film, che nella seconda parte aveva continuamente ripreso frammenti di inquadrature della prima parte per inserirli nelle nuove immagini e farne la critica, ora ricomincia da capo, riprende le immagini già utilizzate e le inserisce in nuove catene, non piú interrotte da spazi neri ma intervallate da inquadrature di fabbriche, lavoro, operai: cioè inquadrature di rapporti di produzione. Nessun discorso si può fare insomma prescindendo dalla realtà dell'organizzazione del lavoro, dei rapporti di produzione. La descrizione è illusoria e mistificante non per una intrinseca insufficienza dell'immagine (la quale allora potrebbe essere corretta dal suono, come si diceva in British Sounds e Pravda) ma perché dimentica che non c'è conoscenza della realtà al di fuori dell'analisi della struttura economica della realtà stessa. Anche la vicenda di una ragazza romana, o una storia d'amore, sono fatti che interessano il Capitale, non si possono comprendere che inserendoli nel Capitale. La scoperta dei giorni del maggio, la scoperta che tutto è politica, trova qui la sua formulazione teorica rigorosa: tutto è economia politica.
I temi, esplorati «sociologicamente», in superficie, nella prima parte del film, vengono allora raffrontati politicamente, cioè in rapporto alla totalità del capitale e della sua espressione: l'ideologia. Ma l'ideologia non è qualcosa di astratto: organizza il comportamento delle persone nella società capitalistica, e si esprime sempre in un apparato ideologico materiale che prescrive delle pratiche materiali. La lotta contro l'ideologia borghese non è dunque confinata in uno spazio teorico e libresco: l'intellettuale deve lottare all'interno degli apparati ideologici in cui agisce. Cosí Paola, dopo aver lottato in quanto personaggio di Lotte in Italia nella sua famiglia, all'università, in fabbrica, si trasforma in attrice, diviene non piú un soggetto ma un individuo reale e in quanto attrice conduce la sua lotta dallo schermo. L'ultima parte del. film è, dunque, il discorso di un'attrice che da uno schermo televisivo (come doveva essere nei progetti) parla della RAI, denuncia le complicità di questo apparato ideologico di stato con lo stato borghese (nonostante le frange di libertà concesse a certi « artisti »), e ripercorrendo lo sviluppo del film ripercorre la propria azione militante e lancia una parola d'ordine di lavoro e di lotta.
Cosí, uno dei film piú teorici di tutta la storia del cinema è anche un vero film militante, a dispetto degli atteggiamenti di noia o di rifiuto che i militanti desiderosi solo di riconoscersi sullo schermo e di partecipare emotivamente a lotte immaginarie gli hanno dedicato. Di fronte a Lotte in Italia non sono piú lecite le osservazioni stilistiche o culturologiche che chiamino in causa, ad esempio, la nozione di straniamento, o l'impiego di scritte, materiali visivi, cartelli, ecc. per costruire il discorso, o la stessa rivelazione della materialità del linguaggio cinematografico (che in questo film come in nessun altro si presenta come pellicola sottoposta a operazioni di taglio, montaggio, sincronizzazione sonora, ecc.). Il film che conclude la piú che decennale ricerca di Godard tesa all'esibizione del lavoro cinematografico, nel momento in cui raggiunge il suo risultato piú geniale ed esemplare (poiché si presenta come produttività ininterrotta, al di fuori dalle leggi della rappresentazione e dello scambio significante), scopre anche il relativo disinteresse di questa operazione, chiede di essere giudicato secondo altri parametri.
Noi non cerchiamo forme nuove, cerchiamo rapporti nuovi. Ciò consiste innanzitutto nel distruggere i vecchi rapporti, anche solo sul piano formale, poi nel rendersi conto che se li si è distrutti sul piano formale è perché questa forma veniva da certe condizioni sociali d'esistenza e di lavoro comune che implicano delle lotte di contrari, dunque un lavoro politico.
Autore critica:Adriano Piccardi
Fonte critica:Cineforum n. 242
Data critica:

2-3/1985

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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